da Repubblica Napoli del 21 novembre
L’assessore alla cultura Daniele ha annunciato il mese scorso la prossima apertura di due nuove biblioteche comunali, una a Bagnoli e l’altra nel rione Sanità. Parliamo, per essere precisi, di due biblioteche già esistenti, aperte al pubblico fino a qualche anno fa e poi finite per ragioni diverse nel limbo dei depositi e degli scatoloni imballati, nell’attesa che chi di dovere trovasse loro una sistemazione adeguata. Si tratta quindi di una buona notizia, anche se credibile solo a metà, perché se la collocazione in alcuni locali della municipalità di Bagnoli del fondo Mazzacurati, costituito dal Laboratorio Città Nuova e poi donato qualche anno fa al comune di Napoli, appare ben avviata e prossima al traguardo, la stessa cosa non può dirsi per la biblioteca del rione Sanità: i locali individuati nell’istituto Froebeliano, in salita Stella, hanno infatti esattamente gli stessi difetti di quelli da cui la biblioteca è stata sfrattata otto anni fa, in un’ala della scuola Angiulli in piazza Mario Pagano; si trovano cioè all’interno di un edificio che ospita delle scuole, non sono dotati di un ingresso autonomo su strada e nemmeno di un’uscita di sicurezza; dovrebbero quindi sottostare agli orari delle scuole e più in generale al calendario scolastico, con chiusura nel primo pomeriggio, durante le feste natalizie, nei mesi estivi, ecc.; per non parlare delle barriere architettoniche presenti e della inadeguatezza dei locali così come appaiono oggi, con le pareti disseminate di termosifoni e la mancanza di un vero e proprio ingresso: l’entrata della futura biblioteca è delimitata infatti da una recinzione di plastica tesa tra un muro e l’altro. I diciottomila volumi, sistemati da otto anni nello scantinato della scuola Lombardi in zona Fontanelle, rischiano di restarci ancora a lungo, e l’annuncio della riapertura ha buone probabilità di restare tale.
L’assessore però mostra ottimismo ed elenca altre iniziative: la destinazione del fondo donato degli eredi di Antonio Ghirelli alla biblioteca di San Giovanni; interventi sull’edilizia nelle biblioteche di Barra, Ponticelli e San Giovanni; e poi la disponibilità di duecentomila euro, sbloccati dopo quattro anni di attesa, da destinare all’acquisto di nuovi libri, con la possibilità per i cittadini di indicare on line sul sito del comune i titoli che vorrebbero trovare sugli scaffali. In un momento del genere, in cui qualcosa finalmente sembra muoversi, è allora opportuno dire con chiarezza che la disponibilità dei libri e l’agibilità delle mura che li ospitano sono il presupposto indispensabile da cui partire, ma l’ingrediente decisivo, la scintilla per realizzare le potenzialità inespresse di questi luoghi, risiede nelle persone che le biblioteche le animano e le governano, e quindi passa per la formazione del personale e per la programmazione delle attività culturali.
Oggi la decina di biblioteche comunali aperte nei diversi quartieri della città vengono frequentate in gran parte da studenti universitari che le utilizzano come aule studio, mostrando di solito somma indifferenza per i libri, spesso obsoleti, che ne tappezzano le pareti. Lì dove la popolazione universitaria è più nutrita, avremo allora una biblioteca affollata di giovani fin dal mattino – basta visitare quella del Vomero –, mentre in posti come Gianturco o Soccavo, dove gli universitari sono di meno, l’affluenza è sensibilmente ridotta, ma comunque rivelatrice di un bisogno. La posta in gioco però è far diventare questi posti appetibili anche nel pomeriggio per i bambini e per i loro genitori; per gli educatori e per gli insegnanti come integrazione degli strumenti didattici; per i migranti attraverso l’abbonamento a periodici straneri; per gli anziani attraverso iniziative mirate e per l’intera cittadinanza con iniziative culturali di ampio respiro e programmate a lungo termine.
L’assessore Daniele sa bene che il personale attuale presenta solo in rari casi le competenze e i profili adeguati per mettere nel mirino un obiettivo del genere, ovvero rendere le biblioteche dei centri culturali vivi, accoglienti, frequentati da tutti; dei punti di riferimento polifunzionali e attraenti, soprattutto nei quartieri sconsolati della periferia. Per far questo è necessario avere presente dei buoni esempi da seguire – e, per esempio, Antonella Agnoli, testimone e protagonista di esperienze importanti in Italia, è invitata spesso in città per seminari e conferenze – ma serve anche la cosiddetta volontà politica, ovvero la predisposizione di atti formali, voci di spesa e delle migliori energie a disposizione, magari a costo di sottrarle a eventi pomposi, effimeri e talmente controversi agli occhi dell’opinione pubblica da rivelarsi dei boomerang. (luca rossomando)