
«Papà l’altra sera, il giorno di Pasquetta, voleva farsi la doccia. Noi abbiamo la vasca da bagno, e può capitare di scivolare. Gli ho detto: “Papà, nun da’ retta, t’a fai dimane ‘a doccia. Che stasera, se cadi, là rimani». Tina vive in una palazzina all’angolo tra via Coroglio e via Nisida. Case piccole, tipiche del vecchio borgo tuttora abitato soprattutto da pescatori, case che affacciano sul mare e da qualche anno sui locali notturni della zona. Ci incontriamo nell’appartamento di Maria Rosaria, sua vicina di casa, anche lei esasperata dalle ultime notti insonni. La stagione estiva sta per cominciare e il “triangolo di fuoco” (Pasquetta – 25 aprile – 1 maggio) è segnato in rosso sul calendario.
Tina e Maria Rosaria sono le più combattive tra gli abitanti del borgo Coroglio nella battaglia contro i locali notturni sorti nei due chilometri e mezzo di costa che separano piazza Bagnoli dall’isola di Nisida. «Raccontata così, la storia, non rende l’idea. Può sembrare che ci lamentiamo per un po’ di musica ad alto volume, ma la cosa va oltre. Qui siamo prigionieri in casa nostra, ci sono persone costrette a vendere gli appartamenti e andare via da case che abitano da cinquant’anni».
Arenile di Bagnoli, Alma Flegrea, Club Partenopeo (ex Voga), HBTOO, Chapeau, Neasy, Yama (ex Riva), Veliero, Naif, Nero, sono i nomi dei locali che dal giovedì alla domenica richiamano sul litorale flegreo migliaia di persone. Locali di ogni tipo: dal colosso della musica dal vivo e da discoteca, fino al pub che Città della Scienza ha aperto lato mare senza troppo pudore, mettendo a reddito le proprie concessioni con un’attività che di didattico ha ben poco, negli stessi momenti in cui si faceva un gran rumore per provare (invano) a mettere in discussione la ricostruzione sulla costa dei suoi edifici. Oltre ai locali notturni, di fronte alla spiaggia di Coroglio e all’inizio del pontile di Nisida, c’è il Lido Pola, centro sociale occupato e poi riconosciuto “bene comune” dal sindaco de Magistris. Il Lido ha altre attitudini e obiettivi rispetto alle discoteche del vicinato, ma per finanziare le proprie attività sul territorio propone un cartellone musicale altrettanto fitto, che contribuisce ad attrarre gente in un imbuto di strade strette la cui unica via di fuga diventa il mare. «Da tempo ci interroghiamo sulle trasformazioni della linea di costa», spiega Lorenzo. «Nel quotidiano il punto più delicato è la sproporzione tra il numero di “ingressi” nei locali e i parcheggi messi a disposizione. Ma la questione è più ampia e riguarda il tipo di proposta, non solo musicale, che viene fatta per il litorale. Noi ci troviamo all’interno di questo circo, e proviamo a ricondurre la questione alla battaglia politica che conduciamo da anni: la costa va destinata a uso di spiaggia pubblica, le altre attività non hanno ragion d’essere. È chiaro che non è un discorso facile, perché tra gli abitanti del posto c’è chi subisce il ricatto del lavoro, se lavoro si può chiamare, all’interno di bar e discoteche».
Nel corso degli anni, il comitato per la vivibilità del quartiere ha firmato decine di esposti alla magistratura che evidenziano i valori fuori norma delle vibrazioni e dell’inquinamento acustico, le perplessità sulle costruzioni in aree sotto vincolo paesaggistico, i pericoli del vivere in un posto (zona rossa per rischio vulcanico) in cui, quando tutti i locali sono a regime, è impossibile spostarsi in automobile o farsi raggiungere da un’ambulanza, a causa di una coda di quasi dieci chilometri che intasa il lungomare tra Pozzuoli e Nisida, bloccando gli accessi a quattro zone della città: Posillipo, Bagnoli, Fuorigrotta e Pozzuoli.
