Da Repubblica Napoli del 14 marzo
Qualche giorno fa, nella prestigiosa cornice del Maschio Angioino, il vicesindaco di Napoli presenziava all’inaugurazione di una mostra fotografica dal titolo “Urban Survivors”, un viaggio per immagini in cinque grandi baraccopoli mondiali “dove sopravvivere è una sfida quotidiana”. Nella giornata di ieri lo avreste cercato invano, il vicesindaco, tra le baracche di via del Riposo a Poggioreale – dove sopravvivere è una sfida altrettanto impegnativa –, mentre alcune centinaia di rom caricavano le loro cose sui tre ruote e abbandonavano in fretta il campo in cui erano insediati da tempo, a causa della minaccia di un nuovo assalto da parte di un gruppo di abitanti della zona. Avreste cercato invano gli assessori competenti, o anche soltanto una figura istituzionale in grado di offrire un riparo d’emergenza a donne e bambini minacciati dalla violenza e costretti alla fuga. Avreste trovato solo un presidio di polizia all’ingresso e qualche attivista dei diritti umani ad aggirarsi tra le baracche.
È una storia che si ripete. Nel ’99 il pretesto per scacciare con il fuoco i rom accampati sotto la metropolitana di Scampia fu l’investimento di una ragazza napoletana da parte di un rom ubriaco al volante. Nel 2008 il pogrom contro il campo rom di Ponticelli, avallato da un celebre manifesto del Pd locale, fu il presunto tentativo di rapimento di un neonato da parte di una giovane rom. A Poggioreale, l’altra notte, dopo che una sedicenne napoletana ha detto di essere stata molestata da un rom, i suoi familiari hanno radunato alcune decine di persone (c’è chi dice cinquanta, altri duecento) e hanno dato l’assalto alle baracche con una sassaiola.
Nei casi avvenuti in passato, le istituzioni cittadine si sono sempre distinte per la loro posizione pilatesca, lasciando che i cosiddetti “residenti esasperati”, attraverso l’esercizio di una violenza organizzata e premeditata, risolvessero a modo loro le tante complicazioni che un campo rom arreca a chi governa il territorio. Accadrà lo stesso anche stavolta? Il campo di via del Riposo è al centro dell’attenzione da alcuni mesi. A fine gennaio un’ordinanza del sindaco disponeva lo sgombero dell’area, di proprietà comunale, senza prevedere alcuna soluzione alternativa per le circa trecento persone lì stabilite. La pressione di alcune associazioni ha poi scongiurato lo sgombero immediato, ottenendo dall’assessore alle politiche sociali la promessa di individuare in tempi brevi un luogo dove ospitare almeno provvisoriamente gli sfollati, preso atto dell’assoluta mancanza di centri di prima accoglienza sul territorio cittadino. È passato un mese e mezzo. Nulla si è mosso. I “residenti esasperati”, come da copione, hanno fatto il lavoro sporco.
I rom cacciati a pietrate dal loro ghetto hanno riparato in zona Ponticelli e, la maggioranza, in zona Gianturco, in un ghetto simile abitato da altri rom. Hanno dovuto negoziare l’ospitalità con chi c’era prima, ma sembra che quasi tutti siano riusciti a entrare. Cosa accadrà adesso? Gli amministratori approfitteranno cinicamente dello sgombero paracamorrista per riappropriarsi dell’area liberata? Faranno finta di non vedere che il problema si è semplicemente dislocato da un quartiere all’altro? Lasceranno che il disagio dentro e attorno al ghetto di Gianturco cresca silenziosamente fino alla prossima esplosione? Oppure prenderanno qualche provvedimento degno del ruolo e delle responsabilità che si sono assunti nei confronti della città? Quel che ci hanno fatto vedere finora non lascia presagire nulla di buono. (luca rossomando)