Territorio a sud della Piana del vulcano Marsili, anno 2204.
Nella città che aveva abolito il fastidio tutti vestivano colori non troppo sgargianti per non mettere a dura prova la vista altrui. Il paesaggio era armonioso, non c’erano rifiuti umani o materiali ed era ammesso alzare la voce solo in orario d’ufficio, tra mura ben insonorizzate. I tassi demografici e il potere di spesa crescevano. Chi non aveva un lavoro veniva spedito in un luogo chiamato Frattamaggiore, territorio gestito dal ministero di grazia e giustizia di quella Metropoli/Stato – che era poi una grande eccellenza mondiale – chiamata Napoli.
La descrizione di questa città non richiede molta immaginazione, e d’altronde l’abbiamo sognata così per secoli. Napoli è diventata proprio come la volevamo: luce tenue e gradevole – da perenne aperitivo, temperatura sui 25° d’estate, 18° d’inverno. Le strade pavimentate con i basoli d’ultima generazione, approvati anche dagli oltranzisti del piperno anti-Cristo. La pizza è prodotta dall’amministrazione comunale secondo un’unica e originale ricetta diventata patrimonio NFT di Palazzo San Giacomo (le discussioni sulla migliore pizzeria di Napoli sono ricordi condivisi tra i soli abbonati alle emeroteche). Nulla stona. Facile innamorarsi di questa città e in questa città, oggi. Eppure nessuno ricorda quanti sacrifici e quanti fiumi d’inchiostro sono stati versati per arrivare a tutta questa pacata bellezza.
Prima si iniziò cercando di smorzare i rumori.
Da più parti si chiede l’intervento del sindaco Manfredi che, fin dalla campagna elettorale, aveva messo tra le priorità il contrasto alla movida illegale. Il Popolo della Famiglia si spinge anche oltre e ipotizza l’utilizzo dell’esercito. (antonio di costanzo, repubblica napoli, 31 gennaio)
I ragazzi che sabato notte si sono affettuosamente sfidati a colpi di casco sulle gengive non sono solo l’espressione di un analfabetismo civico e culturale profondamente diffuso, anche negli strati medio-alti della popolazione giovanile. Sono, soprattutto, il fermo-immagine più eloquente del naufragio delle promesse, del deserto assoluto di un’autorità amministrativa in grado di stabilire regole certe e farle rispettare (vittorio del tufo, il mattino, 1 febbraio)
Minori brutalizzati da bande di bulli, assembramenti: la movida cittadina va rivoltata come un calzino e riportata entro margini accettabili (annapaola merone, corriere del mezzogiorno, 2 febbraio)
Saremo ossequiosi rispetto alle indicazioni dell’ordinanza sindacale, ma chiediamo anche di intervenire con decisione su alcuni temi che abbiamo sottoposto al Comune per la regolamentazione della movida e chiediamo con forza che venga istituito un assessore alla notte (anna paola merone intervista aldo maccari, fipe confcommercio, corriere del mezzogiorno, 3 febbraio)
«La nostra intenzione non è punitiva – spiega il sindaco Manfredi – ma questo è un tema clou: vogliamo tutelare la quiete» (tiziana cozzi e dario del porto, repubblica napoli, 4 febbraio)
«Per quanto mi riguarda questa ordinanza è una dichiarazione di guerra». Filippo Boccoli è il titolare di due locali della movida. Uno, il “66”, è tra i più antichi di Chiaia, aperto quando la notte a Napoli aveva un profilo molto diverso e scommettere su un tipo di intrattenimento era un azzardo. Ma lui ci ha creduto e ha raddoppiato con un secondo bar, lo “Spritz”. Nel frattempo è diventato leader dei titolari di locali della zona, quelli in regola. Basta in che senso? «Mi sono stancato di provvedimenti che consegnano all’illegalità questa e altre zone. Questa ordinanza combatte un comparto legale e prende le distanze da tutto quello che Napoli, dagli anni Sessanta in poi, ha rappresentato sul fronte della notte. Ora tutto questo viene messo in ginocchio da scelte che lasciano il campo libero a chi opera nell’opacità. I turisti contano anche sulla movida, come avviene in Spagna, per vivere Napoli. Ma da oggi noi questa risposta non saremo in grado di darla». E dunque cosa farà? «Ieri ho licenziato tre persone» (anna paola merone, corriere del mezzogiorno, 3 febbraio)
Poi si passò a togliere dalle strade quello che era di troppo. Prima i rifiuti umani.
Cosa farete per gli accampati nei giardinetti? «Di primo acchito andremo a verificare come stanno e quali problemi hanno quelle persone, lo faremo oggi stesso. Poi cercheremo di indirizzarli verso dormitori o luoghi sicuri dove potranno essere accolti». Riuscite ad aiutare tutti? «Ci proviamo. Abbiamo in mente nuovi progetti». Ad esempio? «Vorremmo superare l’idea del dormitorio e passare a un progetto di vita condivisa, sistemando cinque, sei persone, in appartamenti nei quali ricostruire le loro vite». Non c’è pericolo di tensioni? «Lei pensa che cinque papà che dormono in macchina farebbero a botte se riuscissero ad avere un tetto sulla testa, anche se condiviso fra loro? Io credo proprio di no» (paolo barbuto intervista l’assessore comunale luca trapanese, il mattino, 31 gennaio)
Da ufficio per i turisti a bivacco di clochard. […] L’abbandono e il degrado che soffocano chi scommette sul rilancio. Questa è la parabola di uno dei locali del colonnato del Plebiscito. […] Le cose, però, non sono andate come previsto, e oggi la porta dell’ufficio è di nuovo tristemente chiusa, circondata da scritte orribili e immondizia a ogni ora. Nel 2019 sportello pulito e accogliente oggi è presidiato da clochard e disperati (gennaro di biase da piazza del plebiscito, il mattino, 2 febbraio)
Poi toccò al degrado materiale. Il panorama era uguale, ovunque.
