Un giorno una professoressa che non stimavo mi disse, dall’alto non so di cosa: «Devi imparare anche a raccontare i pensieri, non solo i fatti».
Ho ripensato a questa frase leggendo il nuovo libro di Peppe Lanzetta, Pane e peperoni, una vita on the road (A est dell’equatore, 2012), una raccolta di aneddoti, episodi e incontri, di fatti insomma, sempre efficaci nella costruzione narrativa e nella scrittura, messi in fila con buon ritmo e non in ordine cronologico, in cinquantasette brevissimi capitoli da massimo due pagine. All’interno del libro i pensieri ci sono, ma soprattutto nella prima parte non guastano il ritmo serrato che viene fuori dai racconti, tutti autobiografici. Verso la fine i capitoli dedicati alle riflessioni si fanno un po’ troppo frequenti, ma da queste viene comunque fuori un punto di vista interessante sulle cose (quelle che riguardano Napoli, più che quelle sugli scenari nazionali o internazionali).
La parte migliore, si diceva, è costituita dal racconto. Lanzetta mischia vita privata e pubblica, raccontando se stesso, a rapporto con la mediocrità di personaggi quali i direttori di banca incrociati nella sua travagliata carriera da impiegato del Monte dei Paschi, o ancora gli incontri sorprendenti come quello con uno spaesato De Andrè nella casa di Clemente Mastella, a Ceppaloni. Fa ritratti – forse anche alla luce dell’ennesima “carriera” che sta provando a intraprendere, quella di pittore – sempre efficaci, divertenti, scritti come al solito in maniera informale ma pulita, e dai quali riesce a tirar quasi sempre fuori il contesto, quello dell’Italia postdatata e postideologica.
Ne escono alla grande personaggi come Mia Martini, Franco Battiato,Raffaella Carrà e Oreste Lionello. Il burbero Sergio Bruni, Maurizio Costanzo, Gianni Minà, James Senese, e il compagno di classe Pino Daniele, che fingeva di dormire al casello dell’autostrada, per non pagare la sua quota. Molto bello il ricordo dedicato a Troisi, così come le pagine scritte per Abel Ferrara, Gaetano Di Vaio, e tutti i figli del Bronx minore, che ce l’abbiano fatta o meno.
Se la forza di questi racconti, tuttavia, sta nel modo in cui vengono presentati, come il ricordo di “uno come tanti”, che si trova senza sapere come al cospetto dei più grandi, anche le caratterizzazioni dei personaggi privati sono efficaci: su tutti la professoressa di spagnolo, inguaribile zitella arruffianata dagli alunni, e il bancario che si aggira nella gay-night napoletana, per poi imbattersi nel più lassista dei suoi impiegati, pieno di vergogna.
Un libro, insomma, diverso da tutti gli altri di Lanzetta, che ha il merito di essere prima di tutto divertente nella sua leggerezza. Basti pensare, d’altronde, che quella che probabilmente è la vera chicca del libro, si trova nelle note biografiche, quando in coda ai precedenti testi pubblicati e dopo due righe che ci ricordano che l’autore è tradotto anche in Germania, Austria e Brasile, il testo si chiude con un secco: “Nel 2000 è stato protestato dal Banco di Napoli”.
Dopo tanti “fatti”, un finale più adatto non poteva esserci, per raccontare il personaggio più border della cultura della nostra città. (riccardo rosa)