Da Repubblica Napoli del 5 febbraio 2014
Con una ordinanza sindacale del 29 gennaio scorso il sindaco stabilisce che l’area di proprietà comunale in via S. Maria del Riposo, situata accanto al cimitero di Poggioreale, venga liberata “da cose e persone” per consentire la pulizia della zona e la demolizione “di ogni precaria struttura abusivamente eretta”. Il sito in questione ospita un campo rom in cui vivono da almeno sei anni circa 250 persone provenienti dalla Romania. Il provvedimento si giustifica in considerazione di un “attuale e concreto rischio igienico-sanitario tale da compromettere la salute dei cittadini rom ivi presenti, con potenziali ripercussioni sulla vivibilità dei luoghi nelle aree limitrofe”.
Per chi conosce la situazione dei rom in città – circa quattromila persone – e l’inadeguatezza delle politiche per ovviare alle loro disastrose condizioni di vita, le tre pagine dell’ordinanza rappresentano un concentrato di contraddittorie e irresponsabili ingenuità che farebbero sorridere se non fosse in gioco la vita di esseri umani in grande difficoltà. Nella premessa, per esempio, si afferma che l’amministrazione sta realizzando “un’azione graduale ma costante” per risolvere le criticità dovute all’impatto dei fenomeni migratori, aggiungendo che Napoli “vuole diventare sempre più una città accogliente e capitale dei diritti”. Viene in mente il modo in cui vivono i rom nella nostra accogliente città: accampati sotto i cavalcavia, accanto a discariche abusive, in roulotte o baracche con allacci di fortuna alla condotta idrica e alla rete elettrica. E in effetti, un paio di paragrafi più sotto, la stessa ordinanza non può negare che le persone rom in città vivono “tutte in situazione di grave degrado socio-ambientale e marginalità, che si vanno a innestare in territori multiproblematici”. Un po’ più avanti si cita la delibera di giunta del marzo 2013, che definisce linee guida e azioni progettuali dedicate ai rom, stabilendo di “smantellare gradualmente i campi spontanei e non, provvedendo a mettere a disposizione soluzioni alternative o attuare percorsi di accompagnamento all’abitazione”. Questa delibera avrebbe dovuto determinare l’azione “graduale ma costante” cui si accennava sopra, ma al momento rappresenta solo il vuoto di iniziativa che, come spesso accade, segue gli atti formalmente emanati dall’amministrazione. A un anno di distanza, infatti, non è stata intrapresa alcuna misura concreta. La maggior parte dei rom continuano a vivere sparsi per la periferia, in fatiscenti accampamenti spontanei. I due centri regolamentati – nati con carattere temporaneo che poi è diventato permanente – si trovano a Secondigliano, dietro il carcere (circa 700 persone), e a Soccavo, nell’ala di una scuola abbandonata (circa 100 persone). Entrambi ospitano un numero di persone che va ben oltre la capienza prevista. Gli altri interventi sull’abitare, di cui si è parlato in questi anni, non si sono mai concretizzati: un campo da 200 persone a Ponticelli, con aree di sosta per cinquanta roulotte; un’area da riqualificare a Cupa Perillo, nel quartiere Scampia; un’area in via delle Industrie, una in via Argine e una in via Sambuco, tutte nella periferia orientale, con edifici da demolire, ricostruire e destinare ai rom.
“L’amministrazione comunale ha in corso iniziative…”, dice l’ordinanza. Nel frattempo l’amministrazione sgombera. “Gli occupanti saranno accompagnati all’esterno dell’area a cura del personale dei servizi sociali e, laddove versino in condizioni di bisogno per motivi di indigenza e/o di salute, saranno sistemati, per il tempo strettamente necessario, nelle strutture all’uopo individuate dai competenti servizi dell’amministrazione”. Questa è la parte più amaramente paradossale del provvedimento. “Laddove versino in condizioni di bisogno”. Dopo aver preso atto del degrado socio-ambientale in cui vivono i rom, dopo aver vagamente accennato a misure da prendere, nondimeno si prevede una specie di selezione a sgombero avvenuto. Una selezione basata sullo stato d’indigenza. Ma quante di queste persone potranno superare la soglia dell’indigenza se vivono da anni in un campo noto per la sua mancanza d’acqua? In ogni caso, le strutture in cui ricoverarli – lo stretto necessario – non sono ancora state individuate.
Quel che accadrà è facilmente prevedibile. Come già in passato, per esempio durante lo sgombero nel parco della Marinella voluto dall’assessore D’Angelo, predecessore dell’attuale assessore al Welfare Gaeta, i rom si dilegueranno prima dell’intervento delle ruspe. Alcuni ripareranno in campi già esistenti in città, altri ne creeranno di nuovi, in condizioni ancora più precarie, degradanti e pericolose di quello sgomberato. L’amministrazione si metterà in pace la coscienza con il solito “tavolo permanente di crisi per la ricerca di soluzioni alternative ed emergenziali” – lo prevede l’ordinanza – e si andrà avanti così fino alla prossima emergenza.
Solo una cosa si può pensare di chi governa la città in maniera così irrazionale, pretendendo di intervenire sulle ferite di un territorio senza prima avere allestito nemmeno gli strumenti minimi per sanarle, con il risultato scontato di aprirne di nuove e più laceranti. Che siano completamente incoscienti, oppure che subiscano pressioni di natura oscura e talmente imperiose da indurli a un intervento così scriteriato. (luca rossomando)
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