Una coppola grigia in testa, baffetto sbarazzino, gilet nero su camicia bianca. Sulla scrivania del suo studio del Vomero una scultura a forma di scacciapensieri, un pezzo di pecorino crotonese e un grosso mortaio di marmo dove rimesta con un pestello una densa crema di nduja e burrata. Dopo dieci anni di sindacatura Luigi de Magistris sembra essere ormai anni luce lontano da Napoli, dalla rivoluzione zapatista, dal Lungomare liberato e dalla città deRenzizzata.
Sindaco, come procede la sua campagna elettorale calabrese?
Come vede – mostra il mortaio lasciando schizzare pezzi di nduja su una foto che lo ritrae in bandana arancione e costumino a slip al mare con i 99Posse – sono già proiettato verso la prossima rivoluzione. Così come il Che portò il socialismo in Congo e Bolivia io sono pronto a farlo a Rende e Catanzaro, ma come lui dovrò guardarmi dalle massomafie e dalle lobbies che non vogliono mollare il potere.
Qualcuno la accusa di aver trascurato l’amministrazione della città negli ultimi tempi.
Napoli ormai ha raggiunto l’autonomia politica, è una società senza classi pronta ad autogovernarsi. Dopo dieci anni di amministrazione posso dire che la città è salva e non ha più bisogno di me. D’altro canto, bisogna essere sempre bravi a scegliere il momento migliore per uscire di scena, come quando Mourinho andò via dall’Inter o Batman fece un passo indietro ne Il cavaliere oscuro.
Ma Napoli è in difficoltà, e la giunta non riesce da tempo a incidere su nulla. Come mai?
Di questo le do atto. Da tempo i miei collaboratori hanno rinunciato a difendere la città, tutti presi da lotte intestine e corse alla successione. Hanno perso la voglia di vivere, la voglia di rivoluzione, la leggerezza che ci ha sempre caratterizzato.
Si riferisce a qualcosa di preciso?
Beh, per esempio ci sono rimasto molto male quando Alessandra – Clemente, ndr – ha montato un casino perché Marco Nonno l’aveva paragonata alla maialina dei Muppet. Innanzitutto, perché il personaggio di Miss Piggy porta con sé una carica rivoluzionaria enorme. E poi perché Nonno e i consiglieri di destra ci hanno salvato molte volte con i loro voti e le loro astensioni dal bilancio, non meritavano un trattamento del genere.
Ecco, torniamo sulle cose napoletane. Perché il suo sostegno alla Clemente è stato così timido?
Come le ho detto, per chiunque l’impresa di governare dopo di me sarebbe stata ardua. Ho provato per lungo tempo a investire su Alessandra cercando di creare un ponte con il futuro, ma i miei delfini hanno finito per assordarsi con gli ultrasuoni l’uno con l’altro, senza capire che il rumore è il modo migliore per confondere gli avversari e gli elettori. Se vuoi tenere insieme gli imprenditori e Libera, i centri sociali del Vomero e quelli del centro storico, gli artisti in cerca di feste di piazza, i benecomunisti e i parcheggiatori abusivi, hai bisogno di distogliere ogni giorno l’attenzione dai problemi veri.
È questa la ricetta anche per il prossimo sindaco?
Il prossimo sindaco sarà Manfredi, un uomo delle istituzioni, uno che è schiacciato tra De Luca e i 5Stelle, pensi che brutta fine hanno fatto Erri De Luca e company, che oggi lo corteggiano per poche prebende. È vero pure che con gli anni anche le mie posizioni sul Pd si sono ammorbidite e ora cerco una sponda così come fanno tutti.
In effetti nelle liste napoletane c’è un enorme tasso di trasformismo che coinvolge anche i suoi assessori.
Beh, come biasimarli. Quando capisci che puoi vivere senza lavorare, come abbiamo fatto in questi anni, solo facendo qualche marchetta in giro per la città e dando la colpa di tutti i tuoi insuccessi ai poteri forti, ci prendi gusto.
C’è un tradimento che le brucia almeno un po’?
Quello di Maurizio De Giovanni, che mi aveva promesso di scrivere un poema epico sulle mie gesta ambientato tutto tra via Cilea e via Cimarosa.
Progetto naufragato? Ci dica qualcosa in più…
Era un progetto importante. Alla fine del volume, che coincideva con la fine del mio mandato da sindaco, come Gilgames ascendevo al cielo e venivo nominato dagli dei “Re e giudice divino”. Maurizio mi aveva assicurato che ne avremmo tirato fuori anche un adattamento per la tivvù con Lino Guanciale a interpretare me, Claudio Amendola il colonnello Auricchio e Serena Rossi nei panni di Annamaria Palmieri. Poi un giorno Maurizio mi ha chiamato, ha detto che doveva restare sulla cresta dell’onda per comprarsi una seconda casa a Maratea, e che quindi doveva scaricarmi.
E da un punto di vista politico?
Beh, le scelte di Ciro Borriello, che è stato un mio fedelissimo per tutto questo tempo, devo dire che mi hanno fatto male.
Non si aspettava di vederlo con i 5Stelle, in appoggio a Manfredi e in coalizione con il Pd?
Beh, in effetti no. Ma quello che brucia di più è altro, l’aver portato via nottetempo, dalla stanza dell’assessorato, tutti i giocatori del Subbuteo che avevamo ricevuto in dono durante le Universiadi dalla nazionale norvegese, e con cui fino a due mesi fa giocavamo ogni giorno delle interminabili partite. Queste sono le cose che fanno veramente male al cuore. (a cura di pazzaglia)