Il 18 novembre scorso, il mio amico e compagno di lotta Lucio Righetti ha lasciato la sua forma terrena. Prima di quando avrebbe dovuto.
Negli ultimi dieci anni, Lucio è stato instancabile ispiratore e organizzatore delle mobilitazioni per l’ambiente in Campania e oltre. Chiunque, in qualsiasi angolo della regione, abbia attraversato le esperienze di partecipazione popolare nelle questioni ecologiche e sociali di questa terra, lo ha incrociato e conosciuto, sempre presente, con la sua telecamera per documentare e la sua voce per mediare. Ironico, vitale, acuto e colto, sempre insieme alla sua compagna di vita Annamaria. Lucio aveva la capacità rara di sapersi relazionare con tutti, di far ragionare sui fatti impregnandoli di calore e passione, di preservare la gentilezza anche nei momenti più caotici, di non perdere di vista l’obiettivo e la necessità di collaborare anche quando la frammentazione e gli individualismi sembravano prendere il sopravvento. Un ricordo su tutti mi accompagna: una fredda sera di dicembre al Castello di Acerra, contadini e attivisti divisi su tutto e quasi alle mani, Lucio che fa da spola tra gli uni e gli altri, e alla fine strette di mano e un programma di azioni condiviso.
In pena, appresa la notizia, non ho potuto fare altro che ricercare in archivio un’intervista che gli feci nel 2016, in cui, accanto a frammenti della sua vita, rifulge il suo cipiglio polemico mai stanco di interpretare e la sua intelligenza politica e strategica. Per quelli che l’hanno conosciuto e per chi lo conosce solo ora, queste sono le sue parole.
GLI INIZI
«Sono Lucio Righetti, nato nel 1952, faccio l’agente di commercio. In famiglia si respirava l’aria di mio nonno che era un fascistone. A quattordici anni avevo la fiamma tricolore ritagliata da un manifesto. Poi ho cominciato a frequentare i movimenti scolastici e ho preso un’altra direzione, perché mi rendevo conto che c’era una visione molto limitata da parte della destra. Era il momento dell’immaginazione al potere, il ’68. Ho cominciato da lì. Li ho passati tutti, Lotta Continua, i Nap… All’epoca ero universitario. Poi però ho sempre cercato di aprire la mente. Ora non ho appartenenza politica o partitica, sono semplicemente una persona che cerca di ragionare e di guardare le cose come funzionano e perché.
«Siccome ho viaggiato molto, ero sconvolto nel vedere che la nostra regione era unica per lo sversamento di monnezza ovunque, per lo scempio dei territori, per il fenomeno dei roghi. Osservando altre realtà mi domandavo perché dobbiamo essere diversi. E non me lo sono giustificato con il fatto che siamo brutti sporchi e cattivi. Ho conosciuto migliaia di persone in questa regione che sono vicine alle nostre sensibilità. Quindi come mai? Quello che mi ha scatenato è stata la domanda “perché dobbiamo essere così”, quando la volontà della popolazione non è di essere così.
«Col fatto che mi sono sposato e ho avuto tre figli non avevo tutto questo tempo da dedicare, è rimasto sempre un fatto latente. Ho ricominciato a frequentare i movimenti nel 2008, quando mi sono accostato a “Per il Bene Comune” di Fernando Rossi e Monia Benini, che approfondiva le questioni dei beni comuni. Non si parlava solo di acqua, era un’analisi completa, si parlava di Gaza, dei popoli oppressi. Poi ho supportato Lucia De Cicco quando si tentò di fare la lista per le provinciali e le regionali. Ho iniziato a organizzare le liste civiche per portare la popolazione all’interno delle istituzioni. Mi sono iscritto al meetup nel 2009, andavo alla Città del Sole con il Movimento 5 Stelle, e ho conosciuto le realtà antagoniste.
«Ho partecipato al referendum per l’acqua e sono stato parte del coordinamento per il referendum contro il nucleare. Ci conosciamo con tutti ormai. Sono anni che ci frequentiamo e ci attiviamo volta per volta per quelle che sono le emergenze. Perché ormai un discorso di programmazione non si può fare, sono emergenze continue. Con Annamaria stiamo continuamente a studiare le mosse di un potere economico e finanziario proiettato all’appropriazione indebita del pubblico a favore del privato. Non c’è un limite, non è che ti occupi solo delle discariche o degli inceneritori, noi prendiamo un filone e andiamo fino in fondo. Per avere un quadro generale bisogna cominciare dal particolare, ti si aprono certi spiragli e cominci ad approfondire. Qualsiasi pentola scoperchi ti porta ai livelli superiori perché non c’è nulla che non sia connesso a un disegno piu grande.
I RIFIUTI
«I rifiuti sono sempre stati parte di un contesto piu grande. Dai rifiuti arrivi alla camorra, all’interramento, alle navi dei veleni, all’economia che ne deriva, alle connessioni tra politica e delinquenti, al piano energetico nazionale, all’agricoltura. Un contesto nel quale il potere si muove, e noi dall’altra parte dobbiamo capire il loro disegno e muoverci anche noi. Ricostruire le connessioni che fatalmente tendono a conservare lo status quo è complesso. Il nostro attivismo punta a diffondere consapevolezza, allertare le persone. Come abbiamo fatto con gli agricoltori ad Acerra e Caivano.
