E se tu preghi i compagni e gli ordini di scioglierti, essi allora ti leghino ancora di più con le corde
Odissea, Canto XII
Nel corso di questa legislatura (la XVI°), alla Camera dei deputati, sono stati presentate otto proposte di legge di modifica o riforma della legge 180, tutte ad iniziativa di deputati della maggioranza di centrodestra (Marinello, Guzzanti, Barbieri, Ciccioli, Jannone, Picchi, Garagnani, Polledri). Su tutte spicca quella presentata da un deputato del Pdl, lo psichiatra Carlo Ciccioli, ma l’impianto è comune alle diverse proposte di legge. La pietra angolare, da cui partono queste proposte è la modifica delle procedure dei trattamenti sanitari obbligatori, nella direzione di un loro utilizzo più ampio e l’estensione delle pratiche psichiatriche ad una fascia più ampia di “soggetti fragili”.
Come è noto con il termine trattamento sanitario obbligatorio (TSO) si indicano le procedure sanitarie praticate ad una persona, sofferente psichica, anche contro la sua volontà, in casi di grave urgenza clinica. L’articolo 32 della costituzione stabilisce che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e che questa non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. La legge stabilisce per il TSO una durata di sette giorni e prevede che esso sia disposto dal sindaco su proposta di due medici. Una procedura rafforzata che non ha impedito che, anche di recente, si verifichino abusi nel suo utilizzo. In base ai dati Istat possiamo stimare che siano circa centomila gli episodi di TSO negli ultimi dieci anni.
La proposta Ciccioli prospetta “una migliore regolamentazione dei ricoveri in forma coatta” e prevede due ipotesi, ricoveri vincolati all’emergenza clinica di tipo breve, sia ricoveri di tipo protratto legati “all’esigenza di poter disporre dei tempi necessari per un costruttivo impegno in ambito terapeutico-riabilitativo”. Si tratta quindi di estendere quelle che sono definite come “prassi ormai consolidate da tempo in termini di esecuzione del trattamento sanitario obbligatorio (TSO)”.
E come recepiscono queste prassi “consolidate” in materia di TSO? Innanzitutto se la norma attuale prevede che un TSO duri sette giorni, prorogabili, la proposta Ciccioli porta la durata del TSO a trenta giorni, con la possibilità di una proroga della stessa durata. Ma la proposta di legge introduce anche l’istituto del trattamento sanitario prolungato (TSOP) senza consenso, “finalizzato al ricovero di pazienti che necessitano di cure obbligatorie per tempi prolungati” Il TSOP ha una durata di sei mesi e può essere ripetuto. Il TSOP è un progetto terapeutico formulato dallo psichiatra del DSM ed è disposto dal Sindaco, su proposta del DSM e approvato dal giudice tutelare. Il TSOP vincola il paziente al rispetto di alcuni obblighi come l’accettazione delle cure e la permanenza nelle comunità accreditate.
C’è poi l’introduzione di quelle che gli anglosassoni definiscono “direttive anticipate”. La possibilità cioè per una persona “sana” di dare disposizioni in caso di malattia e di sua incapacità di volere. Nella proposta di legge Ciccioli, questa ipotesi trova il nome poetico di “contratto di Ulisse”. Così come Ulisse chiese ai suoi marinai di legarlo per ascoltare il canto delle sirene e di non obbedire alle sue richieste di essere liberato, il paziente psichiatrico stipulerebbe un “contratto terapeutico vincolante” per il proseguimento delle cure, che “vincola il paziente, originariamente d’accordo, a farsi seguire anche a prescindere da una volontà contraria, manifestata in una successiva fase della malattia”.
Questo ampliamento delle forme trattamento sanitario obbligatorio si accompagna anche al tentativo di estendere il campo dell’intervento psichiatrico, in particolare per i minori. L’ex ministro Fazio indicò tra le aree di bisogno prioritarie delle politiche sanitarie del governo “i disturbi psichici gravi all’esordio e salute mentale nell’adolescenza e nella giovane età adulta” e si proponeva di integrare servizi di neuropsichiatria infantile all’interno dei dipartimenti di salute mentale (DSM).
Naturalmente, non è possibile ridurre la discussione sui servizi di salute mentale a quella sul TSO. Basti pensare che tra ricoveri ordinari e day hospital sono oltre trecentomila l’anno le persone con una sofferenza psichica che sono state “ospedalizzate”. Di queste, nel 2006, ben 42.570 sono ragazzi con una età non superiore a diciotto anni. Circa il 13% dei ricoverati è di giovane età. È chiaro a tutti che in uno scenario di impoverimento dei servizi sociali e sanitari, di progressiva riduzione delle risorse, di un federalismo ineguale che andrà a sancire definitivamente la linea che separa il nord dal sud, questa discussione politica stabilisce delle cose ben precise. Innanzitutto estende la sfera della medicalizzazione, ampliando la sfera di intervento esclusivo dello psichiatra. In secondo luogo disegna un modello procedurale che si muove su due assi, l’obbligo al trattamento e l’estendersi delle ipotesi di ricovero/internamento prolungate.
Con la ridicola accusa che la legge 180 sia una norma ideologica, si propongono riforme che trasformano il medico in custode e il paziente in prigioniero. E dovremmo, sin da ora, chiederci se non saranno proprio i minori le prossime prede di un nuovo discorso psichiatrico pronto a ridurre la complessità del disagio psichico ad una dettagliata tassonomia di sintomi, alla quale rispondere moltiplicando e riproducendo le forme dei trattamenti obbligatori e dei ricoveri coatti?
A noi sembra questo il canto delle sirene, nemmeno poi tanto seducente, dal quale doversi difendere. (dario stefano dell’aquila)
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