La menzogna come collante sociale. Disegni in mostra sotto al raccordo della tangenziale che spunta a Quarto, Napoli, tra un centro sociale abbandonato e un nuovo centro commerciale
Tutto è partito da un luogo. Un posto che conoscevamo bene perché lì vicino c’era l’unico centro sociale della zona, in un macello comunale che dopo aver macellato una bella fetta di denaro pubblico era diventato ex ancor prima di avere prodotto una sola bistecca. Il centro sociale ha continuato le sue attività per un paio d’anni, poi, caso singolare ma tipico dei giorni nostri, non è stato sgombrato dalla polizia, è più semplicemente imploso. Ora è stato trasformato in un sito diraccoglimento dei rifiuti ingombranti attorno al quale gravitano decine di microdiscariche abusive.
Siamo a Quarto, Napoli. Più di cinquantamila abitanti. Lo scenario è quello tipico della maggiorparte dell’hinterland partenopeo: case alte non più di tre quattro piani e solo da poco trasformate, grazie alle leggine di Berlusconi I e II in – sentite sentite – sottotetti termici, sottospecie di baite di montagna, tanto che scherzando qualcuno oggi la chiama Quarto d’Ampezzo. E poi cos’altro: ferrovia e droga per evadere, negozi di abbigliamento, parrucchieri, bar, centri scommesse, e due centri commerciali.
Il primo, Le Campane, a riguardarlo dopo aver visto quello nuovo, l’Ipercoop –vero orgoglio della città – sembra la salumeria dell’angolo. Ora, dovete sapere che per far arrivare la gente all’Ipercoop si dovevano costruire strade nuove. È chiaro, è giusto. Altrimenti i fondi europei a che servono? Già c’era un raccordo con la tangenziale che portava direttamente a Quarto senza passare per l’uscita di Pozzuoli-via Campana, e l’ozono solo sa quanto traffico creava, ma per tutti gli anni ottanta e novanta è rimasto chiuso. Era completato, noi ci andavamo a giocare a pallone. Il campo poteva essere lungo quanto si voleva ed era bellissimo stendersi sulla strada deserta o guardare dall’alto dei suoi piloni. Era lì, bello e pronto e non veniva aperto. Perché offrire un servizio se nessuno ci guadagna niente? Qualche anno dopola sua inaugurazione ci hanno piazzato accanto il centro commerciale.
Questo fatto a noi sembra quel che si chiama Pianificazione. Chi dice che non se ne faccia a queste latitudini? E si pianifica solo se si ha un’idea di sviluppo. Alla base di quest’idea c’è l’assioma principe della modernità: Più tutto uguale Più felicità. A noi, quest’equazione farebbe solo sorridere se non ne avessimo ogni giorno sotto gli occhi le tragiche conseguenze e se non vedessimo l’adesione quasi totale delle persone a questo modellodi sviluppo.
Per questo, andando a dipingere sotto le fondamenta di questo simbolo delirante (vediposter), ci chiedevamo: cosa tiene ancora unita la società socialconsumisticocapitalista? Soprattutto alla luce del disastro dei rifiuti che ne riassumeva la sua follia. Non ne siamo sicuri, ma ci è venuto in mente la menzogna. Si narra che tempo fa avessero legambe corte. Ma oggi? Le bugie sono dei pilastri, e in quanto tali fatte di poderose colate dicemento. Ciò che viene compattato da questa gettata è dunque un’umanità frammentata e prossima all’evaporazione.
Uomini-goccia, mare disperso scientificamente che sopravvive facendo finta. Finta di che? Di credere. Alle notizie, ai mass-media, alle celebrazioni auto narranti dei socialnetwork, alle statistiche, ai numeri, a Dio. Non che giornali, tv, internet non dicano la verità. Diciamo solo che è grattugiata, sparsa qua e là, e si fa fatica a isolarla dal resto, così, nel caso dei cinici (o disincantati) si finisce col non credere più a nulla (tutte cazzate), e nel caso degli ingenui (o gli indifesi) col credere a tutto (l’ha detto la tv).
Quello che ci inquieta non è la bugia in se, che – diciamocelo tra noi – è divertente e talvolta anche utile, “…dicci chi era che lo condanniamo a morte / e che ne so chi l’ha visto…”, ma l’indistinto nel quale queste bugie si vanno ad inserire, e soprattutto l’adesione acritica a questo mentire generalizzato a questo punto scambiato per il vero. La bugia non come altro piatto della bilancia, ma come peso massimo che ribalta ogni visione del mondo.
Ritornando a noi, vi invitiamo a venire a vedere, ancora meglio, a sentire, il lavoro che abbiamo realizzato negli ultimi tre anni in quel luogo. Anche dipingere è finzione certo, ma come ha scritto qualcuno: “Solo la poesia non vive che di finzione. È una menzogna continua che ha tutti i caratteri della verità. Non esistono inganni, né fraintendimenti: affrontare un testo, un’opera d’arte, un film, significa accettare di credere all’esistenza di realtà inesistenti, accettare di cortocircuitare i campi semantici delle proprie parole, accettare di discutere i propri pregiudizi”. Una nuova ideologia interplanetaria si diffonde al grido di: bugie di tutto il mondo, uniteci! (cyop&kaf)