«La mia storia è quella dell’esperienza diretta, quando vedo qualcosa di strano mi sporco i piedi e le mani. Poi dentro i comitati la conoscenza è arrivata con la frequentazione dei tecnici, dei medici, dei biologi, dei geologi, degli esperti nei vari settori relativi a quello che stiamo affrontando. Persone con una competenza specifica, alcuni di loro hanno una visione più generale, alcuni di loro non ce l’hanno, quindi c’è interscambio, loro mettono a disposizione la conoscenza tecnica, noi mettiamo la conoscenza globale, la visione più strategica del fenomeno. Qualsiasi evento istituzionale per noi è uno stimolo per andare lì a capire che cosa dicono e cercare di fargli capire cosa diciamo noi.
«Da quando abbiamo cominciato con Stop Biocidio il mio ruolo è sempre stato l’uomo della concordia. Non è che abbia scelto di essere il facilitatore, è capitato perchè ci sono delle qualità che ho scoperto di avere, la capacità di parlare con le persone e di farle riflettere. Poi ho avuto la fortuna di incontrare Annamaria, e lei riesce ad approfondire le cose, a comprenderle e metterle in relazione; ne nascono delle idee che poi comunichiamo in rete, nelle manifestazioni, nei convegni, negli incontri. E quando le nostre riflessioni sono condivise poi vengono portate avanti anche dagli altri.
«Abbiamo alzato il livello di attenzione per fare in modo che i media dessero un’informazione meno deviata, perché avere un’informazione corretta in Italia è impossibile. Però avendo piu voci si riesce a incidere. Il problema in Campania è che noi abbiamo avuto la distonia tra politica corrotta, camorra organizzata e aziende. Non c’è stata la coerenza di una popolazione insieme alle istituzioni contro il nemico esterno. Putroppo il nemico è in mezzo a noi. Quindi la strategia è stata quella di creare unità tra tutti, con un lavoro precedente, nelle marce, nelle assemblee, nelle riunioni. In modo da avere una coesione sotto vari aspetti, quello movimentista, quello mediatico, e speravamo di coinvolgere le istituzioni… invece putroppo qui le istituzioni non ci sono.
«La nostra posizione vuole avere persone nelle istituzioni, perchè lì ci sono le leve. Diciamo che è una posizione di ripiego, perché ovviamente la concezione dovrebbe essere quella di una popolazione che decide autonomamente. Oppure di una popolazione coinvolta ai sensi della convenzione di Aarhus. I modi di interloquire con la popolazione ci sono, il problema è che abbiamo una politica corrotta e collusa e per questo bisogna trovare delle strategie. Per fortuna esiste la diversità. Perchè se lavorassimo tutti allo stesso modo l’obiettivo sarebbe distorto. La bellezza è che ci stanno migliaia di comitati, ognuno che persegue l’obiettivo comune attraverso i propri strumenti nel proprio territorio.
FIUMEINPIENA
«Per Fiumeinpiena, io, Annamaria, Claudio e i Cittadini Campani siamo stati il cuore dell’iniziativa. Poprio perchè parliamo con tutti i movimenti, abbiamo fatto un’attività di interpretazione dei vari linguaggi e costruito un minimo comune denominatore. I ragazzi che sono stati il braccio operativo non appartenevano a logiche minoritarie o a comitati già esistenti. In particolare Raniero, che è stato l’artefice della coalizione, afferiva al Clean Up. Insieme abbiamo costruito questa enorme coalizione. Ci siamo sempre detti, alle riunioni cerchiamo di parlare con tutti in maniera ecumenica, in modo tale che esca un discorso unitario. Questo è quello che abbiamo fatto per arrivare alle sessantaquattro marce precedenti a Fiumeinpiena, ai duecento ottanta comitati afferenti alla coalizione.
«Ogni comitato campano ha le sue estensioni in Lazio, in Puglia, in Calabria, e si è creata questa catena che mano a mano si è allungata. Sono nate le parole d’ordine, è nata la piattaforma condivisa. Si è portato avanti il discorso in maniera operativa. Cercando di lavorare sulla provincia e sulla città, su tutti i ceti i sociali, sui laici e sui cattolici.
«Abbiamo fatto lavoro di interpreti. Perchè le parole sono pietre. Molto spesso una persona dice una cosa in un certo modo e viene equivocata. Proprio il lavoro di interpretazione delle sensibilità serve a far capire che si sta tutti insieme per un unico scopo. Il lavoro più duro che abbiamo fatto è stato quello di costruire il rispetto per l’altro, l’ascolto. Ogni dettaglio è stato studiato per creare una sensazione di comunanza d’intenti. Abbiamo costruito un gruppo di lavoro coeso, portando avanti un discorso sul bene comune, e quando si lavora le idee nascono, escono fuori le migliori qualità, si ottengono risultati.
