NAPOLI
Comincia intorno alle otto del mattino lo sciopero indetto anche a Napoli dai sindacati di base, con il blocco improvviso – la questura non ne sapeva nulla – dell’ingresso autostradale all’altezza del porto. Sulla rampa che conduce al bivio tra l’A1 e la Salerno-Reggio Calabria si arrampicano circa duecento persone, restandoci per un po’, fino a che qualche camion incomincia a risalire contromano il percorso. Il corteo a quel punto avanza, raggiungendo il varco Bausan e bloccando le vie di fuga, mentre la coda di macchine si snoda ininterrotta per i tre chilometri tra San Giovanni e calata Porta di Massa, e per quasi una decina all’ingresso in città da Caserta. In presidio, davanti al varco, i manifestanti ci resteranno per quasi un’ora. Il gruppo più consistente è quello degli operai del SiCobas, ma ci sono anche i disoccupati organizzati della sigla “7 Novembre”, i lavoratori dell’Unione Sindacale di Base, i militanti dei collettivi Iskra e della Mensa Occupata.
Intorno alle dieci il gruppo di manifestanti fuori controllo, scortato da qualche camionetta della guardia di finanza, si muove verso la stazione. Attraversano corso Lucci e arrivano a piazza Garibaldi, dove ad attenderli ci sono circa mille persone pronte a partire in un corteo che durerà fino alle due del pomeriggio. I lavoratori e i militanti che avevano bloccato porto e autostrada si prendono la testa del corteo, ma dietro di loro la composizione è eterogenea. Ci sono studenti, movimenti di disoccupati come quello di Torre del Greco, sindacati di base come il Sindacato Lavoratori in Lotta, lavoratori della scuola e della manutenzione stradale, partiti come i Carc e Potere al Popolo e addirittura Rifondazione Comunista.
MILANO-PIACENZA
Gli iscritti del SiCobas si radunano a Milano intorno alle nove e mezza. Ci sono sette pullman, tutti da magazzini diversi della provincia: i lavoratori hanno scelto di recarsi insieme ai cancelli del più grande hub di Amazon in Italia, a Castel San Giovanni in provincia di Piacenza, e di non confluire al presidio fuori l’Assolombarda con gli altri sindacati di base. «Dare voce a Bonomi – dicono – non ci interessa. Oggi è sciopero del lavoro, preferiamo attaccare direttamente le tasche del colosso per eccellenza dello sfruttamento internazionale».
Alle dieci sono in tanti a rispondere all’appello: i lavoratori del magazzino di Unes, sospesi dall’azienda e senza retribuzione da oltre un mese, definiti “criminali” per aver condotto scioperi a oltranza in difesa del posto di lavoro; alcuni dei lavoratori di Zara, che lamentano trasferimenti motivati dalla chiusura di uno dei due reparti del magazzino, e che sono preoccupati dal rischio di chiusura totale del sito; i lavoratori della Spreafico di Lecco, la cui azienda da pochi giorni è al centro di un’indagine per caporalato e frode fiscale per oltre tre milioni di euro sequestrati dalla Guardia di finanza; gruppi di srilankesi della Number1 Logistic Group, una trentina dei quali sono entrati da poco in contatto con il sindacato, nel tentativo di riprendersi i mesi di permessi e di ferie accumulati in anni di lavoro e rifiutati dall’azienda; ancora, alcuni lavoratori della DHL, che con i solidali della SDA e di Bartolini già definiscono un programma per confluire nel picchetto organizzato per la sera a Carpiano, dove alcuni lavoratori rivendicano di voler essere riconosciuti dalla Muteki s.r.l. per siglare un accordo sindacale. Tutti loro, insieme ai lavoratori FedEx e ad altri lavoratori in sciopero dalla periferia milanese, si incontreranno con più di cinquecento iscritti piacentini per dare continuità alla mobilitazione che aveva visto il SiCobas invadere lo spazio Amazon già lo scorso primo maggio.
NAPOLI
Le rivendicazioni della piazza sono chiare: lo striscione di apertura è contro governo, Confindustria e una gestione della pandemia che mette il profitto davanti alla salute dei lavoratori. Lo sblocco dei licenziamenti (avallato dai sindacati confederali), il rincaro di luce, gas e consumi, la repressione nei confronti dei lavoratori sono punti su cui la piazza si esprime senza derogare. E poi c’è il no al Green Pass, su cui è necessario spendere qualche parola in più.
