Foto di Marcello Lavatori
Fa rabbia prima di tutto per i familiari di Noemi, che comunque in queste ore avranno ben altro a cui pensare; poi per quelli delle altre vittime della camorra, che battagliano più o meno quotidianamente, ognuno a modo proprio; e poi per quelle tre-quattrocento persone che hanno creduto che partecipare alla marcia organizzata questa mattina per protesta contro la camorra, e in solidarietà alla piccola rimasta gravemente ferita venerdì a piazza Nazionale, fosse un modo per rendere tangibile la propria indignazione.
Fa rabbia perché anche a saperle a memoria, quando le si vedono, certe cose sono sempre sconfortanti. Fa rabbia perché la prima cosa da fare sarebbe quella di chiedersi a chi sta veramente a cuore la vita di quella bambina. Fa rabbia perché di proclami e passerelle si vive, ma si muore anche.
Piazza Nazionale due giorni dopo, ore 10,30 circa. I fotografi e i giornalisti cercano di trovare l’angolazione più opportuna per inquadrare la folla. C’è qualche dichiarazione di solidarietà, qualche coro di protesta. Poco distante esplodono dei fuochi d’artificio, alcuni attivisti di Libera si indignano, il referente dell’associazione per la Campania, Fabio Giuliano, ne approfitta per rilasciare dichiarazioni. Dopo circa trenta minuti il corteo si muove, pronto a compiere un giro completo della piazza.
Nelle prime file, insieme ai parenti delle vittime, i soliti politici, esponenti delle istituzioni e volti noti dell’antimafia che sgomitano per farsi notare. È cosa nota la poca simpatia reciproca tra molti dei partecipanti, ma in casi come questi “bisogna essere uniti”. Raniero Madonna, uno dei leader del centro sociale Insurgencia, redarguisce i suoi: «Ma com’è? Prima abbiamo fatto lo striscione e poi lo facciamo mantenere al Pd?». Schierati sul campo (che purtroppo è stato veramente di battaglia) ci sono quelli di Insurgencia e quelli di Dema, il consigliere Eleonora De Majo, il presidente di municipalità Poggiani, l’assessore Clemente, il consigliere comunale Elena Coccia; il consigliere regionale dei Verdi Borrelli, l’ex candidata a sindaco del Pd Valente, il deputato del Pd Migliore, il garante dei detenuti ed ex assessore regionale Ciambriello, la professoressa Iavarone, madre del giovane ferito da tre coetanei due anni fa in via Foria.
Gli interventi al microfono si susseguono. Alcuni invocano educatori, altri polizia. C’è il comitato civico del Vasto (quello di sinistra, perché quello di destra non si è presentato). Le frasi sugli striscioni ricalcano la retorica di questi giorni, comune a tutti, dagli editorialisti dei quotidiani passando per sindaco e vescovo. Per una volta è lecito andare sopra le righe, gridare che «la camorra è una merda», usare termini come “cancro”, “tumore”, invocare carceri a vita e pene di morte. Il nemico tanto è lontano, e più ci si esprime duramente, più si può dare l’impressione di stare facendo qualcosa per combatterlo, o almeno di stare dalla parte giusta.
A metà del corteo c’è un buco di qualche metro. Un comitato per la vivibilità cittadino, in aperta polemica col sindaco da anni, e guidato da un ex consigliere comunale, dà la sensazione di voler rompere l’unità. Quando arriva l’assessore Clemente alcune persone la contestano, in quanto «responsabile della polizia municipale». Si sente gridare, c’è un po’ di bagarre, nel calderone finiscono addirittura le concessioni ai locali notturni sul litorale ovest.
Al momento non ci sono novità sulle condizioni della bambina. Respira ancora a fatica, a causa del danno provocato ai polmoni dal proiettile. Non resta che sperare riesca a sopravvivere, e che nessuno le racconti, un giorno, quello che succedeva mentre lei rischiava di morire. (riccardo rosa)
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