È on-line, ascoltabile cliccando su questo link, l’audio documentario Storie di magliari, di Marcello Anselmo e Pietro Marcello, pubblicato in cinque puntate sul sito di Rai Radio3.
Le biografie dei magliari napoletani raccolte in questo documentario e nel libro omonimo, sono la materia viva di una storia sommersa, un caleidoscopio attraverso cui guardare a una pratica informale divenuta mestiere, ancora oggi diffuso e praticato. Un’attività che non è solo commercio né imbroglio ma una sorta di avventura con le sue regole d’ingaggio. Una carriera che, pur contraddittoriamente, continua a offrire un’alternativa al mero malaffare a molti giovani del proletariato marginale napoletano.
Il magliaro è un venditore ambulante che propone l’acquisto di abiti o tessuti (ma anche di altre merci) presentandolo come un affare vantaggioso, spesso alludendo, anche falsamente, a una provenienza illecita della merce che ne giustificherebbe il basso prezzo e la pretesa alta qualità. Nel senso comune la parola è sinonimo di truffatore e imbroglione. Storie di magliari vuole ribaltare la prospettiva proponendo una mappa per addentrarsi nella storia non solo di un mestiere, ma anche di un modo di costruirsi opportunità di ascesa sociale attraverso un’originale percorso di migrazione permanente.
Storie di magliari racconta non solo un modo di commerciare, ma piuttosto una forma di accesso allo stile di vita imposto dagli standard della società dei consumi. Certo, si tratta di una modalità contraddittoria che spinge gli stessi magliari a descrivere la propria attività come “un mestiere che mestiere non è”. Non un lavoro ma, piuttosto, un modo di interpretare il mondo.
La vicenda storica dei magliari è rinchiusa in un talento inconfessabile: la capacità di indossare continuamente una maschera diversa. Fingersi soldati statunitensi, conoscenti, lontani parenti, compagni di scuola o di lavoro, commercianti di ritorno da luoghi esotici, camionisti in transito, uomini d’affari, commessi viaggiatori deputati a consegnare merce ordinata da persone tempestivamente decedute: erano tutti stratagemmi recitativi adottati per trasformare un acquisto inutile in un’occasione da non perdere per soddisfare un bisogno fino a quel momento neanche immaginato. Erano, però, ben consapevoli di smerciare merce di bassa qualità. Erano persuasori, decisamente non occulti, il cui obiettivo era guadagnare, nel più breve tempo possibile, quel denaro che permettesse loro di vivere una quotidianità il più lontana possibile da quella in cui vedevano costretti gli operai emigranti del loro tempo. Non erano dipendenti ma neanche padroni. Erano degli avventurieri del consumo di massa.
La persuasione, fin troppo manifesta, che esercitavano nel mestiere, non era un imbroglio andato a buon fine. Al contrario, era la convinzione di aver donato ai clienti delle soddisfazioni che – per quanto fugaci – sarebbero state in grado di rispondere a desideri altrimenti irraggiungibili. La storia dei magliari, quindi, è anche la storia della “grande trasformazione” sociale ed economica che, nel secondo dopoguerra, ha visto l’affermazione della società dei consumi di massa e il primato del simbolismo delle merci nelle relazioni sociali della società contemporanea. Infine, al di là di tutto, le storie dei magliari raccolte in dieci anni di ricerca e viaggi, sono un omaggio allo spirito di avventura e alla sorprendente volontà di reazione al fatalismo che continua ad attanagliare donne e uomini nati, per sorte, nelle contrade meridionali. (-ma)