Con le ultime movimentate ventitré ore dell’AtaHotel di Milano si chiude il calciomercato estivo 2015/2016. La figura peggiore la fa il Napoli, una società pachidermica, che ha bisogno di altro tempo per capire la necessità di un difensore adeguato per competere a discreti livelli. Aspettando l’illuminazione, De Laurentiis s’era innamorato di Roberto Soriano. De Magistris, seduto al suo fianco allo stadio, ha elogiato il blucerchiato per tutta la partita. Una mezzala mica male, un trequartista dai colpi sopraffini, un mediano che calamita la sfera, propositivo in zona rete, discreto sotto la doccia, utile in casa, garbato a tavola. Tredici milioni più il prestito di Zuniga per un calciatore che il Napoli in rosa già ha, e anche più rapido, e si chiama De Guzman. De Laurentiis s’è convinto: lunedì vado a Milano e prendo Soriano.
Ma il calcio non è solo soldi, per fortuna. Il calciatore a Napoli proprio non voleva andarci. Ha aspettato fino al dopo-cena la chiamata del Milan e del suo maestro Mihajlovic. Quando era chiara l’indifferenza rossonera, Soriano ha cominciato a trattare con il Napoli e ha trovato un accordo. Alle 22 i dirigenti azzurri si rendono conto però di aver saltato a piè pari la questione diritti d’immagini, la palla al piede del cosiddetto “uomo dei contratti” Andrea Chiavelli. E così tutti a riscrivere su Open Office, sessanta pagine di contratto battute a velocità folle. In attesa di versioni ufficiali dovremmo accontentarci dei testimoni dell’Ata Quark, giornalisti impegnati in maratone disperate per raccontare – per primi – il prestito di Borriello al Carpi. Il contratto viene terminato alle 22:54, firmato e controfirmato. Lo scanner si inceppa. Quando si riattiva e acquisisce il contratto il conto alla rovescia è già iniziato. Giuntoli apre la posta certificata, digita il destinatario, invia.
«Tutto a posto. Soriano è nostro. Guarda, Chiavelli. Mail inviata alle 22.59».
«Bene. Il mio lavoro qui è terminato. Signori, è un piacere fare affari con voi. Ora tutti a cena al Vecchio Porco, offre patron De Laurentiis. Ho pure un certo appetito, che ore sono?» (controlla l’orario sul computer). «Ah, le undici passate. Cristia’, scusa, non per niente, eh?! Ma l’hai allegato il contratto? Qua non c’è la graffetta vicino alla mail…».
«Ma di quale graffetta stai parlando, Andre’? L’allegato? Uh maronna!».
«Non ricominciare a bestemmiare, lo sai che sono credente».
«Quella è tutta colpa tua, tu e ‘sti diritti d’immagine d’o cazzo! Chiama Aurelio, ce lo spieghi tu!».
Alle 23:10 Ferrero esce dall’Ata Quark: «Ho fame», dice, visibilmente stravolto. Ha trattenuto Eder, non è riuscito a piazzare Soriano a un prezzo da record. Nella vicenda delle ultime ore di mercato c’è tutta l’improvvisazione e la supponenza della dirigenza azzurra. De Laurentiis sbandierava piani quinquennali già ampiamente disattesi: da Marino in poi, sceglie al suo fianco dirigenti che si considerano miracolati, e per questo si limitano al compitino senza interferire con le volontà del padrone. “L’uomo dei contratti” è un’altra pagliacciata in pieno stile Filmauro: scoregge, doppi sensi e terrore un tanto al chilo. Sessanta, a volte cento pagine per decretare il passaggio delle prestazioni sportive di un calciatore da una società all’altra. Una pesantezza inaudita, quando in fin dei conti si parla di Roberto Soriano.
