Un libro racconta con molte immagini e alcuni testi le opere del pittore Armando De Stefano, che dal dopoguerra a Napoli ha fatto la storia
È uscito da qualche mese un libro di Armando De Stefano. Chameleons, edito da Tullio Pironti. Il titolo rimanda alle metamorfosi, ai trasformismi, alle maschere, prima indossate poi metabolizzate. De Stefano (classe 1927), non sono sicuro che tutti lo sappiano – e non è colpa sua – è un pittore. Uno di quelli che a partire dal dopoguerra a Napoli ha fatto la storia. Fu, tra l’altro fondatore del gruppo Sud, equivalente pittorico di quel gruppo Sud letterario formato da Compagnone, Prisco, Prunas, Scognamiglio e così spietatamente descritto dalla Ortese ne Il mare non bagna Napoli.
Quando nel ’97 al Palazzo Reale, in gita scolastica, vidi la sua mostra L’Eden degli esclusi me ne innamorai. Gli esclusi di allora erano gli esclusi di sempre: barboni, zingari, vecchi, omosessuali, emarginati. Lui era là per rispondere alle nostre domande, noi eravamo troppo giovani e fieri per fargliene di sensate, non si andò oltre la curiosità su aspetti puramente tecnici.
Nel 2002, sempre a Palazzo Reale presentò il suo ciclo dedicato a Dafne nel quale svelava, o almeno ci provava, il trasformismo della politica attuale. Nel 2005 alla presentazione del libro Continuità nel Realismo (Arte tipografica editrice), nella surreale sala Rari della bibliotecaNazionale, tra codici miniati e testi greci, le storie che raccontava sulla Napoli degli anni Cinquanta, sulle esperienze di pittore gratificato nel lavorare nelle case del popolo, a differenza degli altri “esperti” presenti era stimolante, appassionante e assolutamente non respingente come quell’asfissiante Cultura che non fa altro che saldare la distanza tra chi è da un lato e chi dall’altro della cattedra.
Questa semplicità e schietta rivelazione di sé la ritroviamo per intero in Chameleons, sia nei “virgolettati” del bel testo a volo d’uccello di Durante, sia nell’interessante intervista di Eleonora Puntillo che ripercorre la vita dell’artista dai racconti dell’infanzia, in pieno clima fascista (memorabili l’aneddoto del padre che porta il vitalizio del Duce a Vincenzo Gemito) ai giorni nostri, passando per la militanza politica, la passione per la musica e il dibattito sul realismo. Poco coinvolgente, come tutti i testi che tentano di aggiungere parole alle immagini, l’ultimo testo a curadi Maria Roccasalva.
Essendo De Stefano un pittore dunque, questo libro è in gran parte fatto di immagini. Ora, visto che vedere con i propri occhi, cuore e cervello le opere di questo artista è cosa rara (c’è un quadro, forse due nella misera sezione dedicata ai pittori napoletani contemporanei di Capodimonte, qualcosa forse nella riaperta pinacoteca dell’Accademia di Belle Arti) il consiglio è di comprare questo libro. Almeno per farsi un’idea di quello con cui ci si può scontrare a contatto con la sua opera. Un’ ultima cosa va detta agli editori: in un libro quasi di sole immagini, queste andrebbero trattate con cura. Gli ingrandimenti dei particolari delle opere non possono risultare sfocati. In fondo una scansione ad alta risoluzione costa solo pochi euro. Il rischio è tutto napoletano: l’arronzamento. (cyop&kaf)
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