Sabato 30 ottobre è stata convocata anche a Napoli (a largo Berlinguer) una manifestazione sulla scia di quelle che si sono tenute in tutta Italia dopo la mancata approvazione del Ddl Zan in Senato; quasi un migliaio di persone si sono radunate in piazza con cartelli e striscioni, rivendicando la propria autodeterminazione. Nella fase iniziale del presidio, a ridosso della piazza e a contatto con i manifestanti, si è presentato anche un gruppetto di fedeli, con una cassa audio e in coda a uno striscione che recitava: “Gesù ti ama”.
«Vergogna, vergogna!», è stato il coro di risposta a quella che è sembrata una provocazione, così che i fedeli si sono allontanati velocemente. Da un megafono, intanto, iniziavano ad alternarsi interventi di rabbia nei confronti della mancata approvazione della legge.
Alle sei, orario di convocazione della manifestazione, non è ancora chiara la direzione che la piazza vuole prendere. Un megafono non è sufficiente per far sentire a tutte le persone in piazza e così, dopo alcuni interventi, un nuovo coro sovrasta la folla: «Corteo, corteo!», è il grido che per diversi minuti si ripete, finché un gruppo di persone si posiziona con degli striscioni in direzione di piazza del Plebiscito e qualcosa sembra iniziarsi a muovere. “Siamo le janare che non siete riuscite a bruciarə” firmato da Assembramentah; “Le strade sicure le fanno le frocə che l’attraversano #moltopiùdizan” e “Meglio frocə che Pillon!” sono i testi degli striscioni. Alcuni volantini vengono distribuiti tra la folla. La linea è molto chiara: si evidenzia come l’approvazione della legge avrebbe comunque “lasciato indietro gran parte della comunità LGBTQIA+”; si sottolinea l’insufficienza dello strumento legislativo e il fatto che l’affossamento del ddl Zan sia la dimostrazione di quanto il pensiero predominante, supportato dai femminismi trans-escludenti, sia reazionario, eteronormato e patriarcale. L’esultanza dei senatori, di fatto, alla notizia dell’affossamento del provvedimento, ha rimarcato il divario tra i giochi di potere della classe dirigente e le persone che vivono le strade e le piazze delle città.
La piazza napoletana era stata convocata da Arcigay, ma è difficile ricondurre la partecipazione di tanta gente a singole associazioni e/o collettivi; la massiccia presenza in piazza, piuttosto, si potrebbe interpretare con una più ampia rabbia nei confronti di uno stato che invisibilizza la persone LGBTQIA+ e non esita ad alimentare le violenze basate su genere, sesso e disabilità.
Con l’arrivo delle prime gocce di pioggia, lo striscione di Arcigay che recita “La storia non si ferma. Non ci fermerete mai!” prende la testa del corteo e asseconda la volontà della piazza di proseguire. Tra varie pause e ripartenze, il corteo sembra determinato a non far concludere la giornata nelle strette maglie dei discorsi su una legge non approvata. «Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle froce, che più non hanno voce!» è il coro più ripetuto, così come «Lotta anale contro il capitale!», «Ma quale stato, ma quale Dio, sul mio corpo decido io» e «Fiducia nello stato non ne abbiamo, l’autodifesa è nostra e non la deleghiamo!».
Dopo l’ennesima pausa, inizia a girare la voce che “in piazza del Plebiscito ci sono i No vax, non si può andare”. Gli organizzatori a quel punto salutano il corteo e lasciano la manifestazione. Nonostante la pioggia, però, la mancanza di un impianto audio e la confusione lasciata da Arcigay, un nuovo coro emerge tra la folla: «Al Gesù, al Gesù, vieni anche tu!». Repentinamente il corteo inverte la rotta e prosegue fino a piazza del Gesù Nuovo. Un corteo libero, sfuggente e rumorosissimo che attraversa le strade di Napoli e riesce ad arrivare a destinazione senza problemi, per poi concentrarsi sotto l’obelisco dell’Immacolata e concludere la manifestazione con un richiamo al proseguimento della lotta, a partire dalla costruzione collettiva del TDoR, la giornata di ricordo delle vittime di transfobia il prossimo 20 novembre.
L’appuntamento, in vista della mobilitazione, è per questo mercoledì allo Ska, in via Monteoliveto, dalle ore 17:30. La volontà è quella di “camminare coi nostri tacchi o con le ciabatte pezzotte sui sanpietrini, con l’unica preoccupazione di non inciampare”, rivendicando che “le strade e le piazze sicure le fanno i corpi che le attraversano, non i militari e la polizia che le presidiano”. (federico stigliano)