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reportage
9 Maggio 2020

Da Milano a Napoli. Una settimana di lotta dei facchini della TNT

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Fotografie di Salvatore Bolognino

Gentili clienti, a causa di uno stato di agitazione a livello nazionale indetto dalle organizzazioni sindacali Si-Cobas, i servizi FedEx Express e TNT in Italia stanno subendo gravi impatti. In particolare, i servizi internazionali e nazionali di ritiro e consegna sono temporaneamente sospesi nei CAP serviti dalle filiali di Bologna e Modena e potrebbero subire ritardi in alcuni CAP nelle aree servite dalle filiali di Brescia, Bergamo, Orbassano e Milano. (mail del servizio clienti spedizioni; giovedì 7 maggio 2020)

Allo stabilimento di Teverola della TNT-Fedex, in provincia di Caserta, uno dei più importanti poli logistici del sud Italia, il momento più duro di protesta si è raggiunto giovedì. Fin dalle sei del mattino una quindicina di facchini, più un piccolo gruppo di solidali in gilet arancione, guanti e mascherina, hanno bloccato i cancelli del polo impedendo ai camion di entrare e uscire per scaricare merci. I camion arrivati allo stabilimento non erano molti, perché lo stato di agitazione andava avanti in tutta Italia, con modalità diverse (blocchi, scioperi, astensioni dal lavoro), fin dall’inizio della settimana e la mobilità delle merci si era ampiamente ridotta.

Ininterrottamente dal primo maggio, i facchini della TNT protestano per la mancata erogazione della cassa integrazione – tra continui rimpalli di responsabilità tra governo, banche e azienda – ma anche per la sospensione di sessantasei lavoratori interinali di Adecco che avrebbero dovuto passare alle dipendenze della TNT, nello stabilimento di Peschiera (Milano) e che oggi l’azienda si rifiuta di assumere. Le sospensioni diventano cento, se si considerano anche i circa quaranta lavoratori già dipendenti della TNT a cui è toccata la stessa sorte.  

«I dirigenti – racconta A., delegato del SiCobas – sostengono che ci sia un calo dei volumi e che devono fare tagli sul personale. Ma non c’è nessun calo, il lavoro è tornato come prima, è solo un modo per scaricare la crisi sui lavoratori». La notizia della sospensione è stata comunicata agli operai il 3 maggio, con una lettera da parte dell’azienda che rinnegava gli accordi presi nel mese di marzo. Già dalla notte seguente è cominciato lo sciopero, avviato con l’occupazione del magazzino di Peschiera.

Il numero di lavoratori iscritti al SiCobas, sindacato che aveva tra l’altro guidato il processo di assunzione dei sessantasei, è molto alto nel settore della logistica e in particolare nella filiera TNT, nei magazzini di tutto il paese. Nonostante lo sciopero abbia bloccato le merci rientrate in città, l’azienda si è da subito rifiutata di trattare. A Peschiera gli operai sono rimasti in occupazione controllati a vista da agenti della polizia di stato stipati in decine di blindati e volanti. La mattina del 5 maggio sono stati allontanati con una carica e hanno visto i cancelli chiudersi alle loro spalle.

Anche a Piacenza, poco dopo, l’azienda è stata costretta a chiudere il polo perché i magazzini erano saturi, così come il parcheggio dei camion. Dei lavoratori, tutti in sciopero, nemmeno l’ombra. Un “buco”, come lo definiscono i delegati sindacali, si era creato invece a Bergamo, dove ci sono meno lavoratori iscritti al SiCobas. Da lì qualche camion è partito e arrivato fino alle altre filiali, ma lo spostamento di quelle poche merci non ha evitato un danno economico rilevante all’azienda, considerando le sanzioni per i ritardi nelle consegne stabilite dalle condizioni generali di servizio.

A Teverola, nella mattinata di giovedì, alle otto del mattino la coda di camion rimasta fuori i cancelli era già lunga, mentre facchini e lavoratori del sindacato rimanevano a bloccare, impedendo gli accessi. Diversamente da quanto accaduto a Milano, la presenza delle volanti della polizia e della Digos era in questo caso poco più che una formalità: «È un blocco nazionale – continuava a ripetere l’ispettrice, tranquillizzando gli agenti –, non possiamo fare niente». Intanto, gli agenti   prendevano le generalità dei giornalisti e degli attivisti. Il clima si è fatto più teso intorno alle dieci, quando con una manovra inaspettata il responsabile operativo dell’azienda ha fatto aprire un ingresso laterale – chiuso, a detta dei lavoratori, da almeno otto anni – ed è riuscito a far entrare una parte dei camion in coda. Il blocco a quel punto è diventato più rigido e per almeno due ore dai cancelli di Teverola non è entrato né uscito più nessuno, nemmeno i camion vuoti, nemmeno i furgoncini addetti alla manutenzione, nemmeno le auto dei lavoratori che non partecipavano allo sciopero e che volevano entrare nel capannone, ma venivano invitati a farlo a piedi, dopo aver parcheggiato all’esterno della fabbrica intasando ulteriormente la strada.

«La mattina del 5 – racconta K., delegato sindacale – in occasione dello sgombero a Peschiera sono venuti anche gli amministratori e i dirigenti. Sono arrivati da Torino, li vedevi dai piani alti, affacciati alle finestre, che filmavano i lavoratori sgomberati indossando la mascherina. Non c’è stata alcuna trattativa. Il prefetto ha convocato due nostri coordinatori solo per parlarci, non c’erano nemmeno i rappresentanti delle aziende. Con tutte quelle camionette, d’altronde, come può esserci una trattativa? Dopo siamo rimasti fuori, nel parcheggio, e lì siamo stati fino alle tre. A un certo punto hanno aperto il cancello piccolino in fondo per far uscire i furgoni con la roba che doveva partire. La cosa più importante è la merce, no?».

A Teverola, invece, più che con la polizia i problemi durante il blocco sono sorti con gli autisti, anche loro in cassa integrazione, o meglio con i capi della cooperativa che li contrattualizza. Intorno alle 12, ai cancelli dove proseguiva il blocco si è presentato un signore in pashmina, occhiali da sole e jeans stretto, che con fare minaccioso si è rivolto ai facchini intimandogli, invano, di far entrare e ripartire i “suoi” autisti. La cooperativa Vesuvius, hanno spiegato successivamente i lavoratori, fa parte del Gruppo Logistico Storace, uno dei cui dirigenti è anche proprietario del capannone, e di conseguenza ha un doppio interesse perché le operazioni di carico e scarico si svolgano tranquillamente. La mattina presto, nella sua Bmw, tra i sorrisi ironici degli operai, era arrivato anche il presidente del consorzio.

Terminato il blocco, nel pomeriggio, i lavoratori del polo casertano sono rientrati a casa, annunciando l’astensione dal lavoro anche per il giorno successivo, così come avvenuto in tutti gli altri stabilimenti d’Italia. Tra astensioni, manifestazioni e scioperi l’agitazione è andata avanti anche a Padova, Bologna, Firenze, Fiano Romano, Napoli Casoria e soprattutto Milano, dove l’azienda ha provato a spostare le merci dallo stabilimento di Peschiera a quello di San Giuliano Milanese, trovando però anche lì decine di lavoratori in presidio.

All’arrivo del fine settimana, da Fedex non arriva nessuna notizia e nessuna voce rispetto a possibili aperture della trattativa, mentre i lavoratori si dicono pronti a continuare le proteste e si preparano ad annunciare nuove iniziative per la prossima settimana. Il braccio di ferro sembra destinato a continuare. (francesco migliaccio/riccardo rosa)

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