Per la prima volta, all’interno di una manifestazione esplicitamente schierata a sinistra, il grido “No Green Pass” non è un tabù, così come conferma un enorme striscione che oltre al “no” ad aumenti delle utenze e licenziamenti rivendica quello alla certificazione verde. Le posizioni sono diverse: per i sindacati e gli operai il pass è la “foglia di fico” utilizzata da Confindustria e governo per non investire nelle misure (sicurezza sul lavoro, trasporto pubblico, sanità) a tutela di lavoratori e cittadini; per un’altra parte è anche un precedente che potrà giustificare, in futuro, discriminazioni ed esclusioni dal lavoro delle frange più conflittuali di lavoratori; per i comitati nati durante la pandemia, presenti anch’essi alla manifestazione, è un pericoloso strumento di gestione autoritaria del presente. Una complessità difficile da ridurre in uno slogan o in uno striscione (a meno che tu non sia Fiore o Castellino e i tuoi obiettivi siano d’altro tipo), tanto che alcuni lavoratori della sanità non accettano che il tema entri in discussione e abbandonano il corteo. Intorno a mezzogiorno, quando la manifestazione raggiunge piazza Borsa e tocca il suo picco di partecipazione, in strada ci sono non meno di duemila persone.
PIACENZA
Sono le undici e nonostante qualche camionetta della polizia circondi lo stabilimento Amazon già da ore, i manifestanti riescono a raggiungere il sito indisturbati. La Digos sostiene che l’impianto – quasi centomila metri quadri – presenti un solo varco d’ingresso e uscita dei tir, adiacente all’area parcheggio. Ai manifestanti la cosa non sembra credibile: la “cattedrale” del capitalismo globale in Italia, sprovvista di una uscita di emergenza per le merci!
Nell’attesa dei piacentini, i milanesi decidono di srotolare lo striscione e improvvisano un corteo costeggiando la casa del gigante della logistica. Esterrefatti dall’iniziativa, si scorgono al di là del muro due lavoratori Amazon che stazionano nell’area fumatori, una cabina costruita in plexiglass, che più che proteggere dal Covid sembra costruita per impedire la socialità tra gli operai, mentre si “scannano” una sigaretta in fretta e furia. Improvvisamente dal lato opposto del magazzino si levano i cori dei lavoratori di Piacenza e si scorgono centinaia di bandiere che sfilano lungo la statale per ricongiungersi agli altri operai. Tornati tutti al cancello principale si contano quasi duemila persone.
Le prime parole al megafono sono dedicate ad Adil, delegato sindacale marocchino del SiCobas ucciso da un camion durante l’ultima iniziativa di sciopero nazionale, a cui gli operai della Lidl di Novara hanno dedicato il presidio. E poi si descrive il modello Amazon, la trasformazione del lavoro nella filiera e delle lotte stesse, non più sul contratto nazionale e suoi mancati rinnovi, ma contro le aziende che assumono in maniera esclusiva attraverso agenzie interinali, con contratti a termine che non superano i sei mesi, normalizzando la “precarietà globale a vita” e impugnando un’enorme arma di ricatto.
Per oltre un’ora decine di operai raccontano al megafono la loro esperienza in fabbrica, le condizioni di lavoro e i diritti conquistati con le lotte. Qualcuno ricorda l’ovazione ricevuta all’assemblea di Confindustria dal premier Draghi, colui che «invece della patrimoniale ci ha portato in dote l’aumento sui costi di luce e gas, benzina e grano». Un gruppetto si sgancia dall’ingresso e si dirige sul retro: «Andiamo a farci vedere ai cancelli di Zara!». Ma è proprio sul retro che qualcuno nota un via vai di tir “Prime”, quelli che Amazon utilizza per le consegne gratuite in quarantott’ore. Ai cancelli, dove i clienti vanno a recuperare in autonomia il proprio pacco, c’è grande confusione di mezzi pesanti e auto, rimaste bloccate dall’imponente manifestazione. Ma il nemico è organizzato quanto la lotta, e la merce che conta ha trovato una via d’uscita.
NAPOLI
Il corteo va avanti per ancora due ore, fino a raggiungere il salotto buono della città, quella piazza dei Martiri dove, davanti alla sede di Confindustria, e dopo un consistente lancio di uova, il corteo si scioglie in maniera naturale. È la prima volta dopo molto tempo che i sindacati di base hanno scioperato insieme e l’hanno fatto dando vita a una piazza eterogenea che non ha avuto paura di confrontarsi con esigenze e spinte diverse, portando in strada migliaia di lavoratori. Non è che un primo passo, probabilmente, ma un passo importante a cui sarà necessario farne seguire altri nelle settimane a venire.
PIACENZA-MILANO
Sono le tre del pomeriggio. I pullman dei milanesi sono pronti a ripartire per la metropoli, dove li attendono i blocchi agli stabilimenti DHL. Per i piacentini la giornata è finita, l’iniziativa ha avuto una grande eco in tutto il paese. Solo qualche mese fa, il successo di una giornata di lotta simile era stato offuscato dagli arresti dei delegati Carlo e Arafat, per la vertenza FedEx. «Parlano di noi anche alla Rai!», bofonchia qualcuno. Radio-logistica, intanto, sostiene sottovoce, ma non troppo, che Amazon abbia lamentato un blocco di una portata mai verificatasi prima, a livello globale, nella storia della sua azienda. (alessandra mincone / riccardo rosa)