
Oggi c’è nebbia dove lavoro, densa, appiccicosa, non troppo salubre. Quando sono uscito di casa questa mattina il cielo era terso. Da qualche giorno l’unico lampione sotto alla borgata in cui vivo funziona in maniera strana: rimane a lungo spento e poi improvvisamente inizia a lampeggiare per poi, quindi, fiocamente spengersi.
Velocemente ci si abitua alla nuova normalità: vaccini, pass, richiami, prenotazioni, tamponi, quarantene, sospensioni, routine. Parlando con le persone dalla mia postazione dietro al bancone della biblioteca, si ha il calco di un disegno non chiaro. Ho un ricordo di quando da bambino andavamo a trovare un collega di mio padre in campagna. La casa odorava di umidità, tabacco e di furetto, mio padre si chiudeva in una stanza con il suo collega e, bevendo e fumando, facevano piccoli quadretti di rame. Ho saputo solo in seguito che la tecnica si chiama a sbalzo, quasi una produzione di negativi di immagine. Ho deciso di provare anch’io a utilizzarla e a trascrivere qualche voce.
“Cosa vuole che le dica, ormai a casa leggiamo solo cose leggere, già fuori c’è un’aria pesante”. “Può consigliarmi un libro per mio figlio, è in quarantena con i suoi coinquilini, se lo sono preso tutti. Non so come facciano, sono in otto con un bagno solo”. “In classe da mia figlia c’è un positivo, noi per ora siamo liberi ma non si sa mai, posso prendere qualche libro in più?”. “Ormai se ne sentono di ogni tipo, a mio fratello l’Usl ha perso il tampone, deve rifarlo, ma cosa vuoi con cinquemila tamponi da fare vuoi che non ne perdano alcuni?”. “Potrebbe andarmi a prendere Radio città perduta di Daniel Alarcon? Non ho il pass e non posso andare a scaffale”. “Se ci mettono in quarantena come facciamo in due stanze?”. “Ho già fatto due tamponi negativi ma a lavoro non si fidano”.
“Mi potrebbe consigliare del fantasy, di solito leggo fantascienza ma, sa com’è, ho bisogno di qualcosa di meno attuale”. “Sono due anni che non vedo il mare, mi mancano le letture da spiaggia”. “Avete qualche film sulle pandemie?”. “Dove trovo la sezione su Bisanzio, non sente anche lei quest’aria da fine impero?”. “Fate ancora fare la quarantena ai libri?”. “Da quando è iniziata la pandemia ho iniziato a leggere tutto quello che trovo su Giordano Bruno, spero di capirci qualcosa prima della fine”.
“Mi potreste aiutare a fare lo Spid? Per prenotare qualsiasi cosa serve lo Spid, ma io non so da che lato girarmi”. “Potreste sporgermi un libro fuori dalla biblioteca? Non ho il green pass”. “Sono così stufa di leggere negli schermi, mi fanno male gli occhi”. “È una mia impressione o da quando siamo in pandemia si sono moltiplicati gli scrittori?”. “È così strano vedere le persone in biblioteca con la mascherina”. “Mi potrebbe prolungare il prestito del gioco? Siamo tutti in quarantena”. “Cosa vuole, così è”. “Una città è fortunata se ha una biblioteca, tutti i giorni, ma soprattutto in pandemia”.
Le voci si sommano, calcano, scavano, battono, interrogano. Le biblioteche vengono ogni giorno attraversate da un flusso costante di libri, conversazioni, voci, silenzi, oggetti, persone, pensieri, richieste. S’impregnano e si plasmano, così è e così deve essere; non sono posti che offrono risposte rapide, non è nello stato delle cose. Quella che viene offerta è la possibilità di un luogo sicuro, d’incontri, della ricerca e il tentativo di un’evasione spettacolare. (luca valenza)