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15 Luglio 2020

Venezia, una catena umana contro la mono-cultura del turismo

(disegno di cyop&kaf)

da: StoriAmestre

Quando si è saputo della catena umana alle Zattere c’è voluto poco a decidere che non si poteva mancare. Sarà stato il fatto che finalmente ci si poteva incontrare all’aperto con tanti amici persi di vista per più di tre mesi, sarà stato per quel “Venezia fu-turistica” che prometteva performance se non futuriste almeno artistiche. A scoraggiare la partecipazione vi era solo il ricordo del torrido sabato 8 giugno dell’anno precedente, data della manifestazione “No grandi navi”.

Questa volta, anche per le disposizioni ancora in vigore, la manifestazione ha preso la forma di una catena umana: si sarebbe rimasti fermi a tenere ben in vista striscioni, cartelli che, secondo le indicazioni dell’organizzazione avrebbero svolto la funzione di “distanziatori sociali” fra le e i partecipanti. 

I temi proposti non erano solo quelli dei “grandi alberghi galleggianti” ma anche quelli dei piccoli appartamenti b&b che tanto hanno stravolto le grandi città d’arte. Ampio anche il florilegio degli altri “NO” fra cui quello all’inceneritore di Fusina e quello, su scala mondiale, al G5.

All’arrivo alle Zattere sembrava che la giornata sarebbe stata arroventata quanto quella dell’anno prima. Da davanti alla gelateria Nico mi spostavo all’ombra in attesa dei miei sodali con lo striscione dei Giuristi democratici di Venezia, unico fra tutti quelli presenti a non essere stato realizzato artigianalmente. 

Quando abbiamo attraversato il ponte Longo è arrivata una brezza che non ci ha più lasciato fino alla fine della manifestazione e ha reso piacevole il pomeriggio. Per una mezz’oretta si è bighellonato tra un discorso, un pezzo teatrale, canzoni e striscioni. In acqua, nel canale della Giudecca, andavano e venivano intanto tope, mascarete, sanpierote, patane che esibivano cartelli e vele con gli slogan della manifestazione. 

Alle 17,30 c’è stato il colpo di scena con lo srotolamento di un lunghissimo striscione su cui hanno trovato posto le tematiche e le rivendicazioni della catena umana. C’era scritto a caratteri cubitali: “Venezia rinasce se tutte e tutti insieme ci battiamo contro la speculazione e per costruire un nuovo modello di città. Venezia fu-turistica: contro la monocoltura turistica, per la residenzialità, l’istruzione, l’ambiente, il lavoro e i diritti”.

Quello che era scritto l’ho saputo solo dopo, perché lo striscione era rivolto verso il canale della Giudecca e poteva essere visto solo da chi vi transitasse in barca, mentre a me che mi trovavo vicino al molo VIP nei pressi della fermata di San Basilio erano visibili solo i primi venti metri (mi chiedo se qualcuno è riuscito a fare uno scatto capace di contenere tutto lo striscione, o un fotomontaggio di porzioni: in rete non ho trovato.)

Quello che ho saputo subito è che si trattava del più grande striscione mai realizzato per una manifestazione a Venezia, argomento che credo sia stato studiato a tavolino per dare ai giornalisti la “notizia” che deve sempre accompagnare una iniziativa se si vuole che le venga dato un qualche risalto e trovi posto nei telegiornali pubblici e privati. A casa così mi sono preso la briga di controllare su Google la distanza fra il ponte Longo dove finiva lo striscione e il molo dei VIP, dove iniziava, per constatare che in realtà sono circa centocinquanta metri. Era alto un metro e mezzo e fra lo striscione a bordo canale e gli edifici delle Zattere la festa è stata grande, atteso che il provvisorio pannello nascondeva alla vista i manifestanti. La discretissima, almeno sulla fondamenta, presenza delle forze dell’ordine (quattro agenti) non dava l’idea di voler rovinare la festa.

C’è stato il tempo di sentire discorsi e di vedere spettacoli, cantare, ballare e soprattutto chiacchierare tanto con tutti. Fra le cose più spiritose uno striscione con un enorme maiale intento a sbocconcellare Venezia e la scritta: “VENEZIA NON SI MANGIA”; oppure una performer con un paio di pantaloni “incrostati” di alghe e conchiglie tanto da farne un corpo unico in cui doveva essere stata calata e da cui sarà stata sfilata poi a fine giornata.

Alle 18,30 è stato dato l’annuncio che la catena umana si sarebbe trasformata in un biscione umano da far strisciare fino al piazzale della chiesa delle Salute, passando per la punta delle Dogana. Mi è parso che il significato abbia voluto essere quello di passare dal retro della città al suo cuore.

Arrivati alla chiesa della Salute e posizionati i trenta metri dello striscione “Venezia fu-turistica” vi sono stati i discorsi conclusivi. In uno di questi si tentava una motivazione storico-programmatica dell’aver voluto concludere in questo piazzale la catena-biscione: il riferimento alla peste del 1630 era d’obbligo. Si è ricordato, dunque, che dopo l’epidemia che aveva dimezzato la popolazione di Venezia, il governo veneziano non solo deliberò la costruzione della chiesa delle Salute, ma a quanto pare varò anche un piano di ripopolazione della città improntato all’offerta di case e lavoro ai nuovi cittadini.

Forse, chi è intervenuto voleva ribadire allo stesso tempo che le grandi opere non possono essere il fulcro delle politiche per uscire dalle emergenze in cui ci troviamo. (carlo cappellari)

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