I binari del tram 3 viaggiano per diversi chilometri tagliando longitudinalmente la pancia di Torino. Capolinea speculari collegano il ricco precollina e il lungofiume del Po all’estremo margine nord-occidentale della città. In poco più di mezz’ora si può arrivare in piazza Montale, il centro della vita delle Vallette. Inaugurato all’inizio anni Sessanta, il quartiere è ancora oggi un esempio di architettura residenziale pubblica del dopoguerra. Alte torri e case di mattoni rosso scuro erano consegnate a lavoratori statali, operai e baraccati per rispondere alla crisi abitativa che stava trasformando le città industriali. Nel momento in cui questo quartiere nasceva, tuttavia, gli abitanti assistevano alla produzione di una scomoda narrazione. Sin dai primi mesi i giornali descrivevano Vallette nei termini di una periferia incivile e pericolosa, abitata da teppisti e criminali. Sarà soprattutto negli anni Ottanta, con l’inaugurazione del nuovo polo carcerario cittadino, che questa rappresentazione sarà definitivamente consolidata, sopravvivendo fino ai nostri giorni.
“Vandali alle Vallette: le Luci d’Artista distrutte a sassate. Il presidente della Circoscrizione: c’era da aspettarselo”, titolava La Stampa il 9 novembre 2017. In città divenne virale la notizia del danneggiamento dell’opera di Vanessa Safavi, diciotto neon a forma di cono gelato che quell’anno illuminavano proprio piazza Montale. In quell’occasione Luca Beatrice, l’allora presidente di un’influente istituzione culturale torinese, in un post su Facebook commentava: “[le luci d’artista] per decenni sono state rispettate e amate dai torinesi. Ora a qualcuno, per puro spirito demagogico è venuto in mente di portarle in periferia. Ci sono luoghi dove la bellezza e la cultura non arrivano; vanno lasciati al loro triste destino”. Ancora una volta, le Vallette venivano marchiate come territorio selvaggio e distante da un adeguato canone culturale, quello del centro.
Oggi come allora, piazza Montale non smette di essere un luogo significativo. Frutto di un ridisegno “partecipato”, almeno sulla carta, la piazza è stata inaugurata diciannove anni fa e da quel momento non ha conosciuto alcuna manutenzione. Qui si affacciano due teatri, la Casa del Quartiere, le poste, il Centro d’Incontro e l’edificio dell’ex Anagrafe. I residenti più anziani denunciano lo stato della piazza dando la colpa a nuovi presunti vandali per i danni all’arredo urbano: graffiti sui muri, pavimento sgretolato, bottiglie dimenticate in terra. Altri cittadini registrano la mancanza di attività commerciali, un bar per esempio, importanti per creare socialità.
In un’afosa serata di fine luglio, quando la pandemia sembrava lasciare spazio a timidi rilassamenti, proprio in piazza Montale l’assessore all’urbanistica Alberto Unia ha annunciato la partenza di AxTo Vallette – “si legge AperTò”, specifica il materiale informativo. L’attuale amministrazione a cinque stelle sembra ricordarsi, e proprio al termine del suo mandato, che nelle periferie aveva conquistato una grande quantità di voti. Attingendo al nuovo fondo Torino 2030, ha stanziato un milione e mezzo di euro suddivisi su ventidue azioni di riqualificazione urbana. Tra queste, le più rilevanti sembrano le ristrutturazioni di alcuni edifici pubblici e della pavimentazione della piazza del mercato, la risistemazione di attraversamenti pedonali, la costruzione di nuovi orti urbani.
L’acronimo Azioni per le Periferie Torinesi (AxTo) non è nuovo per Torino. Nel triennio 2017-2019 una serie di interventi aveva coinvolto l’intero tessuto cittadino, interessando cinque assi principali: spazio pubblico, casa, lavoro e imprenditoria, scuola e cultura, comunità e partecipazione. Dalle parole scritte nella relazione generale del primo progetto ne emerge il senso profondo: “Con una metafora medica, si può affermare che la cura del degrado non può avvenire attraverso massicce dosi di antibiotici: piuttosto […] con operazioni di agopuntura urbana”. Un’immagine così tratteggiata rivela un chiaro pregiudizio in origine, fondato sul presupposto che ci siano luoghi malati, le periferie, e luoghi sani, il centro. Il progetto era infatti in larga parte basato su operazioni di chirurgia estetica e di ordinaria manutenzione spacciata per straordinaria riqualificazione. Per il rifacimento dei marciapiedi, le bonifiche e le potature del verde, la messa in sicurezza di aree gioco era stato previsto da AxTo più della metà dei fondi totali, lasciando le briciole agli altri assi.
