Da Repubblica Napoli del 6 dicembre
L’espediente di fomentare pretestuose guerre tra poveri è uno degli strumenti più in voga per farsi pubblicità tra i politici con pochi scrupoli e ancora meno argomenti. Si tratta spesso di personaggi che nella vita di ogni giorno faremmo fatica a prendere sul serio, ma che impazzano nel mondo parallelo della politica-spazzatura. Hanno scoperto il trucco per attirare l’attenzione dei media e ne abusano indirizzando il risentimento diffuso verso i capri espiatori più esposti e marginali.
A Napoli le condizioni di vita dei rom sono purtroppo un pretesto sempre a portata di mano per gli apprendisti stregoni. Nel 2008 abbiamo avuto il rogo del campo rom di Ponticelli e in tempi più recenti roghi a Gianturco, San Pietro a Patierno, Poggioreale, di solito avallati con manifesti affissi sui muri oppure con parole e atti pubblici dai politici dei rispettivi territori. E ogni volta le istituzioni, i vigili urbani, le forze dell’ordine che arrivano a cose fatte sul luogo della violenza, intimiditi se non indifferenti verso i modi spicci usati dai cittadini dabbene per ristabilire l’ordine e il decoro nel loro angolo di città.
A Scampia, nei giorni scorsi, ad alimentare la confusione ci ha pensato direttamente il presidente della municipalità, Angelo Pisani; lo abbiamo visto improvvisare conferenze stampa sullo sfondo del campo rom di Cupa Perillo, animare battibecchi nei corridoi mentre era in corso un consiglio che lui stesso avrebbe dovuto presiedere, infervorarsi per denunciare attività illegali – roghi di materiali nocivi, abusivismo, ecc. – che nella sua qualità di presidente avrebbe potuto affrontare più compostamente e in modo più efficace rispettando la prassi istituzionale e cooperando con i soggetti investiti della questione. È vero che il decentramento attuato con le dieci municipalità si è rivelato in questi anni un completo fallimento, ma non è un motivo sufficiente per surrogare con ambigui siparietti la mancanza di risorse e di potere decisionale.
In simili frangenti chi governa la città sembra preso tra due fuochi: da un lato i comportamenti irresponsabili di figure che, per quanto sembri paradossale, rappresentano le istituzioni; dall’altro la ritrosia a divulgare atti che riguardano questioni sensibili per l’opinione pubblica, nel timore che possano essere fraintesi o strumentalizzati dagli avversari politici. Eppure, non esiste altra via per prevenire la demagogia e il razzismo che quella di rendere trasparente il modo in cui si intendono governare le situazioni più scabrose.
Nel caso del campo rom di Cupa Perillo a Scampia, oggetto dell’ultima polemica, il comune ha previsto di costruire un nuovo “villaggio” per quattrocento persone, la metà circa di quelle che attualmente occupano il campo. Per farlo verranno utilizzati sette milioni di fondi europei per lo sviluppo regionale. Secondo il parere delle associazioni più attente alle direttive europee si tratta di una soluzione che assomiglia troppo a un nuovo campo, sia per il carattere temporaneo delle abitazioni da costruire, che per la decisione di insediarvi solo popolazione rom, mantenendo intatta l’attuale separazione dagli altri cittadini. Le stesse associazioni, che operano a livello nazionale e internazionale, hanno divulgato un parere inviato dalla commissione europea in cui si valuta il progetto di Cupa Perillo non in linea con gli obiettivi del finanziamento, perché perpetuerebbe la segregazione e l’isolamento dei rom. Insomma, una spada di Damocle non da poco sospesa sul progetto comunale. Cosa succederebbe se l’Europa bloccasse i fondi? L’assessore al Welfare Roberta Gaeta lascia intendere che per il momento non prende in considerazione l’ipotesi. Il progetto va avanti. Non è il migliore dei progetti possibili, ma era stato definito da una precedente amministrazione e non c’erano grandi margini per modificarlo, sostiene. In ogni caso, non è previsto un piano di riserva.
Uno dei pochi passi avanti compiuti in venti anni di battaglie per la difesa dei diritti dei rom, è la consapevolezza diffusa che i campi rom debbano scomparire dal panorama delle nostre città, perché sono deleteri sia per chi ci abita dentro che per chi ci abita attorno; e che quindi soluzioni abitative diverse, immerse nel tessuto sociale, debbano essere ricercate dai governi locali e accompagnate da misure che riguardino il lavoro, la salute, la scuola e così via. Per la prima volta questo tipo di consapevolezza sembra far capolino nei discorsi di chi governa la nostra città, anche se poi le scarse risorse, i limiti burocratici, la preoccupazione di intaccare il consenso finiscono per ancorare le scelte a soluzioni ancora provvisorie, con il rischio che siano già obsolete prima della messa in opera.
Tutti questi dilemmi, le contraddizioni, le soluzioni da ricercare e condividere prima di tutto con i rom, non toccano affatto i personaggi che soffiano sul fuoco dell’insofferenza. A costoro interessa piuttosto che la tensione aumenti, in modo da allargare il proprio spazio di manovra. Sarebbe opportuno allora che qualcuno spendesse due parole, chiare e dirette, per denunciare chi su queste vicende sta facendo un gioco sporco; e magari potrebbe cominciare il sindaco, così solerte nell’appoggiare le minoranze oppresse sparse per il pianeta, ma anche prontissimo a firmare un’ordinanza contro chi nella sua città è ridotto a frugare nell’immondizia per vivere. Perché, in fin dei conti, il decoro viene ancora prima di tutto. (luca rossomando)