Fotogalleria di Mattia Tarantino (da 1 a 6) e Giuseppe Riccardi (da 7 a 15)
Napoli, sabato 6 giugno. Sono circa le 11,00 quando davanti all’ospedale Loreto Mare viene affisso uno striscione: “Operai, studenti, disoccupati. Fronte unico di classe”. È il primo atto di una manifestazione che durerà qualche ora, portando in corteo circa trecento tra operai, disoccupati organizzati di diverse sigle napoletane, studenti medi e universitari. La manifestazione si è svolta in diciassette città d’Italia con lo slogan comune “Facciamo pagare la crisi ai padroni!”, in riferimento ai temi del lavoro e dello smantellamento dei servizi pubblici, sociali e sanitari. È per questo che a Napoli il corteo è iniziato dal Loreto Mare, ospedale del centro storico ormai al collasso, mentre tutt’intorno i presidi sanitari locali chiudono sotto i colpi dei tagli regionali alla spesa, e mentre l’Asl Napoli1 è a rischio scioglimento per possibili infiltrazioni camorristiche. Tra i temi centrali della manifestazione le lotte per il lavoro e quelle contro i licenziamenti che già cominciano a prendere corpo, nonostante i divieti previsti dal decreto legge sull’emergenza Covid.
Nel pomeriggio, a Rotonda Diaz, sono state anche di più le persone che hanno dimostrato davanti al consolato americano contro l’uccisione a Minneapolis di George Floyd, la violenza della polizia e in solidarietà con le proteste della comunità afro-americana in atto in questi giorni negli Stati Uniti. La manifestazione ha riunito quasi mille persone e ha messo al centro le questioni della discriminazione e della razializzazione. Il presidio è stato convocato in maniera spontanea partendo da un appello nato su internet da parte di alcuni giovani migranti, italiani di seconda generazione e giovani con background migratorio, che hanno ricevuto il sostegno dei militanti dei collettivi e dei centri sociali cittadini. Al presidio hanno partecipato anche i familiari di Davide Bifolco e Ugo Russo, i due adolescenti uccisi dai carabinieri, a Napoli, nel 2014 e nel 2019.