Di recente si segnala un rinnovato interesse per l’analisi del comportamento elettorale dei quartieri “svantaggiati” delle grandi città italiane. Quest’attenzione scaturisce dai risultati degli ultimi appuntamenti elettorali che evidenziano, all’interno di queste aree, la presenza di comportamenti di voto sostanzialmente omogenei. Per quanto riguarda Napoli emerge con chiarezza che, rispetto all’affluenza e alle scelte di voto, i quartieri svantaggiati – perlopiù localizzati nelle periferie – esprimono un comportamento non solo omogeneo ma anche opposto a quello dei quartieri più “avvantaggiati” della città. Diviene allora interessante analizzare altri aspetti caratteristici del comportamento elettorale al fine di mettere in risalto le eventuali differenze tra quartieri avvantaggiati e quartieri svantaggiati.
A Napoli, così come nel sud Italia in generale, è stata rilevata la presenza di quel che viene definito “voto di scambio”. L’elettore che adotta la logica dello “scambio” accorda il proprio voto a chi, in modo diretto o indiretto, è in grado di assicurargli una contropartita ben precisa. Una ricompensa il cui “valore” ha subito modifiche nel corso del tempo: se negli anni Ottanta il voto poteva essere barattato con un posto di lavoro, oggi basterebbe invece la facilitazione di una pratica o la compilazione di un modello burocratico.
Per individuare il voto di scambio si analizza solitamente l’incidenza del voto di preferenza che, storicamente, fa registrare i valori più alti nelle regioni meridionali. Nell’ambito delle elezioni amministrative del comune di Napoli, Luciano Brancaccio, analizzando le preferenze ottenute dai candidati consiglieri, fa riferimento alla figura del “politico rionale”. Ciò che caratterizza questo personaggio non è solo l’elevato numero di preferenze ottenute grazie alla logica dello scambio, ma il fatto che queste ultime provengono, solitamente, da aree piccole e ben circoscritte del territorio comunale. La strategia del politico rionale si concretizza nella “micro-personalizzazione” del voto, che è un aspetto del più ampio processo di “personalizzazione del voto” individuato da Mauro Calise. Altro aspetto della personalizzazione è la “macro-personalizzazione” da cui nasce il voto Leader Oriented. Tipo di voto che nelle elezioni del sindaco di Napoli ha avuto un peso non irrilevante.
Si è detto che l’incidenza del voto di preferenza può essere un indicatore utile a individuare il voto di scambio. Appare tuttavia chiaro che la singola preferenza espressa non può di per sé costituire un inequivocabile segno di tale pratica. Nel contesto delle elezioni comunali, per esempio, il voto può essere accordato per “fiducia” anche a un conoscente candidatosi al consiglio. La concentrazione in un dato territorio di molte preferenze su pochi soggetti, può essere letta invece come un indizio di voto di scambio (ma potrebbe anche indicare la presenza di candidati fortemente radicati sul territorio e completamente estranei alle logiche del voto di scambio). Ora, posto che una tale concentrazione di voti abbia un suo peso specifico, come è ripartita tra i quartieri di Napoli?
Per rispondere a questa domanda sarà analizzata la distribuzione dell’indice di “concentrazione delle preferenze” sui dati relativi alle elezioni comunali del 2016. I valori dell’indice variano tra 0 e 100. Valori alti indicano maggiore concentrazione delle preferenze su pochi candidati.
Osservando il cartogramma (Fig.1), in cui ciascun quartiere è colorato in base al livello di concentrazione delle preferenze, emerge una “frattura spaziale” abbastanza netta. La concentrazione di preferenze più alta si registra nei quartieri periferici di San Pietro a Patierno (83), San Giovanni a Teduccio (82,22) e di Barra (78,28), mentre i livelli più bassi si rinvengono nel quartiere di San Giuseppe (26,93) situato nel centro storico e nei quartieri collinari del Vomero (26,3) e dell’Arenella (31,8). La differenza tra i quartieri è tale che al Vomero (dove la concentrazione è relativamente bassa) i primi tre consiglieri collezionano soltanto il 12,84% delle preferenze, mentre a San Pietro a Patierno (dove la concentrazione tocca i livelli più alti registrati in città) i primi tre consiglieri raccolgono circa il 50% delle preferenze (45,47%).
Ciò che d’interessante emerge dalla mappa è la relazione tra la “geografia della concentrazione delle preferenze” e la “geografia socio-economica” della città di Napoli. Relazione che appare chiaramente osservando il grafico (o diagramma) di dispersione (Fig.2), dove per ciascun quartiere è riportato il livello di Concentrazione delle Preferenze e di Svantaggio Sociale. Il grafico mostra chiaramente come al salire del livello di Svantaggio Sociale del quartiere sale anche il livello di Concentrazione delle Preferenze. La correlazione tra queste due variabili è infatti molto alta (r=0,87) così come lo è – volendo stabilire un nesso di causazione tra le due variabili – la percentuale di variabilità della Concentrazione riprodotta dal “livello di Svantaggio” (R2=0,76).
I quartieri della periferia fanno registrare i livelli più alti di Concentrazione delle Preferenze. Sono aree con un elevato livello di Svantaggio Sociale, accomunate dall’insediamento, tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del secolo scorso, di importanti complessi di edilizia popolare e dalla presenza di problematiche sociali rilevanti. I più bassi livelli di concentrazione del voto si registrano invece nei quartieri collinari, zone ad Alto Vantaggio Sociale in cui risiede il ceto professionale e la middle class partenopea. Una situazione meno definita e più eterogenea contraddistingue invece i quartieri del centro storico della città: da un lato troviamo un quartiere come Stella, in cui i livelli di Svantaggio e di Concentrazione sono abbastanza elevati e dall’altro San Giuseppe, quartiere che presenta un profilo diametralmente opposto.
In conclusione, le evidenze emerse dall’analisi dei dati delle elezioni comunali del 2016 dimostrano che gli elettori dei quartieri “svantaggiati” della città tendono a concentrare le proprie preferenze su pochi candidati consiglieri, cosa che si verifica in misura minore nei quartieri “avvantaggiati”. La concentrazione delle preferenze, di per sé, non segnala in modo automatico la presenza di voto di scambio, ne costituisce tuttavia un buon indizio. Entro quest’ottica, nei quartieri dove la marginalità è diffusa, aumenterebbe la probabilità di “barattare” il proprio voto. Una propensione che potrebbe essere influenzata, oltre che dalle individuali condizioni di difficoltà, anche da una particolare concezione della politica intesa come distante e impermeabile ai bisogni della popolazione. Non a caso, i livelli più alti di concentrazione delle preferenze si ritrovano in quelle aree abbandonate ormai a loro stesse da tutti i livelli della politica. (ciro clemente de falco)