Il “bip” del telefono risuona nella silenziosa notte estiva. Ancor prima di aprire gli occhi ho già capito di che cosa si tratta: l’annunciato sgombero di XM24 è in corso. Sono le 5.38 di martedì 6 agosto. Ancora sdraiata chiamo Sabrina, che vive al piano di sopra. Mi risponde assonnata ma non sorpresa. «Stanno sgomberando XM. Partiamo?». Nello zaino metto un coperchio d’alluminio, un cucchiaio, un paio di guanti da lavoro, dell’acqua fresca, il cappellino e la bandiera rosso-nera. Lascio da parte il Maalox e cerco la parrucca bionda di Marianna, perché questo sarà anche uno sgombero creativo: c’è bisogno di un po’ di ironia per rendere la giornata più irriverente.
Quindici chilometri ci separano dalla città e solo la luce rincuorante dell’alba, con il fresco del mattino, riescono ad alleggerire la pesantezza che ci accompagna. Parcheggiamo la macchina davanti al bar Ciccio e proseguiamo in bici. La strada che collega Porta San Mamolo a via Fioravanti è dritta e in discesa. La città è ancora più vuota di quanto m’immaginavo e le poche persone che incontriamo non sanno quello che sta avvenendo a pochi chilometri da loro. L’urgenza di arrivare ci accompagna fino a quando incontriamo il primo plotone, allineato davanti al centro Katia Bertasi, da anni compagno di banco di XM24. Da lì non si passa e svoltiamo a destra, arrivando alla rotonda e al prato che costeggiano il centro sociale. Anche lì la polizia è già presente in forze e in tenuta antisommossa. Schierati contro la rete che divide XM24 dal prato su cui si è formato un folto capannello di gente, i poliziotti creano un ulteriore muro di divisione tra noi e quelli che hanno deciso di resistere da dentro e dal tetto del centro sociale.
Attorno a noi ci sono già diverse decine di persone: facce assonnate, indurite, tristi e arrabbiate. Corpi immobilizzati e increduli ma anche corpi scatenati che esprimono il loro dissenso attraverso la voce rauca del megafono, sventolando bandiere, battendo il tempo sui tamburi, picchiando ritmicamente le pentole, inneggiando cori di rivolta e resistenza. Da dove mi trovo non è facile capire cosa stia succedendo dentro perché sia gli alberi che la polizia diminuiscono la visibilità. Con l’arrivo del primo sole, però, il rumore prepotente della ruspa che avanza risuona nella sua nudità, rendendo il tutto più comprensibile: stanno abbattendo i muri di XM24. Come davanti a un film di cui non si capisce bene la trama, assistiamo increduli e spaesati a ciò che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi. Nessuno avrebbe mai immaginato che un’amministrazione di centro-sinistra avrebbe usato le ruspe, simbolo nazionale dell’arroganza salviniana, per sgomberare un centro sociale. E invece sono loro le protagoniste principali di questo film, diventando così il simbolo dello sgombero di XM24 ma anche della giunta Pd di Virginio Merola. Le “democratiche ruspe” – così definite da Matteo Salvini su Twitter la mattina stessa dello sgombero – sono la rappresentazione di quel “nulla che avanza” denunciato da XM24, manifestazione di una politica che ai bisogni sociali e alla conflittualità della politica non istituzionale risponde con la formalità della legge, la brutalità delle forze dell’ordine, gli sgomberi e i provvedimenti giudiziari.
Nonostante con il trascorrere delle ore il caldo si faccia sempre più opprimente, la resistenza dentro e fuori XM24 procede a suon di cori, musica, danze, fumogeni, botti, fuochi d’artificio e improvvisazioni. Le dodici persone sul tetto non demordono, così come le altre che da ore sono arrampicate sui trabattelli, sul trapezio o distese nella piscina travestite da sirenette. Grazie anche a questa lunga resistenza passivo-creativa, verso le 15:30 viene proposto un tavolo di trattativa tra il Comune, la questura e una delegazione di XM24: un nuovo colpo di scena verso cui si nutrono ben poche speranze. Le tre ore che seguono sono cariche di dubbi e di perplessità: ci si interroga sull’esito possibile della trattativa e sulle conseguenze che questa potrebbe avere sullo sgombero stesso. Nel frattempo i ragazzi e le ragazze sul tetto comunicano che non scenderanno fino a che non verrà assegnata una nuova sede a XM24.
Attorno alle 19:00 la delegazione ritorna dall’incontro. Microfono alla mano, si annuncia che l’assessore Lepore, riconoscendo “l’importanza della progettualità politica sociale e culturale” di XM24, si impegna “a trovare una nuova sede adeguata in cui far ripartire le attività dello spazio, quanto prima e non oltre il 15 novembre 2019, a partire dalla valutazione degli immobili già proposti da XM24 il 1 agosto 2019” (luoghi idonei a ospitare le tante attività del centro sociale e tutti ubicati in Bolognina). Un finale a sorpresa che porta con sé molti dubbi ma anche una sensazione di parziale vittoria.
Le quattro aree identificate sono una ex fabbrica in via Bignardi, in disuso dagli anni Duemila e di proprietà privata; l’ex deposito Tper, di proprietà della Città Metropolitana di Bologna; le ex scuderie dell’Ippodromo, di proprietà del comune ma gestite da HippoGroup Cesenate spa; l’ex caserma Sani, complesso militare dismesso, di proprietà del demanio, e su cui nel 2017 la CDP Investimenti Sgr ha bandito un concorso di progettazione finalizzato a ospitare sia spazi pubblici che funzioni private, prevalentemente residenziali (progetto attualmente vinto dallo studio Dogma di Bruxelles). Come si legge dal comunicato diffuso da XM24 a poche ore dalla fine della trattativa, “sulla base di questo impegno – il miglior risultato che si potesse ottenere, un vero scacco alla doppia ruspa del Pd e della Lega – i e le compagn* che erano sul tetto di via Fioravanti 24 sono sces*, abbracciate dalle migliaia di persone accorse in un favoloso, fantasioso, accaldato presidio solidale”.
Tramontato il sole, il presidio nel parco prosegue per diverse ore. La musica non riesce a coprire del tutto il rumore delle ruspe che, metro dopo metro, distruggono ciò che incontrano. Resta lì, invece, la determinazione di chi prova a rivendicare il diritto alla città e a esprimerne visioni alternative a quelle del marketing, della gentrificazione, della valorizzazione economica incontrollata. Arrivata la notte, con la musica techno di sottofondo che ritma i miei passi ormai stanchi, carico la bici sul furgone e mi dirigo verso casa con la consapevolezza che le idee non si sgomberano e le lotte non si fermano con una ruspa. (ritamarzio)