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20 Giugno 2020

Storie edificanti di un bibliotecario in quarantena #1

Luca Valenza
(collage di stefania spinelli)

Ti racconto una storia. Alcuni giorni fa mia madre mi ha mandato una fotografia e mi ha scritto: “Guarda, questo è mio nonno”. In questi giorni di lontananza forzata ha rispolverato gli album di famiglia, credo che sia un modo per colmare questo senso generale di vuoto. Un’immagine è qualcosa di potente, magico, intimo, allora mi sono messo a guardare la fotografia. Una fotografia in bianco e nero sfumata: compare  un uomo vecchio, età indefinita, potrebbe avere cinquanta come centocinquant’anni, magro come un chiodo e con una testa sproporzionata, un volto furbo e poverissimo. Sono giorni che ripenso a quella fotografia, credo mi abbia rapito. Di lui conosco poco, praticamente nulla. Si chiamava Paolo oppure Antonio (come i miei zii materni), nato e vissuto vicino Napoli, nato e morto semplice e povero. Per sfuggire a questa malia devo richiamare alla mente quello che conosco io. Cosa conosco? Conosco una signora che una volta è venuta in una biblioteca in cui lavoravo, una biblioteca piccoletta in mezzo alle risaie. Era un giorno in cui il caldo e l’umidità erano incredibili e in aria rimbombavano le zanzare, la signora iniziò a raccontare mentre mi consegnava il libro che aveva scelto di leggere. La storia faceva più o meno così. Sono nata già al sud in Campania vicino al mare, in un posto bellissimo e dove l’aria aveva un gusto che non ho più sentito da nessuna parte. La mia famiglia era poverissima, avevamo poco e nulla da mangiare e non avevamo neppure della terra nostra. A otto anni è venuto in paese un signore e ha chiesto delle ragazze per andare a raccogliere il riso. Io sono salita. Il lavoro era duro: di mattina acqua, riso e zanzare; di sera riso e qualche padrenostro. Gli anni sono passati, le cose sono passate, mi sono sposata e ho avuto dei figli e di sera come di mattina acqua, zanzare, e riso. Per sessant’anni ho lavorato nei campi, per sessant’anni non ho mai letto un libro. Non è che fossi analfabeta, avevo la seconda elementare, sapevo far di calcolo, leggere e scrivere quanto bastava. Il giorno dopo la pensione non sapevo che cosa fare, non mi andava di ciondolare in paese come le altre, io non sono di qui, e allora sono entrata per sbaglio in biblioteca, ho preso un libro e ho iniziato a leggere e non mi sono fermata più. La signora se ne andò insieme a quel buffo odore di borotalco che hanno i vecchi, si portava il suo bel romanzo soft porno. Il ricordo è passato e così anche la malia della foto, mi sento più leggero e i miei pensieri sono fuggiti via. Un giorno smetterò con le storie edificanti e ti parlerò di quando mio zio ha bucato un materasso con un mattone o di quando io sono finito ad un raduno di venditori di proiettili. (luca valenza – continua)

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