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19 Ottobre 2015

Canapa in Mostra, tra ecobusiness e legalizzazione

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(archivio disegni napolimonitor)
(archivio disegni napolimonitor)

 

Dopo la terza rugiadosa aurora
Del lieto mese, cui dié nome Augusto
Rinasce dì de l’aspettata tanto
Canapal battaglia, che col nudo ferro
Il canapino esercito distregge,
Atterra e spianta, e dé recisi tronchi
Tutta la già verde pianura ingombra.

Con i versi di Girolamo Baruffaldi (1675-1755), ispirati dalle produzioni di canapa, Sosio Capasso apre il suo Canapicoltura: passato, presente e futuro, uno dei tanti studi che lo storico di Frattamaggiore dedicò alla ricostruzione delle produzioni industriali di quest’antica pianta. Gli usi della canapa risalgono al 1500 a.c., quando gli Sciti la introdussero in Europa dall’Asia minore. Con i greci e i romani è divenuta patrimonio culturale della nostra penisola. Fino all’inizio degli anni Sessanta, tutta la zona atellana – che comprende gli odierni comuni di Frattaminore, Grumo Nevano, Arzano, Casandrino, Cardito, Caivano e Crispano – ma anche la zona agricola che da Acerra giunge fino a Caserta erano il centro di un’antica produzione tessile d’eccellenza, grazie alla canapa. Le migliori corde del mondo, vele per le navi, indumenti e tessuti di vario genere che s’incontravano nei mercati, provenivano da questi luoghi, e non è raro trovare tracce di quel passato nella memoria degli anziani del posto.

A partire dagli anni Sessanta, però, la concorrenza delle fibre sintetiche, l’invasione di tessuti provenienti dagli Stati Uniti, le scelte non oculate delle autorità competenti e una legislazione che confondeva la produzione di “canapa indica” con quella di “canapa sativa” (i cui fiori contengono il THC, un principio attivo stupefacente), hanno portato alla scomparsa di quelle produzioni.

Da qualche tempo, in Italia, si ritorna a parlare di canapa come possibile volano di sviluppo. La proposta di legge “Intergruppo”, che raccoglie uno schieramento trasversale di parlamentari, vorrebbe portare a un approccio del tutto nuovo nei confronti della cannabis. Abbandonando il proibizionismo, la legge seguirebbe la strada già intrapresa da alcuni stati americani e recentemente dalla Spagna, una strada che con la legalizzazione sta portando grossi benefici per le casse pubbliche.

L’evento Canapa in Mostra, che si è tenuto lo scorso fine settimana alla Mostra d’Oltremare, s’inserisce all’interno di questo contesto. Il gruppo di giovani organizzatori sta tentando di stimolare nuove iniziative imprenditoriali legate al mondo della canapa, valorizzando il capitale di conoscenze che la città, la provincia e la regione possiedono, e che in questi anni ha trovato sbocchi tanto legali quanto illegali. I numeri della fiera, che quest’anno ha visto aumentare espositori e partecipanti rispetto alla precedente edizione, confermano il desiderio di prendere sul serio questo argomento, come recita lo slogan pubblicitario dell’evento. Le proprietà della canapa, al di là dell’uso tessile, potrebbero andare a incidere su molteplici attività: dall’uso medico nelle terapie contro malattie come la Sla, la sclerosi multipla, l’Alzheimer e l’epilessia, a quello cosmetico naturale; dall’uso agricolo per la produzione di alimenti, a quello nel campo dell’edilizia passando per l’utilizzo nelle bonifiche dei suoli inquinati.

Incontro Dario in giro tra gli stand. È insieme al padre e al cugino, mani e stazza da allevatore di bestiame. La sua famiglia possie0de diversi ettari di terreno in provincia di Benevento: «Sono coltivati a fieno e servono da mangime per le mucche, ma non mancano le annate in cui ci andiamo a perdere; stiamo pensando di investire nella produzione di canapa ma partiamo da zero». Vicino allo stand dell’associazione Fracta Sativa-Unicanapa, il cui slogan recita: “Per una ripresa economica ecosostenibile”, nasce un dibattito ben più animato dei soliti silenzi post-conferenze. Si percepisce il desiderio di comprensione da parte degli eventuali produttori. Vogliono sapere se conviene, quanto c’è da investire, quali sono i costi di ammortamento e le possibilità di guadagno, e se la politica si prenderà in carico realmente una conversione ecologica. Vi è un agricoltore della zona di Giugliano. È stato assessore all’agricoltura del suo comune. Non nasconde il suo passato comunista e l’amarezza nei confronti della politica (regionale e nazionale) responsabile del disastro ecologico campano. Un esponente dell’associazione che si dichiara invece renziano convinto, gli racconta del ruolo di sensibilizzazione che la stessa cerca di svolgere a tutti i livelli. Parlano dell’organizzazione di una grande conferenza con Confindustria nel tentativo di coinvolgere piccoli e grandi imprenditori. «Bisogna stimolare l’offerta per creare la domanda», dicono. «La Campania e il sud, potrebbero essere l’avanguardia dell’economia sostenibile», continuano. «Signori, qui c’è un treno che sta partendo, bisogna decidere se lo si vuol prendere in tempo o se farsi investire».

Intanto, nella postazione di fianco, un gruppo di giovani ingegneri siciliani presenta il proprio brevetto: un materiale completamente biologico derivato dagli scarti della canapa che può sostituire la plastica e ha una leggerezza e resistenza maggiori. Servendosi di una stampante 3D ne illustrano il procedimento. Un signore sulla cinquantina, responsabile finanziario di un’azienda di Caivano che produce olio, farina e sementi di canapa, ha fiutato l’affare: del canapulo, lo scarto necessario ai ragazzi, non sa che farsene. Se oggi deve smaltirlo (con i relativi costi), domani, con questo sistema, potrebbe venderlo.

Tuttavia, questo lato della fiera che si proietta verso la green economy – così come la presenza di associazioni ambientaliste, artigiani, esperti di bioedilizia e mercanti di bici elettriche – ha un ruolo abbastanza marginale. Il mercato che più tira, e che raccoglie la maggioranza della platea di giovani visitatori, oltre che il 90% degli espositori, è un altro: quello delle sementi incrociate e potenziate per un maggiore tasso di THC («’O ‘ccheese, ‘o bbe’!»), olandesi o americane; quello delle lampade alogene o al led, dei grow box e dei concimi per l’autoproduzione; delle bonghe, dei chilum, delle cartine e dei filtri particolari; dei wox, del cbd, dell’icesolator e dei vaporizzatori per un consumo ricreativo maggiormente performativo. Per loro, in maggioranza di origini anglosassoni, business is business.

Questo mercato vuole solo gente friendly disposta a stati di coscienza alterati e più attenta alla qualità delle sostanze. Il gruppo di discussione e monitoraggio sulle sostanze stupefacenti Hybrid, presente alla fiera, sostiene che il segreto sia nella diffusione della consapevolezza nell’uso delle sostanze e nel potenziamento delle capacità di autoregolazione individuali. Per cui, se per la torta che la nuova legge sulle sostanze stupefacenti sta preparando è naturale che molti si trovino già con la forchetta tra le mani, non essere più costretti al consumo clandestino e ad assumere il più delle volte sostanze di pessima qualità, potrebbe  portare a un  beneficio nella libertà di scelta dei consumatori. (giuseppe orlandini)

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