Quello che sta succedendo in giro per certa musica che si fonda sulla tradizione della beat music come techno e hiphop, è un po’ come la rivoluzione che si è avuta con il freejazz afroamericano ed europeo degli anni Sessanta-Settanta. All’epoca i contesti musicali erano permeati da quello che stava succedendo nelle strade, nelle fabbriche, nelle università. Oggi lo scenario non è lo stesso, qui ci si muove davvero sulle macerie, però la necessità di rompere certi schemi è la stessa; non è da meno quello che ascoltiamo nelle produzioni e nei live del nostrano dj EKS, nelle derive free noise di Rico dei Uochi Toki, o il free rap di Moor Mother oppure il giro di musicisti che orbitano intorno all’etichetta francese Third Type Tapes come Somaticae che insieme a Claire Gapenne formano il duo Jazzaux, che citano tra le loro influenze la techno Detroit come l’Art Ensemble of Chicago o i Ramones.
Louis Laurain fa parte, insieme a Pierce Warnecke, del duo TDTNDG, uscito da poco proprio per la Third Type Tapes. Ho ascoltato tantissimo la loro cassettina (è di questo che si parla non dei centomila dischi venduti dall’ennesimo figlio di un talent show qualsiasi) e cercato i loro live in rete per capire quello che facevano: non hanno limiti nelle idee e nel modo di intendere gli strumenti e il suono.
Quando ho scoperto che il trombettista che accompagnava Pierre Bastien a Napoli all’Auditorium Novecento era proprio lui ho avuto un doppio motivo per vedere quel concerto e con il mio amico Ciro gli abbiamo fatto anche qualche domanda.
Come hai iniziato a fare musica e come sei passato alla musica sperimentale?
«Ho iniziato a suonare la tromba molto presto, intorno ai sette-otto anni, con un insegnante nel paese in cui sono cresciuto, sulle Alpi francesi. Mio padre fa l’antiquario ed è un grande appassionato di musica, aveva una collezione di vinili, cassette e cd: erano l’unica cosa che non vendeva mai… Aveva gusti molto eclettici: jazz, pop, musica caraibica, raï, blues old school, cumbia. C’era molta musica a casa. Avevamo una casa grande e i miei genitori organizzavano concerti, spettacoli teatrali per i loro amici… Quando avevo dodici anni si è trasferito nel quartiere un ragazzo americano. Si chiamava Pierce Warnecke, suonava la chitarra. Abbiamo iniziato a frequentarci, era il più figo in circolazione, mi ha fatto ascoltare un po’ di roba californiana. A quattordici anni abbiamo fondato una band ska, The skawalkers. Abbiamo fatto qualche concerto a livello locale. Non era il massimo della musica, credo, ma è stato bello iniziare in quel modo. Crescendo, ho sempre continuato a suonare con Pierce in diversi gruppi, prog rock, jazz-rock, gruppi teatrali del liceo, poi musica sperimentale… All’epoca non studiavo il mio strumento, la pratica musicale era legata alle feste e agli amici, non era un’attività solitaria ma di gruppo. Inventavamo musica insieme, ci frequentavamo, facevamo festa. A diciannove anni ero a Lione e studiavo legge. Decisi di smettere e di studiare davvero la tromba per guadagnarmi da vivere. Andai al conservatorio (scoprii il solfeggio, l’armonia, tutta questa roba, di cui avevo a malapena sentito parlare). I primi ragazzi che incontrai a Lione erano appassionati di cose strane, improvvisavano; li ho frequentati, siamo andati ai concerti insieme, ho suonato con loro. Ho fatto grandi amicizie e ho suonato in molte band, iniziando a fare tournée in Europa e in Africa. Poiché la maggior parte delle lezioni di jazz erano noiose (tranne quella del mio insegnante di Lione, Pierre Lafrenaye), ho iniziato a frequentare ragazzi che si occupavano di musica improvvisata e sperimentale, in continuità con tutta la musica che ascoltavo e praticavo, avvicinandomi sempre di più all’astrazione, al suono. Ma nello stesso periodo suonavo anche la sezione fiati in gruppi afrobeat, big band jazz, gruppi pop, e mi piaceva molto, guadagnavo anche un po’ di soldi. Mi sono trasferito a Parigi nel 2006. Ero già appassionato di musica strana. È qui che ho scoperto la musica elettroacustica. Ricordo il primo concerto che ho visto agli Instants Chavirés con Xavier Charles, Jean-Philippe Gross, Jerome Noetinger… fu un’esplosione. Ricordo anche un grande assolo di Arnaud Rivière. Nello stesso periodo, Pierce viveva a Berlino, ci andavo spesso. Avevamo un duo, High-fi Lo-Noise. Ho iniziato a suonare con molti ragazzi berlinesi della scena musicale improv/echtzeit. Ho visto musica pazzesca lì. Ricordo un assolo di Kevin Drumm a Berghaïn, era qualcosa… Ho ancora una band lì, Die Hochstapler. A quel tempo suonavo in gruppi molto diversi tra loro, sempre con ottimi musicisti e in un ambiente amichevole (musica contemporanea, big band jazz, gruppi di fusion west-africana). Sono sempre fuggito dagli ego/famosi che cercano la fama invece della musica. Ancora oggi, questa è la mia bussola. Ho anche iniziato a organizzare cose quando sono arrivato a Parigi, da piccole feste con band da ballo a eventi di musica sperimentale piuttosto grandi. Lo faccio ancora. Stiamo organizzando un festival con Pierce nel sud della Francia, chiamato Le Signal».