La strada si snoda per meno di un chilometro – 750 metri – e basta un quarto d’ora per percorrerla a piedi, dall’inizio alla fine. Sui due lati di via don Luigi Guanella c’è l’omonimo rione, con i suoi casermoni di edilizia popolare all’ombra dei quali due giorni fa è ripresa la mattanza di camorra, più spietata che mai: due morti ammazzati in un raid commesso all’interno di un parco privato. Passo dopo passo la prima sensazione è di angoscia, anche perché il cavalcavia sovrastante dell’asse perimetrale che porta a Melito è un nastro di cemento minaccioso e asfissiante che toglie anche luce e aria alle case. Compresso, quasi schiacciato tra i quartieri di Miano, Piscinola e Scampia, il Don Guanella è il nulla trasformato in realtà di case-dormitorio frutto di scelte edilizie miopi e scellerate (giuseppe crimaldi dal rione don guanella, il mattino, 2 febbraio)
Una lingua d’asfalto che accarezza due ali di vicoli cadenti. Come tante ce ne sono negli angoli degradati della città (carla cataldo da ercolano, il mattino, 2 febbraio)
Non ci sono servizi, il verde viene negato, i parchi sono sporchi e inutilizzati, i bambini sono in fuga dalla scuola e il campo rom ha il volto di un “ghetto immobile” (valerio esca da scampia, il mattino, 31 gennaio)
Poi si passò a eliminare gli oziosi, i mangiamaccheroni e chi era in carcere. Sparirono tutti in una notte, che alcuni anziani in città ricordano ancora: una serata tremenda, con le sirene assordanti che facevano piangere i bambini, le famiglie nascoste in casa e un enorme incendio appiccato a Tufino, visibile anche da Napoli, che durò una settimana.
Lo slang utilizzato «ti auguro una presta libertà» è stato un boomerang nel mondo della rete. Sì perché è quello utilizzato dai cantanti neomelodici che augurano ai detenuti di lasciare presto il carcere. O dagli stessi familiari dei carcerati. Chi è Checco, il destinatario di quel messaggio, citato da Insigne nel video? Una persona che il giocatore neanche conosce, ma basta andare su TikTok per capire di che cosa stiamo parlando: un mondo social dove spesso si inneggia alla camorra e i protagonisti dei video usano la frase «presta libertà» per giustificare e solidarizzare con i carcerati. Insigne questo lo sa? (monica scozzafava, corriere del mezzogiorno, 4 febbraio)
Lorenzo e gli altri: “Bene il Reddito ma ci piace anche lavorare”. «Sono orgoglioso, non vedo l’ora di iniziare. Mi sembra giusto dare un senso ai soldi che percepiamo dallo Stato. Così mi sento più umano». Lorenzo Crispino, 59 anni, da Chiaiano, è uno dei beneficiari del reddito di cittadinanza, presente mercoledì alla presentazione col sindaco Manfredi. In 350 lavoreranno per il Comune, al fianco dei giardinieri nella cura del verde, da otto a sedici ore a settimana, pagati col sussidio che già incassano (alessio gemma, repubblica napoli, 4 febbraio)
Quei tempi bui erano lontani. La città rifioriva: trasporti pubblici oltre ogni aspettativa, fauna guizzante, morti che recuperavano le forze.
Intanto, come raccontato dal Corriere del Mezzogiorno, il Comune ha buone chance di vedersi finanziare una nuova tratta della metropolitana, cioè la Linea 10 che collega Napoli alla Tav di Afragola (paolo cuozzo, corriere del mezzogiorno, 2 febbraio)
Il tonno rosso è una febbre che eccita la moderna cucina internazionale (antonio corbo, repubblica napoli, 3 febbraio)
Un’altra paziente data per morta, ma che invece è viva e sempre nel Covid Hospital di Maddaloni. […] Ai parenti della donna ricoverata è stato notificato il decesso, ma dopo circa mezz’ora i sanitari, accortisi della svista, li hanno ricontattati per scusarsi e rettificare. Una settimana fa, ancora nell’ospedale di Maddaloni, era stata data per deceduta la cinquantaduenne Agnese Grimaldi, e i familiari avevano anche organizzato i funerali. Poi dopo qualche ora era arrivato il “contrordine” con le scuse dell’Asl. (corriere del mezzogiorno, 1 febbraio)
“Eppure qualcosa – si diceva Antonio nel buio della sua camera, guardando una vecchia figurina di Salvatore Matrecano –, qualcosa io lo so che sta per succedere…”.
In una delle città simbolo della speculazione edilizia napoletana tutta case e palazzoni può anche capitare che i fondi del Pnrr inneschino un assalto dei senzatetto. È successo al comune di Casalnuovo, lunedì sera. Il sindaco ha dovuto barricarsi mentre alcuni senzatetto tentavano di sfondare la porta del suo ufficio. Scene forti, si è temuto il peggio quando un consigliere comunale e un manifestante sono entrati in contatto (pino neri, il mattino, 3 febbraio)
a cura di davide schiavon