Le indicazioni sono semplici: i cancelli aprono alle 8.30, presso il Palapartenope. Ci si presenta con un documento, attestato d’iscrizione e penna nera. Il 5 novembre comincia una due giorni in cui è stimato l’arrivo di dodicimila persone per patentarsi come guide turistiche. Il bando si era aperto più di un anno fa, concedendo a tutti i diplomati campani di poter accedere al concorso, che prevede una prima scrematura con un quiz di cinquanta domanda, per poi accedere all’orale. Era espressamente vietato dal format d’iscrizione segnalare eventuali lauree, master, dottorati, o allegarli alla documentazione: bastava il diploma. La riforma Bersani (comma 4 dell’art. 10 della Legge n. 40/2007) permetteva a storici dell’arte e archeologi di poter accedere al patentino senza bisogno dell’esame di accesso, riconoscendo le competenze previste nel diploma di laurea. Il comma fu abrogato con il Decreto Legge 23 maggio 2011 n. 79, in controtendenza rispetto ai paesi dell’UE.
La folla si accalca sotto la pioggia, i cancelli aprono alle 8.30. Il primo ingresso sarà registrato alle 8.35, l’ultimo alle 11.01. I milletrecento e quarantanove partecipanti (di cui più di mille donne) discutono, ripetono, studiano, si organizzano in attesa della registrazione all’entrata. Monica è laureata in Economia del Turismo, ha fatto diversi progetti con le scuole, ma come molti archeologi e storici dell’arte deve fare l’esame, che consiste in un quiz su cultura generale, storia, geografia, diritto, etica professionale. E lo stesso vale per Teresa, in partenza per la Germania alla ricerca di un lavoro, con una laurea in storia dell’arte in tasca. Ci sono poi Matteo, dalla Sicilia, e Lorenzo da Milano: emigrati che tornano per tentare il primo ostacolo di quella che sarà un’abilitazione, e non un posto di lavoro.
Le discussioni vertono sugli errori – molti e già documentati dalla stampa – più o meno grossolani rinvenuti nei questionari. Ciò che però maggiormente irrita chi è più qualificato, è quello di cui già si parlava negli atenei napoletani alcuni giorni addietro: la Regione Campania non riconosce gli archeologi e gli storici dell’arte. Il loro diploma di laurea non solo non abilita alla professione, ma non concede alcun punteggio aggiuntivo. E l’abrogazione sembra essere seguita discrezionalmente dalle singole regioni, che hanno anche autonomia per decidere le modalità di accesso all’abilitazione: la Regione Abruzzo, per esempio, concede l’abilitazione ai suddetti laureati previa richiesta scritta, e li iscrive in un albo provvisorio; in Lombardia lo si può ottenere anche seguendo un corso, al quale si accede direttamente all’orale; in Puglia non è richiesta la conoscenza di alcuna lingua straniera; in Sicilia è invece richiesto un “diploma di laurea in discipline afferenti alle materie turistiche, umanistiche e storico-artistiche”, esattamente come in Toscana, per accedere direttamente all’orale.
Seduti, i candidati aspettano l’arrivo del test, nel quale bisogna fare almeno trentacinque punti. Non ci si potrà affidare troppo alla fortuna: ogni risposta errata vale -0,5. «N’gopp ‘o folklore so’ troppa preparata, sacc’ tutte cose», dice una ragazza seduta tra i banchi, con capelli rossi e borsa Luis Vuitton. «Ma avete letto quella su Plinio il Giovane?», dice un ragazzo sulla trentina, con un po’ di calvizie. «Ma cosa è successo a Scafati nel 1512?», si chiede una ragazza, che non trova risposta tra gli sguardi attoniti dei colleghi.
Un uomo col microfono, con lungi capelli e barba bianchi, cravatta rossa e vestito nero, ripete con voce decisa le raccomandazioni di rito, molte volte, estenuando la marea di persone che è seduta in stretti banchetti, a coppie, nel Palapartenope. Nonostante le raccomandazioni, reiterate e molto semplici, ci sarà comunque chi firma la busta contenente il test, o chi inverte i documenti. Nonostante gli anticipati accorgimenti manifestati dalla Commissione nei giorni precedenti, una delle domande risulta falsata, perché riporta due volte la stessa risposta, su tre. Domanda invalidata, e prosegue la prova.
Il personale di controllo si aggira tra i banchi, guardingo, mentre c’è chi scrive spedito e chi, invece, si guarda intorno spaesato. Finita la prova, seguono le procedure di chiusura delle risposte date in una busta, assieme al proprio nominativo a sua volta chiuso in una busta più piccola. Nonostante la semplicità dell’operazione, si verificano diversi errori. Superata questa fase, la folla abbandona la struttura, accalcandosi con i candidati dell’altro turno, quello del pomeriggio: «Che domande c’erano?», «Era difficile?», «Ma chell’ d’amministrazione l’avite sturiat’?», «Ma per caso ci daranno le vostre stesse domande?».
Si percepisce una certa tensione, sotto la pioggia, e nel frastuono del traffico di auto che vanno e vengono da via Barbagallo. (alessandro cocorullo)