UN SANTO AL GIORNO # 8 novembre: Santi quattro Coronati
La loro memoria leggendaria non è più nel calendario della Chiesa ma perdura il loro ricordo, non tanto e non solo nella devozione, ma nell’arte, perché i quattro Santi Coronati sono considerati protettori degli scultori. Secondo la leggenda, trattavasi di scalpellini che lavoravano nelle cave di marmo e di porfido dell’attuale Jugoslavia, a nord di Sirmium. Si chiamavano Claudio, Nicostrato, Simproniano e Castorio. Erano qualcosa di più che semplici operai, anche se qualcosa di meno di scultori, nel senso oggi attribuito alla parola. Una cosa è certa: erano i migliori artigiani tra i molti che lavoravano nelle cave della Pannonia. Tanto bravi che i loro compagni li credevano aiutati dalla magia. Formule magiche sarebbero stati i segni di croce che essi tracciavano prima di intraprendere il lavoro; formule magiche le preghiere e i cantici ripetuti insieme durante l’opera.
Diocleziano, che nella vecchiaia si era stabilito a Spalato, in Dalmazia, e si era dedicato a grandi opere di architettura, visitava spesso le cave della Pannonia. Sceglieva i blocchi di materiali e commetteva volta per volta il lavoro desiderato. Diocleziano conosceva i quattro scultori e ammirava la loro opera. Anche per questo, nessuno, tra i compagni di lavoro e tra i superiori, osava denunziare come cristiani i tagliapietre. L’imperatore chiese di scolpire colonne di porfido in un sol blocco, capitelli a foglie, vasche ricavate da un solo blocco di pietra, e perfino un grande carro del sole trainato da cavalli. Gli scultori cristiani lo eseguirono alla perfezione, perché opera puramente decorativa. Ma un giorno, Diocleziano ordinò loro di scolpire genietti e vittorie, amorini e figure mitologiche. Tra queste, un simulacro di Esculapio, Dio della salute. Per il giorno fissato, genietti e amorini furono pronti, ma non la statua di Esculapio. Diocleziano pazientò, ordinando ancora aquile e leoni, che furono presto fatti. Non fu fatto, però, il simulacro di Esculapio.
L’imperatore a quel punto interrogò gli scultori, mostrandosi generoso verso quegli artefici da lui così ammirati. I loro compagni, però, invidiosi, e i superiori gelosi, fecero molta pressione su di lui. Venne così imbastito un processo e la macchina della legge, messa in moto quasi contro la volontà imperiale, travolse i quattro, che vennero gettati nel Danubio, chiusi dentro botti di piombo. Poco dopo, le loro reliquie furono portate a Roma, e ai quattro Santi s’intitolò, sul Celio, una delle più antiche chiese romane. Quasi per gelosia di tanti onori dedicati a quattro martiri stranieri, però, ai Coronati, patroni degli scultori, vennero sovrapposti quattro leggendari martiri di Roma che avevano i nomi di Severo, Severino, Carpoforo e Vittorino.
A Firenze, invece, furono scelti come protettori dei Maestri di pietra e di legname, i quali, per il loro tabernacolo in Orsanmichele, ordinarono le loro statue a Nanni di Banco. Questi scolpì una per una le quattro figure, ma quando si trattò di farle entrare nella nicchia del tabernacolo, dovette ricorrere al suo maestro Donatello, che le “scantucciò ” in modo da farle sembrare abbracciate. (torna ai santi)