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27 Ottobre 2018

Bagnoli, il ministro Lezzi e il teatrino della democrazia

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(disegno di escif)
(disegno di escif)

Sono stati abituati ai voltafaccia politici gli operai prima, gli attivisti poi, e in generale gli abitanti di Bagnoli negli ultimi trent’anni. Dalle giravolte del ministro De Michelis, agli ambigui equilibrismi del deputato Bassolino ai tempi della chiusura della fabbrica; dalle retromarce sulla “riqualificazione sostenibile” dei governi post-comunisti cittadini, fino alla magra figura della banda de Magistris, scaltra nel mettersi in vetrina nazionale utilizzando la battaglia contro il commissariamento in chiave anti-Renzi, e altrettanto rapida nello sfilarsene, per giungere a un accordo che sconfessa gran parte di quanto rumoreggiato fino a poche settimane prima.

Non fa quindi effetto la condotta del Movimento 5 stelle e di uno dei suoi ministri di punta, quella Barbara Lezzi che in estate aveva per due volte incontrato i movimenti del quartiere per discutere della riqualificazione dell’ex area industriale e che oggi si è presentata nella sede della Decima Municipalità per un “confronto con la cittadinanza”. Va specificato che, tra le due interlocuzioni (una a Bagnoli e una a Roma) e l’assemblea di oggi, la Lezzi si era fatta promotrice di una non trascurabile iniziativa: la nomina di un nuovo commissario straordinario, ignorando l’unica vera richiesta che le era stata fatta dai comitati fino a quel momento, ovvero il superamento del commissariamento dell’area.

La Lezzi arriva a Bagnoli puntuale, con la stessa aria da Candide con cui, un’oretta dopo, dichiarerà stupita di non essere al corrente che fosse quella la pregiudiziale dei due incontri precedenti. D’altro canto, lo stesso Movimento 5 stelle si era fatto portatore in campagna elettorale – per bocca dei propri dirigenti cittadini, tra cui l’attuale presidente della Camera – di un’istanza di cancellazione dello Sblocca Italia e di eliminazione del commissario straordinario. Promesse dimenticate fin dal primo atto concreto del suo ministro per il Sud.   

L’edificio in mattoncini rossi di via Acate è presidiato da decine di poliziotti e dal solito gruppetto di agenti della Digos. Il ministro – che presiede la Cabina di regia, la cui prossima riunione è prevista entro la fine dell’anno – è accolto da un corteo, striscioni e cori contro il commissariamento. La sala è strapiena, le persone arrivano fino alla scala esterna, ascoltando più o meno distrattamente i tanti interventi che si susseguono, scanditi dal cronometro del presidente della Municipalità, che arbitra la tenzone senza esporsi. Nel teatrino della democrazia sfilano in tanti, per lo più con l’idea di mettere in salvo il proprio orticello (dall’ex circolo operaio ormai diventato centro sportivo a pagamento, fino ai titolari di concessioni balneari su un litorale goffamente messo in sicurezza e bagnato da un mare inavvicinabile). Il ministro accompagna gli atti unici aggiustandosi i capelli, facendosi descrivere il profilo dei relatori e ridacchiando con Carmine Piscopo, assessore all’urbanistica del comune di Napoli. Casca dalle nuvole quando qualcuno le fa notare che quest’assemblea non ha senso, dal momento che disattesa è stata la promessa-premessa alla base del confronto con i cittadini, ovvero l’eliminazione del commissario. Ma la sua vittoria il ministro l’ha già ottenuta, appuntandosi in petto la medaglia della partecipazione e dell’ascolto, che rivendicherà dall’inizio alla fine del suo intervento.

Per quanto riguarda i punti politici su cui viene pungolata, è difficile dire se la mancanza di risposte sia frutto di ignoranza delle questioni più tecniche, o di precisa strategia di evasione. Fatto sta che sugli elementi più rilevanti, come la speculazione pronta a interessare Nisida, il porto che comprometterà la balneabilità della costa, i molteplici conflitti di interesse del nuovo commissario Floro Flores, il ministro non dà nemmeno una risposta, così come sulla mancanza di risorse, per le quali ci sarà da attendere la prossima legge di bilancio. Al contrario, senza esitazione alcuna, la Lezzi rivendica il metodo commissariale, aspramente criticato dal suo partito fino a poco tempo fa ed esplicitamente definito una necessità («Come quando c’è il terremoto»). Le modalità di intervento saranno quelle previste «dalle leggi vigenti» (l’altrettanto osteggiato Sblocca Italia), con buona pace delle procedure di pianificazione ordinaria. Sulla rigenerazione urbana, si valuterà dopo il confronto con il Parlamento.

Il resto dell’intervento del ministro è aria fritta, condita da qualche slogan contro Caltagirone e qualche ammiccamento al precedente intervento dell’assessore Piscopo. Quest’ultimo – a proposito di equilibrismi – riesce a compiacersi, a distanza di pochi secondi, prima dell’opposizione fatta al commissariamento, e poi dell’accordo con il quale il Comune ha acconsentito al concreto assalto speculativo a Nisida e allo specchio d’acqua antistante, barattandolo con fumose promesse su spiaggia pubblica e parco urbano.

Intorno alle 18, il teatro di via Acate chiude il sipario. Gli interventi più duri e di contestazione sono riusciti a limitare solo in parte la passerella del ministro, che ai microfoni dei giornalisti parlerà di «confronto proficuo» e «aperture di credito ricevute». (riccardo rosa)   

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