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9 Ottobre 2021

Zona Est Novanta #9. Un racconto a puntate

Monitor
(disegno di simone perazzone)

Il Trittico e lo Zolpeduar iniziano a fare il loro lavoro, sono passato dal dormire due ore a notte a farmi otto ore di fila. Le occhiaie sono sparite, l’iperattività dovuta alla mancanza di riposo sta svanendo e si ritorna a ritmi normali. La quotidianità ha i suoi vantaggi: mangiare agli stessi orari, svegliarsi con la luce del sole, andare a letto col buio, ognuna di queste cose porta benefici al corpo e alla mente, si ragiona e si può valutare meglio quale strategia usare per superare gli ostacoli. Dallo strizzacervelli pensavo che ci sarei finito a cinquant’anni e non passati da poco i venti. Ma poco male, sono stato sempre uno precoce, di quelli che bruciano le tappe. Mi basta che funzioni.

Mentre mi preparo per uscire ricevo una telefonata. Quoto molto bassa qualche rottura di cazzo, il numero di casa ce l’hanno solo i miei fratelli. Alzo la cornetta e in effetti non mi sbaglio: è P., mi dice che devo presentarmi oggi a Frattamaggiore da tale notaio Bevilacqua, c’è una notizia per me. Mio fratello più grande, con la cazzimma che lo caratterizza, non va avanti nel raccontarmi i dettagli, nonostante la mia insistenza. Capisco che non ne caverò nulla e chiudo. Vorrei saperne di più, non amo le sorprese, ma forse qualcosa nel tono di P., sempre di poche parole e poco propenso a slanci di entusiasmo, mi lascia presagire qualcosa di buono.

Metto in moto la Swing, come sempre a riserva. La trascino fino alla pompa IP di fronte alla pizzeria Ermenegildo, faccio diecimila senza piombo e prima di iniziare veramente la giornata mi fermo a mangiare una fritta completa da duemila lire. In autostrada accendo l’autoradio, c’è la cassetta di Luca Carboni, Pina andava pazza per il bolognese. Non sono molti i souvenir che mi ha lasciato “la ragazza del Lotto zero”, ma il suo ricordo a momenti mi strappa un sorriso, inizia a essere meno devastante, merito probabilmente degli antidepressivi, del tempo che passa o della mia forza di volontà.

A culo riesco a trovare parcheggio in piazza del Duomo, a pochi metri dallo studio del notaio, il cui indirizzo avevo annotato per non rischiare di scordarlo su un biglietto del pullman che avevo nel portafogli chissà da quanti anni. Busso al citofono e salgo al quarto piano, dove mi accoglie una giovane donna in tailleur blu che mi fa accomodare in sala d’attesa. Aspetto il mio turno e inizio a sfogliare riviste, il notaio deve essere un appassionato di auto d’epoca, La Manovella che ho tra le mani parla della Tyrrell P34, una macchina che aveva avuto un tempo sei ruote e si era pure fatta qualche gran premio in F1.

Una volta seduto alla scrivania del notaio lui, con fare sbrigativo, mi consegna una cartellina con dei documenti. Mentre provo a decifrarli, mi spiega che il palazzo e la casa dove abito sono stati rilevati a un’asta fallimentare dall’agenzia ImmobilEst, che vuole subito rivendere gli appartamenti, e che per farlo è disposta a conteggiare agli inquilini residenti gli ultimi anni di affitti. Io sono uno dei pochi lì dentro che ha sempre pagato, e facendo due conti il notaio mi dice che si tratterebbe di sborsare una cifra vicina ai dieci milioni. Insomma, con una roba ridicola per i prezzi di mercato attuali potrei avere una casa mia.

Con gli occhi lucidi per la contentezza mi ritrovo davanti alla porta del notaio, e solo lì mi accorgo di essere uscito senza salutare nessuno. Bevilacqua mi capirà, l’importante è che, finalmente, la fortuna inizi a girare.

Rientro a casa, do un’altra occhiata ai documenti e chiamo P., per capire come organizzarci. Mi dice che ha già parlato con l’altro fratello, e che entrambi intendono rinunciare alla loro quota di proprietà, è il loro modo di ricompensarmi per essere stato vicino a Sarnataro senior negli ultimi anni della malattia. Quasi non mi sembra vero come in poche ore le cose stiano andando tutte in un’unica direzione. L’unico piccolo problema, ora, è come apparare i dieci milioni, dal momento che per il sacrificio fatto non potrò nemmeno chiederli ai miei fratelli. Ci penserò dopo, ora ho in testa solo Sambuca e Biancosarti, così rimetto le scarpe e raggiungo i ragazzi al Dejavù.

Fuori al bar, come sempre, c’è chi chiude uno spliff, chi parla di arresti e di visi familiari sfogliando le pagine di Ultimissime. Negli ultimi tempi i Trematerra e i Marruocco sono tornati a sparare, ma il vero argomento cult è la balorda stagione con annessa retrocessione della squadra. Entro, e alla cassa lascio ventimila bucce. Invito i presenti ad andare a rifornirsi al bancone, e alla terza domanda sul perché di tanta generosità rispondo: «Sono felice, ma fatevi i cazzi vostri e bevete».

Dopo un’oretta saluto il Dejavù e rientro verso casa. Mi fermo da Giovanni il tabaccaio per comprare filtri, cartine corte e del Virginia. In fila al banco del lotto intravedo ‘o Pesante, ma mi giro dall’altra parte perché non ho voglia di incontrare gente di quel tipo, oggi. Mi va male, in verità, perché quando esco dal tabacchi è lui ad avvicinarsi e all’orecchio mi sussurra che lo Zio vuole vedermi. La richiesta mi spiazza, ma provando a non mostrare emozioni allontano lo scimmione pelato dalla mia faccia, facendogli presente che in questi giorni non è cosa. Non è una buona mossa, perché il subumano mi mette una mano sulla spalla senza farmi finire di parlare e mi dice, con la sua voce bruciata dal fumo: «Venerdi, a mezzogiorno. Nun te scurda’, e nun te fa veni’ a piglia’».

L’incontro col Pesante mi lascia un po’ di agitazione addosso. Non riesco a immaginare cosa vogliano questi da me. Nonostante le pasticche non riesco a non pensare che appena le cose cominciano a filar bene è inevitabile qualche grana. Sto per tirare una bestemmia, e proprio mentre lo faccio, attraversando un po’ sovrappensiero, un Transalp rallenta e scansandomi chi lo guida sputa per terra, a pochi centimetri dai miei anfibi. Non credo di sbagliarmi, ma sulla moto c’è Ciro Trematerra. Istintivamente il pensiero va allo Zio e al nostro appuntamento, ma non riesco a trovare un nesso logico tra le cose. Provo a convincermi che non è il caso di agitarmi: è vero, non ho tanti amici, ma sicuramente non ho nemici. Lo sputo sarà stato casuale, Ciro non ce l’aveva con me, ha rallentato solo perché stavo attraversando. Nessuna sfida, sta’ buono Gegè. Oggi è un buon giorno e i pensieri negativi devono andare a farsi fottere. (gerardo picarelli)

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