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4 Dicembre 2013

Area ovest: prima la privatizzazione, poi la partecipazione

Luca Rossomando
(archivio disegni napolimonitor)

Mentre il sindaco ripete i suoi slogan rivoluzionari con un’aria sempre meno convinta, l’azione di governo della sua giunta si allontana ogni giorno di più dal programma sul quale de Magistris ha fondato la sua identità politica. Ne è un esempio lampante quel che sta accadendo nei quartieri a ovest della città: dalla svendita dello Zoo di Fuorigrotta, a quella in vista per le strutture limitrofe dell’ex Cinodromo e dell’Edenlandia; dal futuro incerto delle aree ex Nato a Bagnoli fino alla ricostruzione di Città della Scienza sul litorale dello stesso quartiere.

Poco tempo dopo aver dichiarato che gli zoo sono un retaggio del passato e andrebbero superati, il sindaco ha concesso a un imprenditore, su indicazione del giudice fallimentare e per la durata di quindici anni, un’area di ottantamila metri quadrati, compresi circa trecento animali. L’imprenditore riattiverà il vecchio zoo e, in cambio di un affitto poco più che simbolico, si impegna a eseguire miglioramenti strutturali per circa sei milioni di euro. Secondo il presidente della commissione comunale per la trasparenza, il consigliere Troncone, manca però il capitolato dei lavori e il cronoprogramma è stato redatto in modo così generico da rendere impossibile qualsiasi verifica da parte dell’ente pubblico. I dettagli dell’accordo, peraltro, non vengono resi pubblici. Ci si domanda, tra le altre cose, se questo fosse l’unico modo per salvaguardare i posti di lavoro degli attuali dipendenti. E che garanzie esistono, poi, di averli salvaguardati davvero.

Dopo essersi liberata dello zoo, l’amministrazione si è poi attivata per eliminare l’ostacolo che impediva di realizzare un’operazione simile per gli spazi dell’Edenlandia. È stato infatti da poco condonato l’abuso edilizio all’interno dello storico parco giochi, dell’entità di circa dodicimila metri cubi, che aveva reso inutile il bando pubblico per l’assegnazione del bene. A questo punto non è da escludere che anche in questo caso si proceda con trattativa privata, così come avvenuto per lo zoo, svendendo l’area al primo investitore disponibile.

Accanto a questi classici esempi di privatizzazione all’italiana, in cui il privato si aggiudica l’intero pacchetto per un pugno di lenticchie e senza dovere alcuna garanzia al pubblico, ecco che la giunta de Magistris si confronta nella zona di Bagnoli con operazioni altrettanto delicate. Dopo sessant’anni anni, infatti, la Nato lascia liberi gli spazi dell’ex Collegio Ciano, un’enorme area attrezzata di proprietà della fondazione Banco Napoli per l’assistenza all’infanzia, che con l’affitto pagato dagli americani ha finanziato per decenni numerose attività sociali. Adesso la fondazione si rende disponibile a concordare con il comune un uso sociale di parte delle aree. Il primo dicembre un concerto di Edoardo Bennato ha sancito in modo festoso il passaggio di consegne. Sui contenuti e sulle modalità di utilizzo degli spazi, sui soggetti che avranno la responsabilità della gestione, sulle procedure di coinvolgimento dei cittadini, nulla è stato definito al momento. E dopo i tanti esempi di finta partecipazione – basti pensare alle “consulte” dell’ex assessore Lucarelli o al Forum delle Culture appena inaugurato senza un programma – è lecito preoccuparsi e incalzare chi governa affinché siano resi noti, in tempi brevi e nel dettaglio, tutti i passaggi che porteranno alla riapertura alla cittadinanza di uno spazio vitale non solo per l’ex quartiere operaio ma per l’intera città.

Sempre a Bagnoli, dove un tempo sorgeva l’acciaieria, la fondazione Idis insiste per ricostruire la parte di Città della Scienza andata in fumo a marzo – per mano ancora ignota – esattamente dov’era, in barba a tutti gli strumenti urbanistici vigenti. Il sindaco afferma di aver raggiunto un “compromesso soddisfacente” per entrambe le parti, ma i termini di tale accordo non vengono resi noti. I vertici della fondazione lasciano capire che i volumi perduti rinasceranno con vista mare, esattamente come prima dell’incendio, salvo una piccola area “concessa” alla fruizione pubblica attraverso due passaggi pedonali.

Impressiona, in questa vicenda, confrontare l’ostentata intransigenza dei vertici Idis con le esitazioni e la remissività di chi rappresenta i cittadini, che pure avrebbero dalla loro una legge dello stato (1996), una variante al piano regolatore (1998), un piano urbanistico attuativo (2005) e una delibera del consiglio comunale (2012), tutti strumenti che convergono sull’obiettivo di ripristinare la morfologia naturale della costa e la balneazione gratuita su quel tratto di litorale, previa bonifica di spiagge e fondali. Lasciare che i fabbricati di Città della Scienza vengano ricostruiti a valle invece che a monte di via Coroglio, come prevede il piano regolatore, vorrebbe dire sdoganare tutti gli edifici scadenti e le attività commerciali private che insistono attualmente sull’area, abbandonando il progetto unitario di un arenile pubblico attrezzato e aperto a tutti. (luca rossomando)

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