Dal foglio quindicesimo della risma ritrovata: “Idee nuove per un film di fantascienza, di Adolfo Casarsa”. Qui, fra macchie di sporcizia e cancellature, abbiamo riconosciuto, battuta a macchina, la prima bozza del soggetto (i fogli sono stati mescolati e numerati da un’altra, inconsapevole, mano?). “Anni Venti del secolo prossimo venturo: un’epidemia di massa senza fine sconvolge la società. I governi, timorosi d’un crollo dell’intero sistema, obbligano i cittadini a una reclusione forzata nelle case. Le città sono deserte”. A margine compare un appunto a matita datato 3 gennaio 1975: “Come inventare la lingua delle leggi speciali?”. Continua la grafia dattiloscritta: “In questo scenario Lui e Lei si amano e vivono lontani, in Italia. Per ritrovarsi devono compiere un viaggio pericoloso attraverso piccole città, campagne in dissesto, metropoli”. Citiamo da una lettera di Borgese, assistente di regia: “5 ottobre 1976. Cara Maria […] Mi chiedi della sceneggiatura, domandi se va avanti. Adolfo cambia sempre idea. Abbiamo la solita, esile ossatura della trama: Lui vive a Torino, Lei si trova a Napoli, e devono ricongiungersi. «E qui inizia il viaggio», mi ha detto Adolfo ieri sera. Eravamo nella nostra vineria polverosa, accanto al fiume, la ricordi? Il viaggio scatena la libera vaganza della macchina da presa. I suoi occhi spiritati. L’erranza è accoglimento dell’imprevisto, dice. Così lavoriamo senza sceneggiatura, solo appunti sparsi. Adolfo mi ha sussurrato un titolo possibile: 2021 Viaggio in Italia. Maria, come il tuo amato Goethe”.
“Marzo 1977. Maria, Maria, dove sei ora? […] Adolfo ha scelto un’inquadratura ispirandosi al brano di Goethe che ci hai spedito. La visione dal balcone: ʹMi portò sul terrazzo di una casa, di dove si vedeva la parte bassa specialmente della città, in direzione del molo, del golfo, della costa di Sorrento. Tutta la parte poi dell’abitato la quale si stende a diritta, si trasformava da quel punto in modo strano, che non si sarebbe potuto imaginare senza averlo visto. Napoli è bella, anzi stupenda da ogni punto. 25 marzo 1787′. Non sei orgogliosa?”.
Dalle note di regia di Casarsa: “La bellezza di Goethe non sta nella sua scrittura, e tantomeno nel suo ingegno; essa abita il mio sguardo. È dilettevole sovrapporre alle città di oggi le descrizioni di due secoli fa. Leggo: “Ampie padelle stavano davanti alle porte, sopra focolari leggieri e portatili; un giovane porgeva il piatto dove stava la farina, un altro formava le fritelle, e le gittava nella padella dove bolliva l’olio, ed ivi un terzo giovane, muoveva con un’asta in ferro le fritelle, le traeva fuori quando erano cotte a dovere”. Cammino nei vicoli e vedo visioni antiche, in fuga dalla detestabile attualità giornalistica. Qui il presente m’appare come un passato. La fantascienza è un’operazione speculare: il presente che appare come un futuro”. Nel diario di Borgese leggiamo che Casarsa “si considera un documentarista scarno. Espone l’orrore inquietante che nessun testo letterale può dire”. Nella risma di fogli c’è una pagina strappata da un’edizione tascabile del Viaggio in Italia. Il regista ha sottolineato in rosso: “Il bello qui si trova accanto all’orribile; l’orribile accanto al bello; e tanto l’uno quanto l’altro, eccitano l’imaginazione, esercitano un fascino”.
Dalle bozze della sceneggiatura, foglio trecentouno. “[Parla una voce fuori campo]. Un immenso silenzio. Sentivamo il nostro respiro. «Sta accadendo qualcosa». Era un silenzio totale, angoscioso. I mille rumori lontani e vicini di una città viva, erano d’un tratto scomparsi. La radio era ammutolita. Ci affacciammo alla finestra. «Guardate! ». «Non è possibile…». Nella strada uno spettacolo incredibile, allucinante. «No…No…Non aprire, Lucas!». […] «Tieni tutto chiuso…Tutto chiuso, mi raccomando! Dopo ti spiegherò». […] «Spiegami, Juan, ti scongiuro…». «Fuori…Fuori sta succedendo qualcosa di spaventoso».” Sono tagli di testo estratti da L’eternauta di Héctor Oesterheld. Qual era il gioco di Casarsa?
“22 aprile 1977. Marta, ci giungono inquietanti novità da Buenos Aires. Ieri Héctor non è tornato a casa. Temiamo il peggio. Sai quanto Adolfo sia legato all’Argentina, quanto egli detesti i militari. Non credere, però, che il nostro film sia un semplice tributo a Héctor. Adolfo, semplicemente, non vuole scrivere più. Dice che dobbiamo recuperare il già scritto, accostarlo alle nostre immagini e vedere, vedere «un’atmosfera lontana di futuro». Mia cara, dovevi esserci, ieri, quando per venti minuti ha bloccato il traffico di Napoli! Sotto il Vesuvio v’era un deserto che consola”. Nel terzo rullo ascoltiamo a tratti la voce di Casarsa: “Mentre vorrei scrivere parole, non si presentano alla mia mente fuorché imagini”. (note a cura dell’Assembramento di Ricerca Cinematografica)
Leave a Reply