Non sembrano esserci altre vie d’uscita, dopo l’intervento della procura di Napoli: la coppa America sulla colmata di Bagnoli, troppo inquinata a detta di tutti, non si farà. Alla fine, a meno di clamorosi colpi di scena, è passata la linea più sensata. L’amministrazione comunale, adesso, ha le ore contate per trovare una nuova location dove effettuare la competizione, dal momento che i tempi per portare a compimento i lavori (gli 85 giorni previsti dal bando) sono molto ristretti. Nisida e il lungomare di via Caracciolo sono le candidate-sostitute più gettonate, ma se l’operazione non andrà in porto ci sarà da pagare una penale da dieci milioni di euro. Venti, dice qualcuno, ma di questi tempi mettersi in contatto con chi si occupa della questione all’interno di palazzo San Giacomo è impresa piuttosto ardua, e il dubbio persiste.
La cosa certa (e meno divertente) è che si tratterebbe di soldi pubblici, dal momento che la firma sulla polizza assicurativa con cui gli americani hanno pensato bene di cautelarsi, è quella messa da Riccardo Marone, presidente dimissionario (ma ancora presidente) dell’agonizzante BagnoliFutura. Se si aggiungono a questa cifra le due fidejussioni da cinque milioni di euro cadauna, con cui Napoli ha comprato dall’ACEA il diritto di utilizzare il brand e quello di mandare in scena la manifestazione, la cifra diventa, in questi tempi di austerity e tagli, decisamente sproporzionata rispetto a ogni logica di investimento illuminato.
Tanto più che a rimetterci i soldi saranno solo BagnoliFutura e la triade Comune-Provincia-Regione, di certo responsabili del pasticciaccio brutto della coppa America, ma non certo gli unici a lanciarsi con avventato entusiasmo nell’improbabile avventura. All’ACN srl, per esempio, (società di scopo costituita per gestire l’evento, e il cui amministratore unico è Paolo Graziano, presidente degli industriali napoletani) è stato concesso di condurre un’operazione da decine di milioni di euro, attraverso un capitale sociale per la maggior parte pubblico – appartenente per nove decimi proprio a Comune, Provincia e Regione – mentre quello investito dai privati (Uniservizi, controllata dell’Unione industriali di Napoli) ammonta a ben duecentocinquanta (250) euro. Nella pratica, l’anticipo dei mille che Graziano&co. avrebbero dovuto sborsare alla fine della fiera.
A questo punto la questione diventa politica. Valeva la pena rischiare tutti questi soldi per un evento come le pre-regate della coppa America? Valeva la pena esporre i lavoratori delle imprese che avrebbero dovuto operare sulla colmata a seri rischi di salute, dal momento che gli interventi avrebbero dovuto essere portati a termine in 85 giorni, una tempistica ridicola, secondo gli addetti ai lavori, per un’operazione complessa quale la lavorazione e la copertura di una superficie così inquinata? Ma soprattutto: valeva la pena vincolare il destino di Bagnoli a quello che oggi si scopre essere stato nulla più che un salto nel buio? È storia di qualche giorno fa, infatti, la dichiarazione con cui il vicesindaco Sodano lasciava intendere che l’eventuale bocciatura di Bagnoli come location della coppa America, avrebbe messo a serio rischio le opere di riqualificazione dell’area.
Le domande ricominciano: non era stato forse, quello del rilancio di Bagnoli, uno dei punti forti della campagna elettorale del sindaco? Non aveva promesso, de Magistris, di voltare pagina sulla questione, sciogliendo BagnoliFutura, la cui gestione era stata definita “una pagina vergognosa di commistione fra politica e crimine intorno al denaro pubblico”? Non è stato invece proprio lui, dopo qualche mese, a mantenere il carrozzone in vita, esponendolo a un ennesimo insuccesso e a una cospicua perdita di danaro? Le risposte, nel migliore dei casi, le ascolteremo in una prossima conferenza stampa, in cui (si spera) qualcuno spiegherà come mai appena insediatosi, il sindaco abbia scelto di puntare in maniera decisa su un evento che agli occhi di tutti appariva quanto meno dalle dubbie possibilità di realizzazione.
Ma ancora di più, quello che è importante in questa fase, è capire le scelte che l’amministrazione intende fare per gestire la riqualificazione di Bagnoli. Sciogliere i cosiddetti nodi riguardanti le risorse (economiche e umane) da utilizzare, la tempistica delle bonifiche, lo scioglimento della Bagnoli Futura, e farlo, magari, stilando un programma che preveda una serie di incontri con le associazioni, i cittadini, perché no anche chi (rispettando i vincoli ambientali previsti) intende investire su Bagnoli. Una commissione che agisca quotidianamente tenendo conto delle esigenze e delle preoccupazioni del quartiere, per mettere al corrente la cittadinanza dello stato degli interventi, e coinvolgerla concretamente nel dibattito non solo su ciò che è andato (storto), ma soprattutto su ciò che sarà. Qualcuno lo chiamerebbe buon senso, qualcun altro, un po’ più sognatore, democrazia partecipata. Che sia l’uno o l’altra, dopo gli ennesimi proclami andati a vuoto, per Bagnoli è il momento dei fatti. (riccardo rosa)