La sera di sabato 11 maggio una parte del controsoffitto del centro commerciale Campania crolla nei pressi di una gelateria, a pochi metri dall’area dove di solito si svolgono gli eventi musicali e gli spettacoli. Solo grazie ai lavoratori della gelateria, che avevano fiutato il pericolo pochi minuti prima, le persone vengono fatte allontanare e non si registrano vittime. Va meno bene a un operaio cinquantottenne colpito qualche ora prima da una trave di ferro caduta da una gru in un capannone di via Volpicelli, a Ponticelli. L’uomo è caposquadra nella municipalizzata Napoli Servizi (che si affretta a precisare in un comunicato che l’operaio non stava svolgendo attività lavorativa in quel momento, o almeno non per conto della società partecipata) ed è tuttora in coma all’Ospedale del Mare. La procura indaga sull’accaduto. Negli stessi momenti Vincenzo De Luca si mette comodo davanti al suo cellulare (loggato con l’account della Regione Campania) e improvvisa un comizio contro la presentazione del progetto di riforma istituzionale della premier Meloni, a cui “erano stati invitati noti costituzionalisti come Iva Zanicchi e Pupo; c’era anche una parte del nostro territorio – continua De Luca facendo riferimento al parroco di Caivano don Patriciello -, ovvero il Pippo Baudo dell’area nord di Napoli, con relativa frangetta”.
Domenica 12 il Giro d’Italia torna in città per il terzo anno consecutivo. La tappa della “corsa rosa” finisce a rotonda Diaz, con decine di migliaia di persone ad aspettare i corridori. Come ormai avviene un paio di volte al mese, la città si blocca: strade chiuse (questa volta non solo al centro), uscite della tangenziale off limits, code infernali per andare o tornare dal mare tra periferia e provincia. A Cavalleggeri un gruppo di attivisti sventola bandiere della Palestina al passaggio dei ciclisti, intonando cori per denunciare il genocidio in atto e la partecipazione della squadra israeliana Israel Premier Tech alla competizione.
Lunedì 13 inizia la missione della delegazione di esponenti del governo e di imprenditori sauditi a Napoli. Entusiasti tutti e tre i principali giornali cittadini, e più di tutti Il Mattino che continua a bombardare i suoi lettori con la campagna “Il cambio di paradigma”, spinta dalla penna instancabile di Luigi Roano, estasiato dalla possibilità che i sauditi possano comprare tutto quello che c’è da comprare in città. Non una parola, come d’altronde in tutto l’ultimo mese, sul fatto che l’Arabia Saudita sia uno stato torturatore, dove la pena di morte viene applicata con parametri discrezionali, che discrimina stranieri, donne e omosessuali, che traffica apertamente in esseri umani e che è al 159esimo posto (su 167 paesi analizzati) nel rapporto Democracy Index sullo stato dei diritti umani nel mondo. Tutto questo, ovviamente, Roano non lo sa – come non lo sa Di Costanzo (Repubblica Napoli) e tutti gli altri cronisti e direttori che recitano di buon grado la parte del servo sciocco degli esotici ricconi -, altrimenti siamo certi che assumerebbe dei toni diversi nei suoi articoli. Lo stesso giorno, un parlamentare di Fratelli d’Italia, Marco Cerreto, piazza su uno dei suoi manifesti elettorali la foto di don Patriciello, esprimendo solidarietà al prete per gli attacchi ricevuti da De Luca e ricordando agli elettori che è il caso di votarlo (Cerreto, non Patriciello) alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Martedì e mercoledì è ufficialmente saudi-mania. Dilungarsi sui dettagli degli articoli non vale la pena. Più interessanti sono i toni e le retoriche utilizzate, che raccontano di una Napoli attrattiva per le proprie bellezze naturali e le sue industrie innovative. Tra le chicche, segnaliamo: “In un giorno solo è cambiato l’approccio degli arabi. Si sono resi conto che la città è cambiata!” (Luca Miraglia, The European House); “Ora siamo trattati come Milano e Roma” (Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli); “Il Fondo Napoli, che Invimit ha costituito con il Comune, mira a dotare la città di uno strumento che le consente di competere sul mercato dei capitali. […] I capitali ci sono, ma devono generare valore e chi investe vuole certezze di qui ai prossimi decenni. […] Questa riserva di valore è importante e va estratta. Per farlo servono competenze, e sui mercati internazionali non è come nello sport dove l’importante è partecipare: lì o si vince o si perde”. (Giovanna Della Posta, Invimit).
Sempre mercoledì 15, Il Mattino apre un dibattito che durerà per un po’ di giorni rispetto alla possibilità (o meglio l’impossibilità) per le donne dell’alta borghesia napoletana, di essere accolte nei circoli esclusivi della città, come il Circolo Savoia e il Circolo Italia, in qualità di socie e non di ospiti (ospiti = mogli di soci). Proprio il presidente del Savoia, Fabrizio Cattaneo Della Volta, smorza la polemica a modo suo: “Il nostro scopo sociale è lo sport: qui non si gioca a carte e questo può risultare non invogliante per le signore”.
Giovedì 16 gesto di distensione di Maurizio Patriciello, che a Porta a Porta chiude la polemica con il presidente della Regione: “A De Luca dico, prendiamoci un caffè. Lo vorrei abbracciare”. Zuccherini anche per Giorgia Meloni, che “ci ha aperto la porta, e per questo la ringrazierò sempre”.
Non c’è nemmeno il tempo di chiudere con Patriciello, che il ministro Fitto liquida gli attacchi del governatore su Bagnoli con un paio di battute (De Luca aveva detto che il miliardo e duecento milioni che il governo ha stanziato per la rigenerazione dell’ex area industriale è stato sottratto al fondo di sviluppo coesione e quindi a soldi di cui avrebbero beneficiato altri comuni campani). Fitto snobba De Luca e parla di sinergia virtuosa col sindaco Manfredi, aprendo alla possibilità che a breve la premier Meloni possa essere in città per firmare, insieme a quest’ultimo, l’accordo sui finanziamenti.
Per gli interessati alla saga Bagnoli secondo Roano si segnala il solito articolo (occhiello: “La svolta”) in cui il giornalista del Mattino fa della non rimozione della colmata e dell’ingresso dei capitali privati la solita questione personale. Il titolo? “L’area rinascerà in cinque anni. Appello a Invitalia: sì ai privati”. La linea? “Tutti i progetti dovranno avere sullo sfondo – ferma restando la parte pubblica – il crisma della redditività per chi investe”. Almeno va dato atto a Roano che una cosa l’ha capita, e cioè che deve smettere di chiedere a Manfredi di andarsi a cercare i privati porta a porta, per portarli a vedere Bagnoli e convincerli a cacciare soldi: “Trovare gli investitori è compito di Invitalia”, chiosa a un certo punto, con un po’ di malinconia. Bravo Roano, meglio tardi che mai. Settimana prossima interroghiamo sull’Arabia Saudita. (redazione)