A credere per primo alla scommessa di un “polo del divertimento notturno” sul litorale di Coroglio fu Umberto Frenna, imprenditore bagnolese, ex militante della sinistra extraparlamentare, che nel ’95 mise le basi per la nascita dell’Arenile, ricevendo la concessione ad attivare uno stabilimento balneare in una zona contaminata, con annessa possibilità di organizzare eventi serali musicali. Con il passare del tempo, con i divieti di balneazione e con le polemiche sull’inquinamento delle spiagge, il locale notturno è diventata la mission principale del luogo, incoraggiata trasversalmente dalle sinistre cittadine degli ultimi venticinque anni. Se durante l’era Bassolino, l’Autorità portuale (all’interno del cui Comitato di gestione il comune di Napoli ha un notevole peso politico) firmò le prime concessioni, in quella de Magistris le ha rinnovate fino al 2020, così come la Iervolino aveva a suo tempo consolidato la posizione del CoMaBa, il consorzio di imprenditori che ricevono una concessione sul litorale. La beffa più grande sembra però essere l’ultimo rinnovo, arrivato a pochi anni di distanza da una delibera comunale che dichiarava il litorale tra Nisida e Pozzuoli destinato a uso pubblico e gratuito. Da un lato, in sostanza, si incoraggia la presa di possesso da parte del “popolo” dei beni comuni, dall’altro si rafforza la presenza di attività basate sul profitto su un litorale di cui la cittadinanza è privata da cento anni; con una mano, si firma una delibera per rendere pubblica e ad accesso gratuito la linea di costa, e con l’altra la si chiude in un cassetto lasciando spazio ad atti e provvedimenti che vanno nella direzione opposta.
«Mia madre è disabile», racconta Maria Rosaria, mentre il suo cane salta qua e là come una scheggia impazzita. «L’altra sera la palazzina era circondata da macchine, pensavo che se le veniva una crisi la cosa più semplice era arrivare a Nisida a piedi e portarla all’ospedale di Ischia via mare». Tina e Maria Rosaria ne approfittano per sfogarsi. Gli aneddoti rendono più chiara la situazione, «come quando siamo stati svegliati all’alba da una mezza dozzina di ragazzi che venivano da Casal di Principe a cui avevano rubato la macchina mentre erano al Voga. Urla, spintoni, minacce… l’andavano trovando da noi! Oppure quando i locali organizzano i brunch, musica da mezzogiorno a mezzanotte, e noi passiamo la giornata sul portone, perché altrimenti la gente che esce dai locali ci piscia o ci vomita fuori casa. Nei tre giorni tra Pasquetta e 1 maggio l’inferno dura ventiquattr’ore. Ma le serate, da maggio a settembre, ci sono ogni sera, almeno quattro volte a settimana».
La nascita, negli ultimi due o tre anni, di nuovi locali notturni tra la parte finale di via Coroglio e l’istmo di Nisida è l’ultimo tassello di una trasformazione in atto sulla costa flegrea, che, trainata del successo dell’Arenile, coinvolge da tempo Bagnoli, in quella parte di quartiere immediatamente vicina al mare. Mentre si aspetta che un Godot qualsiasi metta mano al processo di riassetto urbano dell’area ex industriale, infatti, la piccola e media imprenditoria (locale ma non solo) si dà da fare, investendo in zona in attività ricreative: un night-district che gode di profitti altissimi ma privo di tutti quegli elementi che caratterizzano modelli simili, a cominciare dalla riviera romagnola: spiagge pulite e attrezzate, bagni pubblici, illuminazione equilibrata, pulizia delle strade, parcheggi capienti aperti giorno e notte, trasporto pubblico notturno, raccolta differenziata efficiente. Tutti questi elementi, che potrebbero rendere la vita meno difficile a chi quei luoghi li abita, sono invece completamente trascurati, nell’indifferenza dei gestori dei locali e dell’amministrazione, senza contare che la conformazione stessa delle strade non si confà a un tale flusso di automobili. Il traffico, così, si blocca progressivamente con le macchine parcheggiate in seconda e terza fila che dimezzano lo spazio di transito. Il presidente della municipalità, che di recente si beava su Facebook per l’arresto di alcuni parcheggiatori abusivi, alla questione inquinamento acustico e traffico sul litorale ha dedicato in un anno un solo incontro con gli abitanti, a metà novembre. La promessa di «rivedersi per parlarne ancora» è caduta nel vuoto.

