da: Levante
La battaglia per la liberazione e la tutela del lago ex Snia è probabilmente la più lunga e la più fortunata vertenza combattuta nell’area est di Roma (ne abbiamo parlato qui e qui). Iniziata nella prima metà degli anni Novanta, non è solo una vertenza ambientale, non è solo una lotta contro la speculazione edilizia, non è solo una battaglia per la qualità della vita urbana. Se guardiamo agli attori in gioco e a ciò che hanno vinto e che hanno perso, è facile capire che si tratta di un conflitto che svela in tutta la sua chiarezza chi sono i padroni della città e come si possono affrontare. Si tratta quindi di uno scontro in cui si ricompongono in modo molto palpabile gli interessi delle parti in campo.
I padroni sono una potente famiglia di costruttori, i Pulcini, presenti continuamente in tutte le grandi partite cittadine dominate dalla rendita e perennemente aiutati dalle classi dirigenti. Fanno capolino quando devono gestire con le loro proprietà immobiliari l’emergenza abitativa per conto del comune (i residence scoperchiati da Mafia capitale), quando c’è da costruire in sprezzo alle regole a due passi dall’oasi di Castelporziano (lo scandalo Terrazze del presidente), quando si tratta di esercitare compravendite miliardarie come nel caso di Villa Blanc sulla Nomentana. L’elenco è lunghissimo e l’unico sbarramento che i costruttori hanno trovato sulla loro strada è stato quello della magistratura. Alla Snia è andata diversamente. Il tentativo maldestro di costruire un centro commerciale sopra una falda acquifera non solo si è scontrato con la forza della natura ma è stato bloccato da una lunghissima (quasi trentennale) lotta degli abitanti del Prenestino. Metro dopo metro, anno dopo anno, la forza sociale del territorio è riuscita a contendere lo spazio ai costruttori e anziché fermarsi ai primi risultati ha iniziato ad attaccare e a ottenere delle vittorie importanti. La nascita del centro sociale nel 1995 ha invertito la rotta nell’area posta lungo la via Prenestina, più a monte rispetto all’attuale lago. L’apertura del parco pubblico nel 1997, ora Parco delle energie, ha messo in sicurezza e garantito la fruizione di un altro pezzo importante, sottratto ai proprietari grazie agli espropri.
Le battaglie degli anni successivi hanno bloccato ulteriori tentativi speculativi, in tandem tra centrodestra e centrosinistra: Veltroni voleva far costruire a Pulcini un polo universitario e servizi commerciali, Alemanno con la scusa delle piscine per i mondiali di nuoto, un mega impianto sportivo con tanto di resort, e rilanciare con i famosi quattro grattacieli più alti di Roma. Per gli abitanti, giocare all’attacco ha significato ottenere l’esproprio di una significativa area che comprende il lago e i suo ecosistema, imporre che la giunta Marino aprisse “la breccia” sul muro di cinta della vecchia fabbrica su via Portonaccio, salvando in extremis l’esproprio dalla imminente scadenza dei dieci anni, e iniziare a vivere quotidianamente questo prodigio della natura grazie all’autogestione. E così oggi il residuo di proprietà privata ancora presente nella zona a ridosso di largo Preneste si trova accerchiato, stretto dalle aree pubbliche e autogestite, dentro un processo di straordinaria rinaturalizzazione, che ha attirato studiosi da tutto il mondo.
La partita però non è affatto vinta per gli abitanti del quartiere, organizzati nel Forum per il parco delle energie. Il progetto di istituzione da parte della Regione di un’area tutelata, denominato “monumento naturale”, richiesto dal 2014, ancora non vede la luce a causa dell’inerzia della giunta Zingaretti. In generale le istituzioni – municipio, comune e regione – evidentemente paralizzati dalla mancanza di volontà politica non sono ancora state in grado di stanziare i fondi necessari per completare il parco e garantire la fruizione dell’intera area in sicurezza. Fatto ancora più grave non si procede con il riconoscimento demaniale delle acque del lago, che per la legge Galasso definirebbe una cinta di tutela dalla cementificazione.
Approfittando di questa inerzia istituzionale la società di Pulcini ha presentato secondo la legge regionale sulla rigenerazione urbana un nuovo progetto edilizio con aumento di cubature, per ora bloccato. Intanto, nuovi soggetti privati si sono affacciati sull’area. Hanno aperto un locale commerciale (Largo Venue) proprio tra l’area privata della ex fabbrica e il parco pubblico, hanno tirato su un centro sportivo con annesso ristorante vista pineta (Panta Rei), hanno iniziato a organizzare eventi, ovviamente a scopo di lucro, capaci di attirare persone e profitti. Università private, aziende, speculatori di vario genere hanno iniziato a parlare di rigenerazione della ex Snia, proponendo sponsorizzazioni, progetti di riqualificazione, improbabili operazioni di greenwashing che ormai vanno per la maggiore, almeno quando i volti più impresentabili della rendita immobiliare sono costretti a fare un passo indietro. I cittadini stanno tenendo duro, ma il gioco evidentemente è più insidioso rispetto al passato.
La rivendicazione di un’area priva di qualsiasi intervento edilizio e attività produttive, ma proiettata unicamente alla dimensione di un parco archelogico-naturalistico, continua a essere la strada maestra. La forza della natura – che ha saputo ribellarsi al cemento – non può essere che l’unica reale alleata degli abitanti. Il prossimo appuntamento previsto dal Forum, per sbloccare la vicenda del monumento naturale e inchiodare le istituzioni alle loro responsabilità di tutela, è previsto per la giornata del 13 ottobre, un momento di festa e di lotta al quale è chiamata a partecipare in massa la cittadinanza. Di fronte al surriscaldamento terrestre e all’aumento progressivo delle emissioni nocive, oggi anche Roma si trova difronte una scelta: continuare a far arricchire la rendita con il consumo di suolo lasciando invariati i problemi strutturali dell’abitare o scommettere su un futuro di rigenerazione naturale.
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