«Ogni volta che mi trovo a parlare con chi ha partecipato a Fiumeinpiena devo sempre dissentire fortemente con l’impostazione che il fiume si è inaridito, non è vero, perche quello è un momento in cui porti la gente in piazza, ma quella gente non si è scordata, e continua a lavorare. Ora c’è il Coordinamento Comitati Fuochi che lavora con gli agricoltori dell’atellano e del caivanese, gli acerrani che lavorano con Ariamo Associati, Mondragone, Marcianise, Giugliano, noi che portiamo la denuncia a Strasburgo e la vertenza Rifiuti Zero, Federconsumatori… ma dov’è l’inaridimento? Quel momento ha consolidato la consapevolezza che ci stava da fare, quindi il momento topico della manifestazione ha costruito tutta una serie di affluenti.
«La cosa che è mancata è stato il lavoro materiale di concentrazione e concertazione degli eventi e di diffusione, quindi tutto il patrimonio comune avrebbe dovuto trovare diffusione in un unico canale. Si è creata la connessione ma non si è moltiplicata.
OBIETTIVI
«Noi dovremmo capire, nell’estrema eterogeneità della popolazione, che siamo tutti italiani, europei e cittadini del mondo. Appartenenti al genere umano. Quindi principio fondamentale dovrebbe essere l’accettazione dell’altro, per fare in modo che tutti possano godere della vita. Lo scopo del potere è la costruzione dell’ignoranza, non la costruzione della consapevolezza. Il popolo ignorante si governa facilmente.
«La comunicazione che abbiamo voluto che passasse è la necessità di sollevarsi, bisognava abbandonare la sensazione di frustrazione, la solitudine. Quando ti dici che vuoi reagire ma sei solo che reagisci a fare? Quindi la connessione con movimenti nazionali e internazionali, lo spargimento di consapevolezza sul fatto che è un problema non campano ma mondiale, iniziative per fare comprendere alle persone che non siamo soli e non siamo isole. Come pure l’idea di costruire la grande manifestazione, che è stata ispirata dai movimenti spagnoli degli Indignados, da Occupy, dalle rivolte in Egitto.
«Noi dobbiamo tendere sempre più al bello, perchè quando c’è il bello, la gente guarda. Non guarda il disastro, il disastro scandalizza, ma non ti fa apprezzare. Quindi dobbiamo riuscire a fare del bello un esempio e una pratica virtuosa, evoluzione e crescita.
RISULTATI
«Forse il risultato concreto è che una discarica, un impianto inquinante, oggi non passa, perchè ormai c’è una militanza. Prima erano tremila a Chiaiano, ora se vanno a mettere la discarica ne trovano ventimila. È un poco più difficile. Ma poi hanno il terrore quando ci vedono. A Castelvolturno, Caldoro e Romano non c’erano, Galletti non c’era. Capito? Quando siamo andati a corso Vittorio Emanuele si sono cacati sotto. Ormai siamo una presenza costante. Siamo il fiato sul collo. Mentre fino a qualche tempo fa facevano i cazzi loro, e nessuno gli diceva nulla. Qualcuno diceva ma erano ancora in pochi. Ora invece sanno che qualsiasi cosa fanno noi ci siamo.
«Mettere insieme e far dialogare il dipendente Arpac con il coltivatore è stato un risultato. La consapevolezza di un’oppressione comune. Perchè il disoccupato che vuole il lavoro ora vuole il lavoro solidale, il lavoro che è un servizio per la comunità. L’agricoltore viene alla manifestazioni, si mette con il trattore davanti all’inceneritore. Non puoi fare come nel 2008 a Chiaiano. Hai voglia di mettere polizia. La democrazia è il risultato.
«Dove vai vai, spuntano i funghi. Ormai il territorio è mappato, monitorato, presidiato. Certo, è ancora un embrione. Bisogna fare in modo che la gente sappia, e per questo tutti i giorni devi scrivere, parlare con le categorie, che sono un filtro importante, e che poi diffondono. Si sono avvicinati saperi tecnici alla gente. Prima c’era una cesura netta tra mondo accademico e gli altri. Ora invece c’è maggiore consonanza.
«Caldoro la prima cosa che ci disse quando andammo a contestare il piano rifiuti, è che con un piano alternativo i cittadini non capivano niente. Invece abbiamo dimostrato il contrario. La funzione dei movimenti è stata di essere un tramite divulgativo tra la posizione scientifica e la percezione del territorio in tutte le sue manifestazioni. Scegliamole insieme le soluzioni tecniche, fatecele capire e digerire, ascoltateci quando poniamo obiezioni sensate. Quando la politica non è piu avulsa dalla cittadinanza si riescono a fare cose che migliorano la vita di tutti. Allora la nostra aspirazione è questa, vogliamo una maggiore partecipazione del popolo alle decisioni. Ci vorrà tempo, lo sappiamo. È una matassa ingarbugliata? Tiriamo fuori un filo e cominciamo a srotolarla. Bisogna cambiare modello di sviluppo. Ma bisogna farlo insieme. La contrapposizione non porta a nulla di nuovo, perchè si arriva all’immobilismo. Il mondo è uno, non ce n’è un altro». (a cura di salvatore de rosa)