Giovedì 6 luglio si è tenuta nel foyer dell’auditorium della Porta del parco di Bagnoli una conferenza stampa organizzata dall’Osservatorio popolare sulla bonifica e da altre realtà del territorio. Obiettivo dell’iniziativa era fare chiarezza sulle notizie che sono state diffuse nelle ultime settimane riguardo l’andamento del processo di bonifica, e collocare i nuovi ritardi e rinvii in un contesto sempre più complesso, come quella che si trova a vivere in questa fase l’intera periferia ovest.
Lo scorso 19 giugno, infatti, con una nota indirizzata al sindaco di Napoli nonché commissario straordinario per Bagnoli, Gaetano Manfredi, l’amministratore di Invitalia, Mattarella, ha comunicato la necessità di ulteriori 232 milioni di euro, a integrazione dei 116 già stanziati con l’ultimo bando (per un totale di 348). All’origine della richiesta ci sarebbe l’individuazione di nuove zone contaminate, non considerate “in fase di prima stesura della previsione di spesa, in quanto esse in precedenza erano già state oggetto di bonifica”. In sostanza, la percentuale di aree bonificate negli ultimi trent’anni – 45%, secondo una commissione parlamentare di inchiesta, per un costo stimato dalla Corte dei Conti di circa 900 milioni di euro – viene rimessa in discussione da Invitalia con una nota privata indirizzata al commissario, in attesa degli esiti della estenuante vicenda processuale per disastro ambientale e mancata bonifica (i vertici di BagnoliFutura, alcuni dirigenti del comune di Napoli, dell’Arpac e del ministero dell’ambiente erano stati condannati in primo grado e assolti in appello, ma a maggio 2023 la Cassazione ha annullato l’assoluzione, con rinvio a un nuovo giudizio davanti a un’altra sezione della Corte d’Appello). I costi messi in bilancio da Invitalia sarebbero inoltre aumentati a causa della “scoperta” di nuovi contaminanti come il policlorobifenile.
Come se stessimo parlando di rinunciare al caviale e virare sul salmone, per un improvviso aumento dei costi nella spesa per il cenone di Capodanno, però, Invitalia non si perde d’animo, e spiega a Manfredi anche dove potrà trovare i soldi che mancano. La soluzione sarebbe il dirottamento di tutte le risorse disponibili al momento – comprese quelle stanziate per altri tipi di interventi, in particolare quelli previsti per le bonifiche a mare e per la rimozione della colmata – sulle operazioni di bonifica. Per coprire il buco, e per procedere poi col piano di rigenerazione urbana, basterà, secondo Invitalia, riprogrammare in un secondo momento le assegnazioni di fondi “a valere sul Piano di sviluppo e di coesione 2021-27”.
Da quest’ultima vicenda emerge in maniera inclemente la continuità, in termini di opacità di gestione, tra i soggetti incaricati della bonifica in questi trent’anni, ieri ministero e BagnoliFutura, oggi Invitalia. Soggetti che sembrano procedere a tentoni, continuando a disperdere in un pozzo senza fondo centinaia di milioni di euro senza dover mai realmente rendere conto del proprio operato, se non in tribunale, quando ormai è troppo tardi per tornare indietro. In questo senso, anche gli esigui spiragli di attivare sul territorio un processo di coinvolgimento della cittadinanza, attraverso il riconoscimento ufficiale dell’Osservatorio popolare e di altre realtà come referenti della popolazione locale, sembrano solo un ricordo (di tutto questo abbiamo già scritto, per cui le modalità con cui Invitalia e commissario hanno scelto di affrontare quest’ultima vicenda, tra carteggi privati e dichiarazioni a mezzo stampa, possono essere considerate solo una nuova grottesca puntata).
Come se non bastasse, la restituzione di ciò che viene fatto, in termini di trasparenza, è assolutamente carente. Se negli scorsi mesi, a seguito di un costante lavoro ai fianchi del soggetto attuatore della bonifica, la rete del territorio ha ottenuto che sul sito di Invitalia venisse creata una sezione ad hoc con i dati riguardanti la bonifica e la rimozione dell’amianto, nessuna risposta concreta è stata data allo stesso tipo di richiesta riguardo il dettaglio delle risorse spese, almeno in riferimento all’ultimo quadriennio, ovvero il periodo in cui Invitalia ha agito in coordinamento con la struttura commissariale. Da questo punto di vista sarà necessario continuare a fare pressioni, anche nell’ambito di altre discussioni in atto in questo momento, come quelle riguardanti l’istituzione di clausole sociali per il coinvolgimento dei giovani disoccupati del quartiere nelle operazioni di bonifica e rigenerazione urbana.
Nel corso della conferenza si è provato infine a mettere in relazione i nuovi rallentamenti nel processo di bonifica con l’accelerazione del deterioramento del tessuto urbano e sociale del quartiere. A dispetto delle narrazioni sull’“immobilismo di Bagnoli”, negli ultimi anni, in particolar modo dopo la pandemia, il quartiere è assai cambiato, e in peggio. Gli abitanti denunciano un ulteriore abbandono, in attesa di un fantomatico anno zero sulle cui macerie si dovrà poi ricostruire, dando campo libero ai privati a discapito del pubblico. Ne è un esempio il costante abbassamento del livello di servizi e welfare, in particolare quello sanitario (con vertenze ormai annose che non trovano soluzione, come quelle per la difesa dell’ospedale San Paolo e per il ripristino del consultorio di via Enea), e l’avanzamento, per contro, della grande imprenditoria, sempre più orientata a occupare gli spazi disponibili con “maxi” centri (prima il cinema, poi le palestre, e ora, appunto, un enorme poliambulatorio in costruzione alla fine di via Terracina). Un discorso simile è stato affrontato in termini di sviluppo turistico, mettendo l’accento sull’operato degli imprenditori che operano sul litorale con stabilimenti balneari e discoteche – per lo più sfruttando concessioni discutibili – che lamentano l’assenza di investimenti pubblici nel settore turistico, ma che ogni anno di più aggrediscono lo spazio comune e sfruttano, per esempio, la carenza di spiagge libere in città per aumentare i prezzi, o la mancanza di lavoro e di controlli per reclutare plotoni di ragazzi e ragazze pagati pochi spiccioli, spesso a nero, per lavorare nel settore del food and beverage.
Sarà fondamentale nei prossimi mesi riuscire a coinvolgere gli sfiduciati abitanti del quartiere nel processo di monitoraggio sulla bonifica, perché il destino dell’area ex industriale è fortemente legato al destino di una periferia che vive, nel silenzio totale, un’estrema sofferenza e che rischia di desertificarsi a breve, lasciando uno dei territori potenzialmente più pregiati della città a disposizione della speculazione privata. (osservatorio popolare di bagnoli)