“Più conosco gli uomini più amo le piante”
( ricamo punto croce su seta di Rita Stern Calabrese, 1936 circa )
Il vivaio Calabrese, oggi Calvanese, oltre a essere il primo vivaio napoletano è uno scrigno raro di bellezza e di storia antiquaria di Napoli.
Conserva al suo interno nove serre, un piccolo edificio che nasconde una caldaia a carbone che le riscaldava, e una vasta antologia di proverbi impressa su mattonelle e ceramiche di Vietri distribuite qua e là nel giardino; sono ricordi di Rita Stern Calabrese, anima vitale del vivaio e moglie tedesca di Francesco Paolo, figlio di Francesco Saverio che, nel 1864, lo inaugura come Stabilimento botanico industriale in un area rurale, non a caso di fronte l’Orto Botanico, sopravissuta all’edificazione massiccia che via Foria aveva subito a inizio Ottocento.
Il vivaio era luogo di produzione (su uno dei volantini pubblicitari d’epoca si legge: rosai, arbusti sempreverdi, conifere, gerani, frutta in varietà, agrumi, palme in varietà, piante acquatiche, piante aromatiche da cucina) e di sperimentazione. Nel 1892 Francesco Paolo pubblica un manuale di nomenclatura botanica volgare che ha una larga diffusione e fa conoscere il vivaio in tutta Europa: il vivaio inizia a partecipare alle esposizioni di orticoltura in Villa Comunale e a quelle florovivaistiche alla Mostra d’Oltemare e presto ottiene molti premi e grandi commesse per curare giardini e preparare addobbi. L’epoca era quella della rinascita della floricoltura italiana, a cui contribuirono associazioni di categoria tra cui la Società orticola napoletana, di cui i Calabrese facevano parte.
Nelle stanze dell’ufficio c’è un piccolo archivio di immagini d’epoca, foto di famiglia che hanno come sfondo luoghi scomparsi della città (come il vecchio albergo Continental e la birreria Bavaria) e di lavoro (un ardimentoso trasporto di una palma gigante a Ischia), prezzari di inizio novecento che indicano che le specie esotiche erano molto costose – nel 1902 la cycas revoluta costava trenta lire e l’acacia longifolia dieci lire.
Giuseppe, il figlio di Luigi Calvanese ex giardiniere dello stabilimento che rilevò il vivaio dopo la scomparsa di Rita, ricorda che i venti operai giardinieri iniziavano a lavorare alle cinque di mattina e verso le undici facevano pausa nella piccola kaffehaus, che diventava luogo di ristoro proprio secondo l’uso per cui queste strutture interne ai palazzi nobiliari erano nate nel Settecento.
Oggi è solo lui a lavorare nel vivaio, gli altri ospiti sono gatti e tartarughe. Giuseppe racconta che dopo il 2000 a mano a mano c’è stato sempre meno lavoro, e quindi meno sperimentazione; sono iniziati i licenziamenti e le piante non vengono più coltivate all’interno del vivaio ma vengono comprate fuori all’ingrosso, tranne poche resistenze.
Dietro un vaso pendente pieno di tillandsie – ultime entrate nel vivaio molto in voga e vendute perché pare abbiano bisogno di poca cura – su una delle ceramiche di Rita si legge uno delle frasi che descrive senza forzature la natura alchemica del luogo: “il miglior modo mezzo per aumentare la felicità è quello di dividerla con altri”. (laura basco)
By gennaro August 31, 2014 - 10:28 am
monitor paradisiello 2
By Cosimo Fasano September 21, 2014 - 6:53 am
Dove si trova esattamente il vivaio, e’possibile comprare delle Till ansie?