Quando, passate da poco le 17,00, il corteo inizia a muoversi da Piazza Garibaldi verso via Firenze, la pioggia cade ancora copiosa. Mille persone, prevalentemente migranti delle diverse comunità presenti a Napoli (innanzitutto quella senegalese), attivisti della rete antirazzista e di altre realtà sociali cittadine, non si sono lasciate fermare dal temporale estivo, decidendo di scendendo in piazza per Cissè Elhadji Diebe, il cittadino senegalese ferito con un colpo di pistola alla gamba, intorno alle 22,00 di giovedì scorso a via Milano, nel quartiere Vasto. Gli abitanti del quartiere, però, restano a guardare da balconi, finestre e ingressi dei negozi. D’altro canto, a leggere le bacheche Facebook dei diversi gruppi dedicati al Vasto, si ha la percezione di una insofferenza profonda che, in molti casi, arriva fino all’odio razziale, incitando al fuoco, all’acido, ai pogrom.
Un atteggiamento che non può essere generalizzato, ma che è indizio di una situazione che si è via via incancrenita da quando, per far fronte alla cosiddetta emergenza Nord Africa del 2011, l’assessorato regionale alla protezione civile dell’allora giunta di centro destra decise di concentrare, tutti in quest’area, i centri napoletani riservati ai migranti. Lo fece grazie a un accordo che, per il tramite dell’associazione di categoria, coinvolse molti albergatori della zona della Ferrovia. Un affare colossale che, come denunciato da alcune associazioni, innanzitutto Garibaldi 101, ha definito un modello di mala accoglienza di cui i migranti (ai quali spesso sono stati negati corsi di italiano, assistenza legale, percorsi formativi, dignità alloggiativa) sono stati le prime vittime. Ciononostante, negli anni, la prefettura ha continuato ad affidare, molte volte agli stessi soggetti già protagonisti di denunce, l’accoglienza in quelli che, nel corso del tempo, sono divenuti Centri di accoglienza straordinaria (Cas), mantenendo in quest’area una altissima concentrazione di richiedenti asilo sospesi nel limbo dell’iter procedurale dell’istanza di protezione. Una situazione esplosiva, su cui si sono innestati gli interessi e i traffici della camorra, la propaganda di gruppi neofascisti, le politiche e i discorsi razzisti dell’attuale compagine di governo.
«La concentrazione elevata di Cas rappresenta un grande problema», ci dice nel corso della manifestazione Ndiaye El Hadji Omar. «Per come è strutturata l’accoglienza, decine di ragazzi si ritrovano per strada dal mattino senza sapere cosa fare, senza avere indicazioni. La crisi economica di questi ultimi anni ha reso molto più complessa la convivenza con gli italiani, che – anche fomentati da un crescente clima politico d’odio – hanno iniziato a individuare gli immigrati come la causa di tutti i loro problemi». Omar, anche lui senegalese, da anni in Italia, è stato tra i primi soccorritori di Cissè Elhadij Diebe, ed è stato lui a chiamare forze dell’ordine e ambulanza. «Abito a via Milano, stavo rientrando a casa dalla Moschea. Ho incrociato un giovane che correndo mi ha gridato che da uno scooter avevano appena sparato contro un ragazzo. Mi sono precipitato, l’ho trovato a terra, ho provato a calmarlo, ho chiamato forze dell’ordine e ambulanza. Sono stati momenti difficili, anche per la tensione crescente tra le persone accorse. Oggi, fortunatamente, Cissè sta meglio, abbiamo anche contattato i suoi parenti. È un bravo ragazzo che lavora come venditore ambulante, i motivi dell’agguato non sono ancora chiari, ma se saranno confermati alcuni elementi, Cissè sembrerebbe la vittima casuale di un vero e proprio raid contro i neri. Ormai i ragazzi iniziano ad aver paura anche di stare per strada e ne hanno tutte le ragioni». I motivi di quanto accaduto restano da chiarire, ma nel corso della manifestazione, proseguita attraverso Corso Umberto fino alla Prefettura, le comunità migranti hanno sottolineato il rischio della deriva razzista, imputata principalmente al ministro dell’Interno.
È l’intero esecutivo a essere posto però sotto accusa: «Non avrei mai potuto immaginare che i 5 Stelle fossero capaci di sostenere questi discorsi di odio e di razzismo», ci ha detto Koaudio Lincoln Abraham, originario della Costa d’Avorio, in Italia dal 2009, ex attivista del grillino nell’area flegrea. «Sono deluso e amareggiato. Portavano una maschera per occupare le poltrone del potere. Questo governo non fa nulla per tutelare la sicurezza, sia per gli stranieri che per gli italiani, crea una guerra tra i poveri, dà il via libera al far west. Questo momento è il più brutto della mia vita in Italia: il razzismo esisteva da tempo, ma prima non c’erano comportamenti così sfacciati, compiuti senza vergogna e timore. La vita di noi migranti è molto peggiorata, ma noi non ci arrenderemo: possono anche spararci, ma noi continueremo a camminare fieri per sfidarli e costruire una possibilità di convivenza dei diversi popoli, capace di vincere l’odio».
Fuori la prefettura, mentre si attende la delegazione salita per un incontro con i rappresentati dell’Ufficio territoriale del governo, i più giovani tra gli intervenuti sottolineano la necessità di azioni concrete, sia per garantire un futuro a Cissè, sia per fermare il clima d’odio che ha fatto registrare, nelle ultime settimane, anche in Campania, quotidiani episodi di violenza.
Quando la delegazione torna dall’incontro, riferisce di aver richiesto, ricevendo riscontro positivo, un tavolo con tutte le istituzioni del territorio, la garanzia di maggiori condizioni di sicurezza, interventi volti a migliorare la situazione del Vasto. Indicazioni che, soprattutto a fronte del clima politico nazionale, potrebbero restare più formali che sostanziali. Resta però il senso politico dell’iniziativa, soprattutto, nella solidarietà portata a Cissè e nelle rivendicazioni degli attivisti di “Napoli senza confini”: «Insieme continueremo a lottare: non lasceremo mai ai fascisti e ai razzisti le strade della nostra città!». (antonio esposito)
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