Come naturale sponda alle attività notturne del “fronte Coroglio”, sul versante bagnolese del litorale si moltiplicano hamburgherie e cornetterie, fast food e kebab, snack e cocktail bar di ogni genere, dentro e fuori dai quali centinaia di ragazzi stazionano per ore prima e dopo le serate, consumando cibi e alcolici a prezzi più economici rispetto a quelli dei locali. Nel tratto finale di via Diocleziano, quello distante poche centinaia di metri dall’Arenile, le insegne luminose che promuovono junk food sono il riflesso di uno specchio che proietta dall’altro lato l’immagine dell’enorme muro grigio delimitante un’area tuttora vuota, quella della vecchia fabbrica, nonostante le ultime ciminiere abbiano smesso di fumare trent’anni fa.
Orfana dell’economia industriale, risvegliatasi da tempo dal sogno dello sviluppo turistico, la popolazione bagnolese si barcamena tirando su un esercito di camerieri, barman, piastristi di hamburger e tagliatori di kebab, ragazzi tra i venti e i trent’anni assunti stagionalmente che portano a casa quattro-cinquecento euro al mese con lavori a nero, contratti precari e, nell’ultimo anno, voucher. «Più o meno la stessa cifra – spiega Tina – la guadagnano quella quindicina di parcheggiatori abusivi e buttafuori dei locali, questi ultimi strategicamente chiamati tra i poliziotti del quartiere, che arrotondano in questo modo. E segli dici che vai a denunciarli ti sfidano a dimostrare che stanno lì a lavorare, e non come clienti o amici del proprietario».
All’estremità di questo scenario c’è l’isola di Nisida, per la quale il commissariamento del governo ha piani precisi: albergo e porto turistico, in altre parole un resort per ricchi. È chiaro che questo piano non è conciliabile con la presenza sul litorale del vicino borgo Coroglio, ai cui abitanti, circa un anno fa, il commissario Nastasi annunciò un piano di trasferimento in una zona “interna” non meglio identificata. Con il rallentamento delle attività del commissariamento, coincidente con la caduta del governo Renzi, ulteriori notizie a riguardo non sono arrivate. Ma che il processo si riapra da un momento all’altro, con un’accelerazione improvvisa, è una possibilità concreta.
L’idea di un’isola-paradiso-per-possessori-di-barche, tuttavia, mal si adatta anche alla situazione di caos che il laissez faire istituzionale degli ultimi trent’anni ha messo in mano a una dozzina di gestori dei locali, che dell’assenza di pianificazione hanno lautamente approfittato. È difficile dire quale tipo di interesse (privato, in ogni caso), avrà la meglio. Per adesso il valore patrimoniale delle case è stazionario (aspettando che la situazione futura sia più chiara); eppure, nell’ultimo anno, molti corogliesi sono stati messi sotto sfratto. Gli affitti salgono, in una zona che le agenzie immobiliari propagandano come “dinamica”. Come quei bassi sparati a mille che alle sei del mattino tengono svegli gli abitanti del borgo, mentre i mezzi della nettezza urbana trascinano via le centinaia di bottiglie di vetro lasciate sulle strade del polo del divertimento. (riccardo rosa)