Da: il Mattino, del 21 dicembre 2014
È del tutto chiaro che non sono affatto graditi a Renzi e al suo entourage gli attuali candidati alle primarie per scegliere lo sfidante di Stefano Caldoro alla guida della regione Campania. Ed è altrettanto chiaro che Renzi e il suo entourage hanno grandi difficoltà a bloccare le due candidature non gradite, quella di Vincenzo De Luca e quella di Andrea Cozzolino. Di questa “impotenza” si possono dare diverse letture, ma quella che mi sembra più convincente riguarda il rapporto centro-periferia nelle attuali condizioni del Pd, cioè le relazioni tra potentati locali e direzione centrale. Il sistema delle correnti, su cui si basa l’instabile equilibrio del Pd fin dalla sua fondazione, riesce tutto sommato a reggere a livello nazionale senza aver portato finora il partito al collasso, mentre sta implodendo a livello locale. A questo livello è quasi impossibile contenere le ambizioni dei singoli dentro una condivisione generale di strategie, perché sono stati permessi e alimentati sistemi di potere che oggi sono autoreferenziali, delle vere e proprie satrapie provinciali ricche di risorse accumulate in anni di gestione delle amministrazioni senza nessun controllo e contrasto. D’Alema, Veltroni, Fassino, Bersani, Franceschini, e in ultimo lo stesso Renzi, hanno sostenuto in periferia chi poteva garantire loro sostegno nelle varie elezioni primarie, con voti e tessere, senza andare troppo per il sottile sulla provenienza del consenso, e ora sono prigionieri di un sistema che in Campania ha raggiunto il massimo di esasperazione. In Italia sono state annullate solo due elezioni primarie: quelle di Napoli del 2011 per la scelta del candidato sindaco, e quelle di Salerno del 2013, quando si doveva scegliere tra Renzi e Cuperlo e De Luca fu protagonista di un clamo roso cambio di corrente, passando tra l’incondizionato sostegno a Bersani dell’anno precedente a quello per il giovane sindaco di Firenze, ma mantenendo inalterata le percentuali e i metodi di consenso. Che partito è quello che assiste impotente al fatto che candidati alle primarie siano proprio due persone che sono state protagoniste degli unici annullamenti di primarie nella storia del Pd? Sono affidabili come candidati del centrosinistra coloro che sono “sospettati” di imbrogli (a ragione o a torto) dai loro stessi compagni di partito?
Il fatto che, poi, in altre elezioni primarie, si è dimostrato che quello che avveniva a Napoli e a Salerno “non era diverso da quello che avveniva a Ro ma e in altre parti d’Italia”, non cambia la gravità della situazione. Ed è facile prevedere ne prossimi giorni accuse reciproche su possibili brogli. Insomma la Campania rappresenta un caso emblematico delle nuove dinamiche tra potere centrale e satrapie locali, imposto dal meccanismo delle primarie dentro un sistema partitico correntizio, dove il sostegno che dalla periferia si rivolge al centro non è basato sulla condivisione di una strategia ma dal migliore posizionamento che si ottiene ai fini della propria carriera, schierandosi di volta in volti per l’uno o per l’altro dei leader nazionali.
La Campania sta dimostrando che il meccanismo delle primarie, se ha l’ambizione di selezionare classe dirigente per il paese, è incompatibile con il sistema correntizio. Singolare è anche il profilo dei due candidati: De Luca il più antinapoletano, Cozzolino il più bassoliniano. E sono questi i loro punti deboli. Come se si perpetuasse all’infinito uno scontro e non si fosse capaci di cambiare il copione degli ultimi venti anni di storia politica regionale: Salemo contro Napoli, De Luca contro Bassolino e i suoi continuatori. I due ricordano i duellanti del racconto di Conrad che si sfidano ogni qualvolta le circostanze lo permettano, durante le guerre napoleoniche, contro ogni logica e buon senso. Ed è incredibile il fatto che mentre l’avvento di Renzi sulla scena politica nazionale ha improvvisamente reso vecchio tutto ciò che c’era prima, sulla scena politica campana, invece, si assiste alla continuità del ventennio precedente, compresi gli scontri. Se fino ad oggi De Luca aveva costruito sugli umori antinapoletani non solo una strategia politica, ma quasi una ideologia e perfino una antropologia, con un vasto vocabolario sulla immoralità e inaffidabilità dei napoletani, descrivendo la città partenopea come un caravanserraglio abitato da una etnia politica e sociale fatta di cafoni, imbroglioni, plebei, degna patria di camorristi e delinquenti, adesso è costretto a cambiare radicalmente strategia. Il contrasto politico con Napoli, trasformato da lui m scontro “etnico”, gli ha consentito maggiore visibilità ma lo ha isolato dentro la città partenopea. E non è un caso che debba ricorrere, per dimostrare di non esserlo, a personaggi napoletani che hanno cavalcato nei partiti e nelle professioni tutte le stagioni politiche.
La Regione Campania non si governa né contro Napoli né con uno spirito di sufficienza verso i suoi problemi storici. De Luca in questo sembra somigliare a Matteo Salvini. Anche il leader della Lega per conquistare consensi al Sud deve far dimenticare tutte le sciocchezze e le offese dette contro i meridionali. Lo stesso deve fare De Luca nei confronti dei napoletani. La caratteristica della sua candidatura è, dunque, la rincorsa: deve inseguire e blandire una città, i suoi abitanti, la sua classe dirigente politica e professionale. Alla fine si troverà ad accarezzare e giustificare quegli stessi difetti che un tempo considerava come un male assoluto. Cozzolino invece non potrà mai liberarsi dell’ombra di Bassolino. È stato suo assessore e pur volendo non riuscirà a evitare di essere giudicato come continuatore di quella esperienza amministrativa. E non sarà per lui un vantaggio. Insomma nessuno dei due candidati sembra avere né le caratteristiche di una “forza tranquilla” che rassicura sul futuro, né la passione dei giovani anni che tutto travolge. Per De Luca è in gioco la “rivincita”, e lui la cercherà con aggressività e con tutta la disinvoltura nelle alleanze di cui è capace; per Cozzolino è in gioco la continuità, dopo quella che egli considera la parentesi Caldoro, e dovrà scommettere sul rimpianto di Bassolino, che se funziona indubbiamente come sindaco di Napoli, non funziona altrettanto come presidente della Regione. Che cosa c’è di Renzi in tutto questo? Niente di niente. Sono due candidature lontanissime da ciò che l’irrompere di Renzi nella vita politica italiana ha determinato nelle aspettative di milioni di elettori, anche in Campania. Le candidature dei due sono, in questo senso, antirenziane. Se lo potrà permettere il presidente del consiglio? (isaia sales)