Fotogalleria di Giuseppe Riccardi
È il primo minuto di recupero quando il fantasista Viventi, dopo una doppia finta con cui lascia sul posto l’avversario, fa partire un destro che batte il portiere Maiellaro e decide, proprio allo scadere, la prima edizione della Scugnizzo Cup in favore del Real Montesanto.
Difficilmente prima di ieri si era visto un evento del genere all’interno di un centro sociale: trentadue squadre, provenienti per la maggior parte dai quartieri del centro storico; rappresentanze delle comunità migranti (da quella capoverdiana a quella brasiliana); quasi duecento calciatori partecipanti, di età compresa tra i venti e i quarant’anni; decine di sponsor e un montepremi di quattromila euro (più altri mille destinati all’ospedale Santobono); quasi mille spettatori solo per le gare di semifinale e finale. «L’idea del torneo – spiegano Luca e Giuseppe, due degli organizzatori – è nata una sera poco prima dell’emergenza Covid, mentre stavamo giocando qui allo Scugnizzo. Rivalità come quelle tra Montesanto, Quartieri Spagnoli e Cavone sono molto sentite tra noi ragazzi e così abbiamo deciso di trasferirle in un torneo sportivo con delle regole ben precise: non devono succedere casini, prima di tutto viene il rispetto tra i calciatori e verso lo spazio che ci ospita. Così abbiamo rimesso in sesto il campetto, abbiamo rifatto l’illuminazione e le porte, e preparato tutto il resto».
Luca e Giuseppe frequentano da qualche anno lo Scugnizzo Liberato a Montesanto, utilizzando spesso il piccolo campo di calcetto nel cortile dell’ex carcere minorile. Luca ha un passato da calciatore semi-professionista: ha giocato in tutte le serie minori e nelle giovanili del Napoli, con cui ha anche esordito in Coppa Italia di serie C, e dove è cresciuto al fianco di Lorenzo Insigne (che infatti si collega in videochiamata prima della finale per augurare in bocca al lupo a tutti). Una volta lanciata l’idea, Luca e Giuseppe hanno convocato un’assemblea, si sono confrontati con il collettivo dello spazio e dopo aver ricevuto l’ok si sono attivati. «Abbiamo messo su una rete di sponsor, abbiamo aperto una pagina Facebook, ma la situazione ci è presto sfuggita di mano. Pensavamo di arrivare al massimo a ventiquattro squadre. A trentadue ci siamo fermati perché altrimenti avremmo finito a Ferragosto».
Le due squadre che si sono affrontate ieri in finale sono l’OroCash (dal nome di un “compro oro”, sponsor principale) e il Real Montesanto. Questi ultimi, pur se meno dotati tecnicamente degli avversari, hanno potuto contare su un tifo favorevole, giocando di fatto in casa. Le due formazioni, pur non conoscendosi, hanno deciso prima della finale di dividere in parti uguali il montepremi.
La partita è stata a senso unico. OroCash ha avuto il pallino del gioco dall’inizio alla fine, anche se non sono mancate occasioni importanti in favore del Real Montesanto. Nel primo tempo i “dorados” hanno colpito tre pali, mentre allo scadere della prima frazione di gioco il Montesanto ha mancato un gol clamoroso. Nella ripresa è continuato l’assedio da parte della squadra i cui componenti vengono per lo più da Pianura e Giugliano. Spettacolare una serpentina a metà tempo del numero cinque Franco, il cui tiro si stampava però sul palo; degne di nota anche le decine di parate del portiere del Real, Natoli. Proprio quando l’arbitro Tyson (una leggenda del calcio amatoriale napoletano) ha segnalato due minuti di recupero, con il risultato ancora inchiodato sullo zero a zero, Viventi ha mandato in estasi le centinaia di spettatori assiepate tra i ballatoi della struttura e il bordocampo, provocando un’invasione di campo da calcio sudamericano. (riccardo rosa)
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