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17 Giugno 2020

La chiamavano street art. Come la Regione Puglia sperpera quattro milioni di euro

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(disegno di elena mistrello)

Ci sono delle persone con gli occhiali in un ufficio comunale che indossano giacche leggere blu scuro o marroncine e camicie con delle fantasie sul celestino, che se le guardi da vicino ti accorgi di quanto sia brutto il disegno del pattern, da lontano si vede solo il celestino. Ricevono delle signore sulla cinquantina con vestiti larghi fucsia e giallo, #weareinpuglia e stiamo parlando di assessorini dell’ultima lista civica dal nome improponibile, al tavolo con associazionisti culturali di provincia. Fate attenzione, siamo fra ottimisti.

La scrivania è brutta, di quelle che quando le spezzi si vede che dentro non era legno vero, è probabile che l’impianto dei condizionatori del comune faccia così tanto rumore soprattutto in questo ufficio e avete visto? Anche lui fuma iqos. Pochi convenevoli quindi, prima che gli venga in mente di accenderne una qui dentro, che si può anche dentro, è vero, ma è vero soprattutto che puzza di merda, facciamo presto, il discorso è semplice.

La Regione ha messo quattro milioni di euro in mezzo a questi due e il testo fa più o meno cosi: «Che dici Mimmo, riusciamo a farci dare trentamila euro per il discorso dei murales?».

Questa mattina anche la mia ex dalla Francia mi ha mandato il link all’articolo di Repubblica ma neanche questa volta ho avuto voglia di leggerlo davvero. L’ho rigirato a mia volta ai miei amici dell’intellighenzia, come facciamo sempre per sentirci salvi almeno fra di noi e ho chiesto a cyop&kaf di scrivere un articolo su sta roba. «Dovresti scriverlo proprio tu», mi ha risposto, e anche se non ho le sue credenziali alla fine ha ragione. Dopotutto sono più parte lesa io in questa storia, anzi io sono LA parte lesa di questa storia, sono pugliese e anche senza volerlo sono la street art in Puglia.

Scrivo un articolo quindi a partire dal fastidio che mi ha regalato un articolo che non ho letto, a volte basta il titolo e dovete sapere che mi piace anticipare i tempi. Come quella volta che dodici anni fa organizzavo un festival in cui pittavamo il cazzo che ci pareva in giro per Grottaglie e nel giro dei successivi cinque anni trasformammo un paese di merda in un paese di merda con i muri colorati.

Non avevamo la pretesa di cambiare un bel niente, non abbiamo mai recitato il rosario della retorica di queste stronzate (dacci oggi il nostro museo a cielo aperto, rigenera i nostri quartieri e riqualifica le periferie), mai scritto bandi, chiesto permessi, firmato contratti eppure sì, ha funzionato: il Fame festival è stato l’unico evento al mondo in cui la pratica di dipingere in giro non ha perso di senso ed è rimasta divertente, se vogliamo bella.

Non l’abbiamo mai chiamata street art dopotutto, non siamo arrivati neanche a dire “arte urbana”, abbiamo solo fatto il cazzo che ci pareva e soprattutto, vengo al dunque: non abbiamo mai speso una lira.

Non servirà togliermi questo sassolino dalle scarpe con cui cammino dodici anni avanti, ma una domanda ve la devo fare: come cazzo è che la Regione butta quattro milioni di euro nel cesso e nessuno dice niente? (angelo milano)

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