“Mille uomini in più, quattrocento per forza”, fu l’annuncio riportato da tutti i media durante la prima riunione di Napoli del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza svoltasi nel 2006 e presieduta dall’allora ministro dell’interno Giuliano Amato. Era il governo Prodi bis, Guido Bertolaso era commissario straordinario per l’emergenza rifuti in Campania e a Napoli esplose la seconda faida di Scampia. Le emergenze si chiamavano camorra e rifiuti, dei migranti nessuna traccia. Amato promise un rafforzamento del comparto, ma anche nuovi mezzi e la videosorveglianza.
Da allora è stato un susseguirsi di spot: diversi colori, stessa sostanza. “Manderemo tutti quelli che serviranno, parleremo con i nostri uomini man mano che vanno avanti le azioni di contrasto e se serve un ulteriore rafforzamento provvederemo”, diceva Angelino Alfano nel 2016 quando con l’operazione Alto impatto riempì le strade di militari che non sono serviti a nulla, poiché nulla potevano fare. Anche per Minniti l’annuncio era identico ai suoi predecessori: più forze dell’ordine sul territorio, più telecamere di sicurezza, lotta alla dispersione scolastica. Promesse di nuovi uomini sul territorio nella lotta alla criminalità organizzata mai mantenute. Negli anni anche la sicurezza è stato un bluff, un trucco contabile per arginare la reale assenza di personale. In pratica i famosi “uomini in più” venivano prelevati dai reparti speciali, il più delle volte di Napoli, che non sono conteggiati nei numeri della Questura bluffando sull’arrivo delle forze dell’ordine. Sulla carta risultavano rinforzi, nella realtà erano sempre gli stessi.
Un paradosso per chi negli anni ha fondato ogni risoluzione delle difficoltà legate a camorra e rifiuti esclusivamente sulla repressione senza mai ottenere risultati soddisfacenti e senza mai intravedere nell’investimento sul welfare un’ulteriore ipotesi di riscatto. Non è da meno Salvini, che dalla Prefettura di Napoli nel suo giorno da rock star ci mette al corrente dei nuovi centocinquanta agenti che percorreranno le nostre strade, delle nuove telecamere di videosorveglianza e delle misure di contrasto per la dispersione scolastica. Sui centocinquanta poliziotti municipali che il comune di Napoli sta reclamando da anni e che per assumere basterebbe superare la norma del divieto di assunzione dei comuni in dissesto, tutto tace.
“I camorristi fanno schifo”, ha detto oggi Salvini tra gli scatti e gli applausi durante la sua passeggiata al Vasto, poco distante da piazza Garibaldi, che oggi a Napoli è il simbolo dell’onda razzista. Una polveriera più che un quartiere, da sempre in mano ai clan, Contini, Mazzarella, Giugliano, che con le loro attività illecite assumono gli immigrati in subappalto. Quartiere in cui c’è stato un evidente investimento elettorale con la sostituzione delle sedi del centrodestra con quelle di “Noi con Salvini”. Chissà se la task force che entrerà in campo per smantellare la camorra al Vasto individuerà anche gli autori del ferimento ai danni di Cissè Elhadji Diebel, il senegalese con permesso di soggiorno regolare, a Napoli da sette anni, aggredito a pistolettate lo scorso agosto.
Dall’altro lato della città mentre il ministro faceva finta di sbalordirsi per i consensi raccolti al Vasto, gli attivisti dei centri sociali confluivano poco distante la sede della Prefettura per protestare contro le politiche xenofobe del nuovo governo. “Tout le monde detesta Salvinì”, “Assassino”, gridava il Movimento migranti rifugiati di Napoli, tra di loro c’era il giovane Moussa Sissoko: “Il decreto Salvini – dichiarava – è fatto per favorire la mafia in Italia, con l’abolizione del permesso umanitario si creeranno tanti ghetti nelle città e solo altri clandestini. Il sessanta per cento dei fratelli in questo paese usufruisce del permesso umanitario”.
L’obiettivo di Salvini è zero richiedenti asilo al Vasto, lo ribadisce anche al parroco del quartiere, che ha incontrato in mattinata. Come se ci fosse il bisogno di confermarlo dopo il decreto da ieri al vaglio del Quirinale e per cui si annuncia battaglia alla Camera, una bomba di incostituzionalità con alcune disposizioni particolarmente allarmanti: revoca della cittadinanza e dello stato di rifugiato ai richiedenti asilo, abolizione del permesso umanitario, abolizione del diritto al patrocinio, raddoppio della detenzione nei Centri per il rimpatrio, più Daspo urbano, tra le misure peggiori. Così mentre l’altra città continua a sbeffeggiare la Lega lanciando monetine in direzione della Prefettura e urlando “mariuolo”, con chiaro riferimento ai quarantanove milioni di euro che la Lega deve restituire allo stato, arriviamo a fine serata con ulteriori consapevolezze, che la lotta ai poveri acquista più ampi consensi e che il deputato della Lega Cantalamessa è stato aggredito con un manifesto di carta. Sì, di carta. (veronica bencivenga)