Articolo pubblicato il 4 aprile 2012 da Repubblica Napoli
Oggi alle 16, nell’aula multimediale del Comune in via Verdi, viene lanciata una campagna referendaria “per una grande spiaggia pubblica a Napoli”. In occasione di questo primo incontro avverrà la formalizzazione del comitato promotore che avrà il compito di raccogliere diecimila firme entro giugno. L’obiettivo, previsto dallo statuto del Comune, è quello di ottenere un atto deliberativo del consiglio comunale. Nel caso che questo non si verifichi ci sarà tempo fino a dicembre per mettere insieme ventimila firme e chiedere che nel merito si pronunci l’intera popolazione attraverso un referendum consultivo.
L’iniziativa si avvale già di un sito internet – unaspiaggiapertutti.it – e di uno slogan molto semplice ma efficace: “Il 2% dei napoletani possiede un’imbarcazione, il 98% possiede un costume da bagno”. Viviamo, in effetti, in una città di mare che non è dotata di una spiaggia pubblica degna di questo nome. Se esaminiamo i venti chilometri di litorale che sono compresi nei confini urbani potremmo contare appena due o tre spiaggette scarsamente curate, collocate a ridosso di impianti di vario genere e affacciate su specchi d’acqua di dubbia limpidezza. Negli ultimi vent’anni le istituzioni locali hanno creato nuovi porti (Vigliena), ampliato quelli esistenti (Mergellina), avallato quelli abusivi (Nisida); insomma, si sono mosse per favorire gli interessi di quel 2% di napoletani che possiede una barca. “È arrivato il tempo di pensare a quel 98% che possiede un costume”, affermano i promotori del referendum.
Proviamo a percorrere la linea di costa da est verso ovest, da San Giovanni a Teduccio fino a Bagnoli. A San Giovanni troviamo quasi un chilometro di litorale impraticabile, inquinato dagli scarichi del depuratore e dalla centrale termoelettrica di Vigliena, su cui è in costruzione un porto turistico per 900 barche. Proseguendo verso ovest incontriamo cinque chilometri di attrezzature portuali, di cui è prevista l’espansione. Poi il lungomare degli alberghi, dei ristoranti e della Villa Comunale, in cui rientrano le attività dei porti di Santa Lucia e di Mergellina. Più avanti si profila l’alta costa rocciosa di Posillipo, sei chilometri e mezzo di fatto inavvicinabili per i comuni mortali, con i pochi accessi requisiti dai proprietari delle lussuose ville a picco sul mare. Arriviamo così ai due chilometri e mezzo di costa che da Nisida raggiungono il confine comunale con Pozzuoli: circa un decimo del litorale disponibile, un tratto di arenile prevalentemente sabbioso e di facile accesso, interessato da un programma pubblico di bonifica e riqualificazione che si protrae da decenni. Il comitato del referendum propone di realizzare qui una grande spiaggia pubblica per tutti i napoletani, in cui l’accesso e la permanenza siano rigorosamente gratuiti. Naturalmente bisognerà completare la bonifica dei suoli in questione – che secondo la società Bagnoli Futura è giunta al 60% del totale – e mettere mano a quella dei fondali marini, che non è mai nemmeno cominciata; e poi spostare altrove le strutture private – gli ormeggi abusivi a ridosso di Nisida, le attività di Città della scienza sul lato mare, le concessioni balneari con annessi concerti e discoteche – che nel corso del tempo vi si sono installate approfittando del lassismo o della connivenza delle amministrazioni.
Si tratta di un progetto dall’apparenza massimalista. In tempi difficili per il bene pubblico e in una città in cui più che governare si lascia che le cose accadano, viene lanciata una proposta di respiro ampissimo, dai contorni semplici e lineari, che però non tiene in alcun conto gli interessi dei privati, consolidati e stratificati nel tempo, ma solo quelli della generalità dei cittadini, prefigurando una drastica destinazione d’uso per un’area su cui si discute da più di vent’anni senza raggiungere alcun risultato concreto.
Sappiamo tutti quanto sia faticoso, in questa città, raggiungere anche il minimo obiettivo che innalzi la qualità della vita e della convivenza civile. Una grande spiaggia pubblica. Per quanto ogni città di mare che si rispetti ne sia dotata, tale immagine appare oggi ai nostri occhi come un miraggio. Eppure un’iniziativa del genere viene a cadere in un periodo particolare, in cui qualcosa sembra muoversi nel consueto pantano delle decisioni non prese. Siamo alla vigilia delle regate della coppa America. Al termine di un percorso non privo di ombre e ripensamenti, l’amministrazione è arrivata in fondo a un suo progetto, molto discutibile ma altrettanto voluto. Questo rinnovato ottimismo, spinge adesso altri soggetti a farsi avanti: da imprenditori screditati ma evidentemente ancora ben saldi nel patrimonio come Alfredo Romeo, ad altri invece sulla cresta dell’onda come Aurelio De Laurentis, fino alla cordata di Naplest ferma al palo da tempo nel progetto che riguarda i quartieri orientali. Tutti propongono, con diverse sfumature, lo stesso modello di trasformazione urbana, riassumibile nella formula: datemi mano libera su una parte di città, io ve la riqualifico con i miei soldi (o facciamo a metà), e poi me la lasciate gestire come mi pare, tanto voi non sareste capaci.
In questi tempi ambigui, nei quali al “popolo” non si lesinano le assemblee e le consulte, le promesse e i luminosi orizzonti, mentre ai soliti noti si spianano nel silenzio le corsie preferenziali per fare affari, proporre di far esprimere i cittadini sulla realizzazione di una grande spiaggia pubblica riveste soprattutto un valore esemplificativo. Il gioco delle percentuali, che contrappongono i possessori di barca a quelli di costume, vuole mettere l’accento sull’enorme sproporzione tra le istanze di pochi – che in questi anni hanno prevalso, anche solo per l’indifferenza delle istituzioni – e quelle della grande maggioranza dei cittadini, che per quanto semplici ed essenziali hanno finito per trasformarsi in obiettivi degni di sognatori e utopisti. (luca rossomando)