Non solo il nome allora: in questo quartiere il progetto AxTo Vallette mantiene la razionalità originaria. La decisione di iscrivere gli interventi nel quadro progettuale precedente, infatti, «è servita per dare un contenitore di senso al progetto e inserirlo in una cornice già prestabilita e di successo», ha precisato Valter Cavallaro, coordinatore di entrambi i bandi. La notizia di un nuovo piano di rigenerazione urbana per il quartiere non è passata certo inosservata. Il Tavolo Culturale delle Vallette, uno spazio di progettazione civica informale, ha chiesto subito un incontro con i progettisti per discutere degli interventi, manifestando i primi dubbi su un modello che s’è definito più volte partecipato, ma che si presenta già impostato nella sua forma definitiva.
È proprio in una sera di fine settembre che un semicerchio di sedie ci attendeva nel teatro parrocchiale, sede della riunione tra residenti e amministrazione. Al contrario di quello che molti si aspettavano, i dirigenti comunali hanno spiegato che quella sera il dibattito si sarebbe concentrato unicamente su un tema: la riqualificazione di piazza Montale. Nei loro piani la discussione prevedeva la trattazione di cinque principali argomenti: gli alberi, l’ombra e la luce, il gioco e la fontana. Un momento di silenzio ha preceduto l’accendersi di un intenso dibattito. È davvero possibile parlare dell’arredo urbano di una piazza senza prendere in esame l’intero quartiere? È utile parlare di alberi o di panchine se non si affrontano i problemi politici, sociali, economici, gestionali di questa complessa periferia torinese? Forse proprio su questi temi, più che sugli aspetti tecnici che spettano agli architetti, gli abitanti avrebbero potuto fare delle osservazioni interessanti. Seguendo le orme del suo predecessore, AxTo Vallette riserva più di due terzi del budget agli interventi di ristrutturazione e manutenzione dello “spazio pubblico degradato”, e dinanzi a questa decisione i cittadini sono rimasti perplessi. Che ne è del tema casa? Che ruolo ha l’edilizia sociale e pubblica su cui Vallette fonda tutta la sua storia? Il tutto si riduce a proposte di “innovative” coabitazioni solidali intergenerazionali alle quali destinare la somma irrisoria di diecimila euro.
Dopo più di due ore di discussione i moderatori hanno mostrato evidenti segni di stanchezza, mentre i residenti, insoddisfatti della superficialità dei temi proposti, hanno manifestato l’esigenza di continuare il confronto. Ci siamo affrettate lungo i binari del tram per non perdere l’ultima corsa del 3 e, mentre attraversavamo la città, abbiamo letto sul dossier: “Street art su cabine elettriche. Realizzare un progetto che non solo riqualifichi e abbellisca le superfici di per sé anonime e soggette a interventi di vandalismo grafico, ma garantisca al quartiere […] attrattività e interesse a livello cittadino nel suo complesso”. Abbiamo notato che i fondi previsti per questo intervento sono il doppio di quelli rivolti al tema casa. Cosa vuol dire allora riqualificare le Vallette? Sembra che gran parte degli sforzi saranno dedicati al tentativo di rendere attraente il quartiere non tanto per gli abitanti, ma per un pubblico di curiosi avventori. Parole ininterrotte susseguitesi anno dopo anno su questo quartiere ci portano a riflettere sull’azione pubblica nelle periferie: da un lato, lo stigma viene esasperato fino a ritenerle immeritevoli di cultura, dall’altro ci chiediamo se l’intervento estetico in aree sofferenti basti per migliorare la qualità di vita degli abitanti. Quando l’arte diviene strumento di governance della città ed è finalizzata alla pura estetizzazione del territorio, inciampiamo facilmente nei concetti del brutto e del bello urbano. Questi sono spesso l’esito di uno sguardo unidirezionale, dall’alto verso il basso, e confermano una gerarchia estetica che è il riflesso di quella sociale. Parole quali comunità, partecipazione, innovazione, integrazione, coesione sociale e bellezza ritornano come un mantra, sono evocate ormai da ogni progetto di rigenerazione urbana e si riferiscono a un modello europeo grazie al quale le amministrazioni torinesi si celebrano da tempo come esempio virtuoso italiano. Nell’ambito del progetto AxTo questi concetti hanno l’unica funzione di accrescere una retorica utile a giustificare interventi di abbellimento da un lato, e di ordinaria manutenzione dall’altro.
È dicembre, da qualche settimana sono arrivate le ruspe in piazza Montale. Scavano, divelgono, livellano la pavimentazione già precaria dello spiazzo. Anche in questa stagione le abituali decorazioni natalizie pendono tra le colonne solitarie della piazza e le luci d’artista tornano a illuminare le pareti della chiesa, riflettendosi sulle transenne dei lavori in corso. Quando i cantieri lasceranno le Vallette, e gli interventi avranno già assunto i colori della futura giunta, troveremo forse qualche risposta ai nostri interrogativi. (sara iandolo e laura raccanelli)
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