La società Napoli è diventata fastidiosa per gli stessi napoletani, e anche per questo motivo – almeno in questo inizio di stagione – la gente sta disertando lo stadio. Sarri farà vedere buone cose nonostante tutto, resta però inaccettabile il fatto che da quando è tornata in serie A il Napoli non abbia avuto un difensore centrale di alto livello. Da Campagnaro a Cannavaro, passando per Aronica, Grava, Rolando, Fernandez, Contini, Cupi, Santacroce, Cribari, Britos, Rinaudo, Ruiz, Fideleff, Domizzi, Chiriches e Koulibaly. Il peggiore, comunque, è il titolare indiscusso della difesa di quest’anno: Raul Albiol. Cade a terra come pera matura, come i bambini quando giocano contro gli adulti, fa lo spavaldo ma non sa trattenere un centravanti, perde la marcatura sistematicamente. Dopo i due errori contro la Sampdoria era in crisi d’identità: su un rilancio del portiere avversario si era piazzato dietro Koulibaly e quasi lo spingeva mentre l’altro colpiva di testa. Pare non riconosca più nemmeno le maglie avversarie.
Scriveva Gianni Brera ne “Il mestiere del calciatore”, 1972: «La figura del terzino o back era il torvo gigante con i gomiti maligni, magari un fazzoletto annodato sulla fronte, le scarpacce con le punte di ruvido cuoio, i parastinchi imbottiti di ovatta e di stecche metalliche. Se il gioco veniva impostato dagli avversari sui lunghi rilanci, il terzinone d’area tentava l’anticipo incornando con stacchi d’una truculenta goffaggine o battendo a volo per respinte con il botto, di pieno collo, tali da riportare palla a ridosso dell’area opposta». Mi chiedo come sia possibile aver lasciato che le origini del calcio sparissero negli ultimi venti anni. Nel processo di evoluzione della specie – da quando non esiste più il retropassaggio al portiere – ai difensori è richiesta l’impostazione del gioco, compito che prima era affidato solo al centrocampo. Succede quindi che uno come Albiol passi per quello che non è, solo perché magari non spedisce la palla in tribuna a ogni attacco avversario. Ma se viene puntato da Messi, Sansone, Eder, Mastronunzio o Caetano Calil, il risultato è lo stesso. Non sa difendere.
Con un difensore bravo il Napoli poteva – tralasciando l’Europa League – puntare anche allo scudetto. Adesso gli azzurri dovranno sperare nel terzo posto, ammesso che la stagione non diventi del tutto fallimentare. Questo lo si capirà nelle prossime quattro giornate. Se Sarri resiste fino a novembre – o meglio, se De Laurentiis avrà la lucidità di trattenerlo – gli azzurri hanno speranze di qualificazione europea. Altrimenti sarebbe meglio rispolverare il traghettatore per eccellenza, il buon Enzo Montefusco, e affidarsi alla sorte.
Intanto ai nastri di partenza la serie A sembra più combattuta dello scorso anno. La favorita è la Roma, che ha un attacco esplosivo – migliore anche di quello del Napoli – ma con una difesa apprezzabile, anche con De Rossi adattato. La Juventus si avvia tra le polemiche al giusto epilogo di questi anni di monopolio che hanno reso il campionato divertente solo in alcune partite (ricordo il pareggio del Lecce a Torino, la vittoria della Fiorentina sulla Juventus in rimonta lo scorso anno). L’Inter ha speso come ai tempi di Moratti e, come ai tempi di Moratti, senza Mourinho, si accontenterà di un posto Uefa. Il Milan ha preso Bacca e Luiz Adriano, ma seconda e terza linea sono rimaste discutibili, e può ambire a un piazzamento europeo. La Lazio ha sbagliato mercato aspettando i soldi della Coppa Campioni, come fece De Laurentiis lo scorso anno. Fuori dai giochi. La Fiorentina può essere la sorpresa, il Torino raggiungerà i quaranta punti e comincerà a galleggiare.
Classifica finale: Roma, Fiorentina, Napoli. Juventus, Milan, Inter, Sampdoria. Breve considerazione finale sulla serie B: mi aspetto grandi cose dal nuovo numero dieci del Trapani Felipe Sodinha. Guarderei solo lui quest’anno. (el trinche carlovich)