Non ho mai ascoltato Michele Campanella in concerto. Si tratta di un pianista tra i più attivi in Italia e nel mondo. Un musicista molto addentro alle logiche degli eventi, della cultura, della musica, dell’arte. Per il secondo anno consecutivo porta a Napoli un festival, Spinacorona – passeggiate musicali napoletane, dal 20 al 23 settembre. Un festival completamente gratuito, definito “vivace e itinerante” dagli organizzatori: si articola infatti tra tredici luoghi “insoliti” con ventidue concerti pronti a ritmare le quattro giornate, grazie al coinvolgimento di oltre centotrenta musicisti.
Giovedì 20 settembre. Apprendo dal mondo dei social di polemiche rispetto all’insediamento della “nuova” Napoli in musica. L’aria che si respira in fila, per accedere alla “vecchia”, non è tanto diversa. Una lunga striscia umana resta infatti incolonnata tra l’ingresso del Mercadante e quel marciapiede ridotto a corridoio che porta verso via Marina. A lato corrono le impalcature per i lavori di adeguamento del manto stradale, verso la vita nuova imposta dalla stazione Municipio della metropolitana. L’ingresso è previsto a partire da trenta minuti prima dell’inizio del concerto. Molti si sono portati così sul luogo in anticipo, per godere del posto in platea. Alla sola vista di quell’attesa, il malcontento si palesava però sulle labbra del sapientino di turno, assertore di una libertà (ma vigilata) quando si tratta di cultura, perché «gratis è davvero troppo». Sarebbe bastato, a suo avviso, applicare un filtro con l’ingresso a cinque euro per una risposta meno partecipata da parte della società civile. Eppure le attività di ristorazione conoscono quel genere di file tutti i giorni, e alla fine siamo entrati tutti, anzi terzo e quarto ordine dei palchi erano quasi vuoti.
Il Mercadante risulta accogliente, ci trovo perfino l’aria condizionata, mentre il cicaleccio domina la scena tra incontri inaspettati e appuntamenti sotto la luce del palcoscenico. Relativamente bassa la presenza di giovani, per lo più addetti ai lavori. Sempre presente lo zoccolo duro degli over sessanta, motore immobile della musica colta. Nel mezzo tutti gli altri che si dilettano di musica nel tempo libero, specie in sede di concerto. Quando la voce registrata mette in preallarme il pubblico dell’incipiente inizio, solo in pochi spengono i cellulari.
L‘orchestra sale sul palco, il gruppo si mostra decisamente eterogeneo, a suo agio. Attende l’arrivo del direttore, nonché solista, Michele Campanella, intonandosi dapprima sul la del pianoforte, poi sul costante riferimento dell’oboe. Scaldati i motori, Campanella sale in cattedra come direttore: si muove con agilità, adeguandosi a una gestualità d’impatto ma equilibrata, in pura simbiosi con la sua interpretazione delle pagine beethoveniane. Nel momento della verità, inizia a concertare con l’orchestra, un “combattimento” fatto di riprese, temi, variazioni, elaborazioni e virtuosismi, sempre nella misurata articolazione della frase musicale che, lontana da qualsiasi patetismo, risulta chiara nella sua struttura cristallina. Anche il pubblico vuole la sua parte: lo mostra bene quella signora che, tronfia della sua noncuranza, non è in grado di disattivare la suoneria del suo iPhone. Il Concerto n. 1 in do maggiore per pianoforte e orchestra di Beethoven, rendiconta dei primi rapporti del compositore con la Vienna capitale d’impero, mentre il Concerto n.3 in do minore prefigura l’attenta costruzione compositiva del musicista di Bonn. L’esecuzione è un flusso tra tempi mossi (i dispari) e lenti (i pari), secondo una struttura tripartita di marca hegeliana, laddove la sintesi anticipa gli applausi. Il concerto resta vivace, partecipato con relativa attenzione dal pubblico. Al suo termine, pur invocando il bis, la platea si accontenta della promessa di Campanella: l’esecuzione dei concerti n.2 e n.4 di Beethoven per l’inaugurazione di Spinacorona, edizione terza, nel 2019. (antonio mastrogiacomo)
Leave a Reply