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napoli
8 Dicembre 2012

La truffa della partecipazione

Luca Rossomando
(archivio disegni napolimonitor)

Da Repubblica Napoli del 7 dicembre 2012

Il recente blitz della polizia municipale nell’ex Asilo Filangieri, a quanto pare in seguito a un esposto in procura di alcune associazioni, ha riacceso la tensione intorno all’edificio, destinato alla Fondazione Forum delle culture e poi occupato dalla “Balena”, il collettivo di lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale che ne ha promosso l’apertura alla città e la gestione attraverso forme giuridiche innovative.

Le stanze dell’ex Asilo, desolatamente vuote fino al marzo scorso, ospitano adesso spettacoli, dibattiti e laboratori; e se esiste un nucleo di persone che generosamente si fanno carico del coordinamento e assicurano una programmazione non casuale, è anche vero che da mesi la gestione degli spazi è affidata a un’assemblea aperta a tutti, in cui le proposte si discutono e si rendono operative. Nel maggio scorso la giunta comunale ha approvato una delibera proposta dall’assessore alla partecipazione Lucarelli, seguita da un disciplinare che dovrebbe specificare i dettagli dell’utilizzo del bene. Ma il disciplinare non è di fatto in vigore e le incertezze che riguardano la gestione hanno provocato il malcontento di altre associazioni – ma anche del presidente della quarta municipalità – che contestano un presunto uso esclusivo di quegli spazi.

In passato le sperimentazioni artistiche trovavano sovente ospitalità nei centri sociali – edifici occupati e gestiti da un collettivo – che solo nella loro fase calante, a Napoli, sono stati regolarizzati impiegando formule varie, dall’assegnazione al comodato d’uso. Come avviene in ogni metropoli, i giovani che vogliono fare teatro o discutere di politica, che amano suonare o semplicemente ascoltare musica, cercano dei posti accessibili e attraenti ai loro occhi perché frequentati da coetanei con i quali confrontare le differenze o riconoscersi nelle affinità. Con buona pace di molti, intorno a questi luoghi sono nate alcune tra le più interessanti esperienze cittadine nel campo della cultura e dell’arte degli ultimi vent’anni. In questa fase recentissima si aprono invece posti come l’ex Asilo Filangieri, che nascono non in opposizione ma cercando la collaborazione delle istituzioni, pur sulla base di istanze politiche e programmatiche ben definite. Non è un caso che gli animatori dell’ex Asilo rifiutino di chiedere l’assegnazione esclusiva, auspicando piuttosto un “uso civico del bene comune”. È quindi compito dell’amministrazione stabilire in modo inequivocabile la cornice in cui queste attività devono svolgersi. Non solo per governare l’ex Asilo, ma per tutti gli altri luoghi che, su tale esempio, potrebbero aprirsi. È evidente che la delibera e il disciplinare così come sono non bastano. Troppi dettagli restano aleatori e si prestano a diatribe e contestazioni. Per fare un esempio, il disciplinare prevede la chiusura dello spazio entro le 23 e nei fine settimana, oltre al divieto di somministrare bevande, ma è evidente che quello spazio si anima soprattutto di sera e nei fine settimana, e che per attrezzarlo chi lo tiene aperto ha bisogno di qualche entrata per fronteggiare le spese.

La distanza tra una traballante cornice formale e le reali esigenze di gestione creano l’incertezza e il conflitto. Dopo l’irruzione della polizia municipale l’amministrazione è rimasta in silenzio. L’assessore Lucarelli è il terminale delle politiche partecipative sulle quali il sindaco aveva creato tante attese al momento dell’insediamento. Ma le cose non stanno andando come promesso. Napoli si vanta di essere stato il primo comune in Italia a regolamentare la partecipazione dei cittadini attraverso l’istituzione del cosiddetto “Laboratorio Napoli”. In effetti, alle prime convocazioni delle “assemblee di popolo” avevano risposto centinaia di persone, fiduciose in questo nuovo corso. Ma con il passare del tempo la fiducia è scemata e le presenze si sono drasticamente ridotte. Intanto sono state istituite sei consulte. Ognuna di esse si occupa di una macroarea specifica, strettamente legata all’attività della giunta. Si tratta in fondo di assemblee monotematiche, con gli assessori che aprono e chiudono le sedute e tutti i difetti tipici di queste riunioni: la frammentazione della discussione, l’inconcludenza di molti interventi, l’incapacità di arrivare a una sintesi. Nessuna attivazione reale dei cittadini, nessuna deliberazione comune. L’obiettivo è piuttosto di tenere informata una parte di cittadinanza sull’attività della giunta, mantenendo una netta distinzione tra istituzioni – che decidono – e cittadini – che ne prendono atto.

Il Laboratorio Napoli, così com’è ora, può fare effetto solo nei consessi progressisti nazionali, che guardano da lontano alle cose di Napoli, dove il sindaco promuove la sua lista alle elezioni legislative; ma visto da vicino è evidente – come in tanti altri casi – che le altisonanti parole non corrispondono ai fatti. La realtà sociale tende a sfuggire dalle griglie fissate a tavolino. I processi vanno governati con autorevolezza, trasparenza e soprattutto chiarezza di idee, avendo il coraggio di modificare gli strumenti legislativi quando a una verifica seria appaiono inefficaci. Questo vale per assemblee e consulte, come per l’ex Asilo. La giunta deve dissipare le ambiguità e scegliere una strada: avallare e difendere fino in fondo la pratica di gestione sorta in questi mesi da esigenze reali, oppure regolare in modo stringente ogni dettaglio, assumendosi la responsabilità di spegnere sul nascere un nucleo di attivismo basato sull’entusiasmo e sulle motivazioni ideali. Nascondere la testa sotto terra non potrà che creare altri equivoci, a scapito della giunta ma soprattutto dei tanti attori di questa vicenda. (luca rossomando)

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