Qual è il tuo approccio e le tue modifiche alla tromba?
«La tromba è uno strumento molto facile da modificare. Tutto esce dalla campana (questa è la cassa). Poi si può inserire qualcosa per modificare il suono. La chiamiamo sordina, ce ne sono tonnellate e si possono acquistare nei normali negozi di musica. Esiste una lunga tradizione di ricerca sonora su questo strumento. Se si guarda ai trombettisti e ai tromboni dell’epoca dello swing negli Stati Uniti, mi riferisco agli anni Venti-Trenta, alcuni di loro oltre a cercare un suono molto riconoscibile e personale sullo strumento, inventavano sordine speciali (sturalavandini, pezzi di metallo rotti per farli vibrare) combinate con tecniche per imitare il ruggito del leone o la voce umana. Si pensi a Bubber Miley e Tricky Sam Nanton. Sono gli inventori dello “stile giungla”, suonavano nell’orchestra di Duke Ellington. Hanno creato una tendenza, poi molti altri musicisti hanno iniziato a cercare approcci sonori molto personali e originali. Pierre Bastien fa praticamente lo stesso nel nostro duo, inventa sordine per tromba piuttosto sofisticate. Per quanto riguarda il mio approccio, sia quando suono da solo, sia in duo con Pierre Bastien o con la tromba amplificata di Pierce, penso allo strumento come a un mixer/controller. Ha un ingresso: l’imboccatura dove si soffia l’aria, ma si può anche sostituire con un altoparlante o un compressore d’aria (è quello che faccio con Pierce in TDTDNDG); e ha delle uscite, di solito una sola (la campana), ma se rimuovo alcune sezioni dei miei strumenti (le chiamiamo slide), posso avere più uscite. Quindi, quando premo sulle valvole, invece di cambiare l’intonazione (che è ciò che si fa quando si suona normalmente lo strumento) cambio la direzione dell’aria, qualunque cosa abbia deciso di inserire nell’ingresso. Poi inserisco nei tubi alcuni oggetti che producono suoni: possono essere fischietti, richiami di uccelli o kazoo quando suono in acustico, oppure microfoni quando suono ad alto volume. Il suono esce da ogni parte della tromba, non solo da davanti. Lo combino con sordine e piccole percussioni. Poi faccio musica con queste estensioni, che sono anche limitazioni».
Come hai conosciuto Pierre?
«L’ho conosciuto nel 2020 in una festa post Covid di musica DIY sperimentale in Francia, che cambia nome ogni anno, ma quella volta si chiamava BreIfest. Conoscevo un po’ la sua musica. Suonavamo la stessa sera. Mi è piaciuto molto il suo set. Poi l’ho invitato a suonare a Le Signal (il festival che gestiamo con Pierce). Mi ha invitato a suonare da solo per la sua Carte Blanche al Café Oto (Londra). Abbiamo avuto modo di parlare e di frequentarci di più. Poi c’è stata l’opportunità di fare qualcosa insieme per un festival a Ginevra nell’aprile 2023, il festival Archipel. Quello che avete appena ascoltato a Napoli è stato il nostro terzo concerto. Continueremo a lavorare, sicuramente. Mi diverto molto a suonare e a fare tournée con lui. È una mente acuta, un musicista brillante e un bellissimo essere umano. A febbraio faremo un tour e registreremo in Inghilterra. Poi spero che avremo altro materiale. Ho sempre avuto gruppi di lunga durata, ho bisogno di suonare molti concerti per far funzionare bene le cose».
Dicci qualcosa sui tuoi altri progetti.
«Faccio molti concerti da solista. Ho appena pubblicato un disco solo di cornetta che combina ritmo ripetitivo, sordine fai-da-te, piccole percussioni e richiami di uccelli infilati nelle canne. L’idea di questo disco è di presentare la musica e l’ambiente sonoro sullo stesso piano e di mappare i diversi spazi acustici di una montagna. Il disco si chiama Le Bargy, il nome della montagna.
«Mi piace suonare con Pierce Warnecke nei TDTNDG. È una musica piuttosto rumorosa. Abbiamo pubblicato un po’ di tempo fa e stiamo per registrare un nuovo disco a gennaio. È un gruppo molto divertente, anche per il sistema che abbiamo inventato. Condividiamo letteralmente uno strumento, una specie di strana tromba modificata. Ci sono molte incomprensioni ma anche molte grandi sorprese.
«I Die Hochstapler sono il mio gruppo “principale”. Nel senso che suono e mi esercito con loro da dodici anni. Hanno davvero formato il mio pensiero musicale. Siamo in quattro, inventiamo molta musica insieme. Molti dicono che suona come del jazz, o free jazz. Al giorno d’oggi è una brutta parola, e i posti in cui si suona questa musica non sono granché. Comunque sia, è solo musica. Stiamo facendo cose divertenti. Siamo stati dieci giorni in tournée negli Stati Uniti, poi abbiamo avuto una settimana a Donauschingen (grande festival di musica contemporanea in Germania). Abbiamo invitato Mat Pogo [Jealousy Party] e Cristina Vetrone [Assurd] a lavorare con noi, sono persone fantastiche. Potete ascoltare il nostro live alla radio tedesca qui.
«Infine suono nei Lumpeks, una band franco-polacca. Suoniamo principalmente musica tradizionale da ballo per il centro della Polonia con Olga Koziel, cantante e percussionista tradizionale. È una band molto valida. Mi piace molto quando suoniamo alle feste da ballo in Polonia». (funiculì funiculà)