L’ospedale San Gennaro dei Poveri era ed è una grande macchina addetta alla salute della gente, ma malata essa stessa, disorganizzata, spesso fatiscente. (Ermanno Rea, Nostalgia)
Sarebbe facile liquidare la questione con le parole tratte dall’ultimo romanzo di Ermanno Rea. Suonerebbe allora fuor di logica la protesta contro il lento smantellamento dell’ospedale del rione Sanità, considerato da tutti vetusto e cadente. Il piano regionale di programmazione ospedaliera approvato dalla Regione Campania nella primavera del 2016 prevede il trasferimento di strutture e competenze dall’attuale dipartimento Asl Napoli 1 nel futuro Ospedale del Mare. In particolare si legge: “L’Ospedale del Mare, una volta a regime, viene proiettato, infatti, verso una autonomia aziendale, nascendo in prima battuta come presidio ospedaliero della Asl Napoli 1 per diventare successivamente una Azienda Ospedaliera di riferimento nazionale e un punto di riferimento anche per la gestione dell’emergenza-urgenza in particolare per il quadrante sud est della città. La Direzione Aziendale della Asl Na1 dovrà mettere in campo ogni procedura e azione al fine di attivare l’Ospedale del Mare quanto prima agendo direttamente sulla acquisizione del personale necessario. Questo richiede nel frattempo una fase transitoria per i presidi che avrebbero dovuto confluirvi, e cioè Ascalesi, San Gennaro, Incurabili e Loreto Mare. […] Il San Gennaro, disattivato quale presidio ospedaliero, diviene una struttura a indirizzo territoriale riabilitativo”.
È bene ricordare che da cinque anni al San Gennaro non esiste più il pronto soccorso e neanche il reparto d’ostetricia. Da qualche giorno sono stati cancellati quelli di ematologia e oncologia. Il corteo, programmato dai collettivi Je so’ Pazzo e Insurgencia, che hanno presidiato la struttura per oltre una settimana, prende le mosse dal cortile della struttura e si incammina verso palazzo Santa Lucia alle dieci di mattina. Il caldo rende asfissianti anche le parole al megafono e i piccoli fuochi che si accendono nel chiostro, quando un gruppo di signore invita i dipendenti a seguirle nel corteo, bloccando poi l’ingresso per una decina di minuti. «Io nel San Gennaro ci sono nata, e ci ho fatto anche la prima comunione con le suore», spiega sorridendo la signora Filomena. «Sarà anche un ospedale vecchiotto, ma ci teniamo perché è come un parente, un amico di famiglia». Il camioncino aspetta alla fine di via San Vincenzo, il corteo è accompagnato da camionette della polizia e osservato dai balconi di tutto il quartiere. «L’ospedale sta diventando un deposito di ambulanze e mezzi pesanti, in pratica uno stazionamento che serve chi – in caso di emergenza – deve andare in ospedale. In un altro, non in questo», mi dice il signor Carlo, che esibisce la spilla del partito comunista italiano.
La manifestazione è guidata da Ivo Poggiani, eletto alle ultime amministrative presidente della terza municipalità. Volto noto di Insurgencia, Poggiani ha l’appoggio esplicito del sindaco de Magistris. Insieme conducono, in nome del popolo, le proprie battaglie politiche: ieri contro Renzi, oggi contro il governatore della Campania Vincenzo De Luca, bersaglio di numerosi cori, colui che «con il decentramento di competenze e strutture all’Ospedale del Mare vuole favorire le sue lobby». «È una battaglia tutta politica – dice Poggiani mentre dal camioncino si leva la musica di Rocco Hunt – ma politica con la “p” maiuscola. De Luca vuole incontrare solo me e i parroci del quartiere, io insisto che ci siano anche due o tre cittadini. In questa battaglia si sciolgono comitati, partiti, associazioni. Rappresentiamo il quartiere e vogliamo decidere. Chiediamo che la dismissione dell’ospedale si fermi per un mese e ci sia un tavolo tecnico per trovare delle soluzioni».
Il corteo dalla Sanità invade via Foria. Si fa il nome di Genny Cesarano, il diciassettenne del quartiere ferito a morte un anno fa durante una guerra di camorra che non gli apparteneva e che lo ha fatto – comunque – vittima innocente. «Se il pronto soccorso del San Gennaro fosse stato ancora attivo, forse Genny si sarebbe salvato». L’ospedale non si tocca, gridano le tante donne del quartiere: la partecipazione popolare è sotto le aspettative, saranno in tutto duecento, molti ragazzi dell’Opg occupato, ma anche molte signore del quartiere, madri. Concetta: «Ho un figlio che soffre di convulsioni, se succede un’emergenza andiamo al San Gennaro e da lì ci portano al Cardarelli. Una sorella infartuata, quattro mesi fa, anche lei è stata salvata al Cardarelli. Ma se tutti vanno a finire nella zona ospedaliera i tempi si dilatano, magari per un codice rosso devi aspettare pure due ore, senza contare poi il tragitto, il traffico. Sono rischi enormi». I fischietti tengono in levare il ritmo dei cori, uno dei manifestanti più agitati suona un tamburo immaginario utilizzando caschi, segnaletica stradale, asfalto. I motorini nervosi cercano il sorpasso e sono respinti dal corteo che pare assottigliarsi e dilatarsi come una fisarmonica. Siamo a via Pessina, il Museo, l’incrocio satanasso della città.
Qui il corteo volta a destra, destando qualche perplessità. «Santa Lucia? Niente da fare, De Luca non ci riceve». Viene bloccato l’incrocio: via Santa Teresa degli Scalzi, via Imbriani, via Pessina. Nessuno circola. L’esasperazione cresce, si spiegano i motivi della protesta a chi dice di avere premura di andare a lavoro, si concedono pochi passaggi ad ambulanze, automobili dirette agli ospedali o a genitori con figli disabili. Si sfiora la rissa un paio di volte, quando i più audaci tentano di forzare i blocchi con i motorini ma vengono costretti a tornare indietro. In prima fila ci sono ragazzini appena maggiorenni. A ora di pranzo il cordone si sposta su Santa Teresa, lasciando dopo oltre un’ora libero il transito da e per Salvator Rosa. La polizia si compatta e indossa la tenuta anti-sommossa. Seguono discussioni vivaci gomito a gomito, funambolismi alla guida pur di superare il corteo e raggiungere il centro, qualche strillo di protesta, un uomo che s’arrampica fino alle grate della finestra al primo piano del Museo. Poi il gruppo si sposta a Palazzo Santa Lucia. Ma anche questa volta nessun incontro con De Luca. L’ospedale San Gennaro intanto resta lì, con i dipendenti che aspettano di conoscere la prossima sede di lavoro, i pazienti che si arrangiano, il presidio che si riunirà e ancora tutte quelle cose non si arrendono al tempo, come gli affreschi di Agostino Tesauro nel vestibolo che precede l’obitorio dell’ospedale. (davide schiavon)