Ciro ha meno di trent’anni. Abita a Barra, nelle case gialle di via Mastellone, palazzine popolari. L’ho conosciuto qualche anno fa, durante un’inchiesta sulle condizioni delle case di proprietà del comune. Di mestiere fa l’ambulante. Vende cianfrusaglie nella zona di piazza Garibaldi, e d’estate il cocco sulle spiagge di Rimini e Riccione. La casa di Ciro cade a pezzi: il pavimento è rialzato da terra, il bagno perde da tutte le parti, e d’inverno, quando piove per molti giorni consecutivi, è costretto a dormire fuori, perché gli arriva l’acqua proprio sul letto. Paga quasi cento euro al mese: prima quando non riusciva a racimolare i soldi se ne fregava, ma ora la Romeo, la ditta che gestisce gli immobili di proprietà comunale, fa sul serio, e «ti manda degli avvocati che solo a guardarli ti metti paura. Io poi già tengo un debito per i mensili che non ho pagato, che con gli interessi è arrivato a migliaia di euro, e quindi se i soldi non ce li ho me li faccio prestare. I debiti preferisco farli con gente che conosco, piuttosto che con la Romeo». Gli inquilini denunciano da anni che la ditta non si è mai occupata della manutenzione degli immobili, di quella straordinaria, e ancor meno di quella ordinaria.
Se i soldi a fine mese non li ha Ciro, che comunque una specie di lavoro ce l’ha, figuriamoci se ci sono in casa S.: Mario, il padre, è ai domiciliari, mentre la madre, Pina, non lavora, e vive con il terrore che da un giorno all’altro gli assistenti sociali possano presentarsi a casa e portarle via la piccola Martina, che va in terza elementare. L’ultima volta, infatti, le hanno detto che lei non può vivere in queste condizioni, con l’umido sulla parete del letto che è diventato muffa, i vestiti che d’inverno si infradiciano e puzzano, e la vasca da bagno scrostata, di un colore tra il giallo e il marrone. Abitano nelle palazzine celesti a Ponticelli, dovrebbero pagare alla Romeo ventitre euro di affitto al mese, ma non li hanno. Anche gli assistenti sociali hanno sollecitato la Romeo per provare almeno a limitare i danni in casa S., ma nessuno si è mai presentato. La prossima volta che qualcuno dal tribunale dei minori busserà alla porta, difficilmente Martina rimarrà con i genitori.
Se la famiglia S. non riesce a pagare nemmeno venti euro al mese, in casa di Gianna se ne pagano tutti i mesi settanta. Gianna ha una figlia, ma non un marito. È riuscita con tanti sacrifici a farla studiare, con l’aiuto dei genitori, anche se attualmente lavora part-time in un call center. La casa di Gianna, nel rione Traiano, non è conciata meglio delle due appena descritte. Per arrivarci si deve attraversare una sorta di savana, fatta di erbe altissime, copertoni abbandonati, siringhe. Anche i giardini dei parchi rientrano nelle opere di manutenzione che la Romeo dovrebbe effettuare per conto del comune. Sarà perché in casa di Gianna nessuno supera il metro e sessanta, ma si ha l’impressione che i soffitti siano molto bassi. «Ci sono tre controsoffittature, perché altrimenti quando viene l’inverno mi piove in casa». Ancora: pavimenti rotti, vetri delle scale sfondati e mai riparati, una puzza perenne di scarico. Attraverso il piano di dismissione (la vendita degli edifici), che il comune ha affidato sempre alla Romeo, a Gianna è stato chiesto di comprare la casa a prezzi più o meno favorevoli. Ma nessuno le concederebbe un mutuo, e la casa forse verrà messa all’asta. Non ha reddito, tra qualche mese compirà sessant’anni, e non saprebbe dove andare.
Tra qualche mese ci sono anche le elezioni, si elegge il sindaco di Napoli. Nessuno dei candidati fino a questo momento ha mostrato particolare sensibilità riguardo il problema delle case popolari. La ditta Romeo (coinvolta nel 2008 nello scandalo Global Service ma uscita quasi indenne, tra polemiche anche interne alla magistratura) gestisce da venti anni il patrimonio immobiliare del comune. La manutenzione è assente nella maggior parte dei casi, e più gli edifici fanno parte di un contesto sociale difficile (le zone più grigie e abbandonate di Ponticelli, Barra, Pianura, Secondigliano, Scampia, ma anche della Sanità e del rione Traiano), più l’abbandono di immobili e inquilini viene considerato inevitabile. Durante quest’inizio di campagna elettorale, però, nessuno dei candidati ha parlato della possibilità di rescindere il contratto per le palesi inadempienze, sia sulla manutenzione che sul recupero delle morosità; nessuno ha condannato la gestione poco trasparente della vendita degli immobili; nessuno si è preoccupato di dare garanzie sull’impossibilità di uno sfratto a chi non è in condizione di acquistare la casa, esattamente come nessuno si è preoccupato, qualche mese fa, di impedire il rinnovo del contratto di gestione alla Romeo, fino al 2015. Un contratto prolungato, nonostante il processo (pur cancellando con un clamoroso coup de theatre undici dei dodici capi di accusa) abbia visto una condanna definitiva a due anni e sei mesi per Alfredo Romeo. E un appalto, che oltretutto, è stato vinto dalla Romeo con un’offerta del venti per cento inferiore rispetto al precedente, periodo 2001-2011. Per gli stessi servizi, in pratica è stata proposta una cifra più bassa, dopo dieci anni. Il che significa che Romeo questa volta ha fatto un pessimo affare, o che forse a suo tempo la cifra era incredibilmente alta, fuori da ogni logica di mercato. Nessuno parla, in ogni caso, di tutto ciò, a cominciare dai candidati che amano molto parlare di discontinuità, ma nel concreto, evidentemente, fanno fatica a rompere con il passato.
Che poi a voler fare un calcolo un po’ cinico e meramente numerico, ci si può chiedere: ma quanti voti riuscirebbe a portare a casa un candidato se promettesse agli inquilini delle case popolari una “liberazione” dalla Romeo e una politica sugli alloggi comunali nuova, trasparente, e socialmente vicina ai cittadini in difficoltà? La risposta non può che essere una: meno, evidentemente, di quanti riesce a muoverne Alfredo Romeo e il suo impero. Auguri allora. (riccardo rosa)
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