Devi vincere, gridano i tifosi a venti minuti dalla fine, quando la partita è bloccata sul pareggio e il Napoli non sembra intenzionato a provarci. Devi vincere, ripetono i tifosi. “Sì, dobbiamo vincere, ma come? Qualcuno ci spieghi come”. Comincio a immaginare Raspadori mentre si gira verso la curva e ce lo chiede: “Come?”. Senza allenamenti specifici, senza un’idea, senza estro, senza coraggio e senza genio, come si fa a vincere?
Alla fine il Napoli ci riesce grazie a un soffio che porta il pallone sui piedi di un azzurro, Rrahmani, solo, a due metri dalla porta della Salernitana, quando mancano pochi secondi alla fine. Una palla fortunata, di quelle che i tifosi del Napoli in questa stagione vedono raramente, soprattutto allo stadio Maradona. La Gazzetta dello Sport la definisce così, vittoria “del caso”. D’altronde anche Umberto Chiariello, editorialista cult di Canale 21, ha definito il Napoli una squadra che “rumina calcio”, un enorme e lento bovino che sonda lo steccato con il muso per capire se è possibile evadere, senza mai riuscirci. Può capitare per una combinazione fortunata.
I presupposti alla vittoria di sabato erano: squadra in crisi di gioco e risultati da agosto; conduzione tecnica commissariata con Mazzarri che risponde al prefetto De Laurentiis, lo stesso che aveva promesso in data 29 dicembre “investimenti sul mercato”; un ritiro di una settimana all’hotel Serapide di Agnano-Pozzuoli per cercare di risolvere i problemi guardandosi negli occhi. Dal mercato è arrivato il solo Mazzocchi, capace di farsi espellere pochi secondi dopo il suo esordio. Al 14 gennaio la dirigenza non è riuscita a trovare altro: non un centrocampista per rimpiazzare Elmas venduto, Zielinski in partenza, Cajuste infortunato e Anguissa in Coppa d’Africa; non un difensore per dare una mano all’agonizzante Rrahmani, al lussato Natan, al sorpassato Juan Jesus. Eppure questa è una società dalle finanze sane, si dice, con gli utili più alti della serie A. Presentarsi a piazza Mercato la notte dell’Epifania, girare tra le vaschette, uscirne con due “Goleador” e una “Rossana” quando ormai è l’alba. Contenti di avere ancora tutti i soldi in tasca, anche se i bimbi piangeranno.
Sull’efficacia del ritiro all’hotel Serapide si discute. Secondo Mazzarri chiudere la squadra in albergo è stato fondamentale. “Ho goduto a stare vicino ai ragazzi”, ha detto. Le sue parole sono state riferite dopo la partita a Rrahmani, il quale ha reagito prima con una smorfia e poi ha articolato un pensiero: “I compagni non sono stati felici, hanno tutti una vita, delle famiglie”. Pare abbia aggiunto: “Vogliamo vivere”. I gadget dello scudetto sono ancora in vendita su tutte le bancarelle, d’altronde sono passati solo sei mesi anche se la risposta di Rrahmani certifica che è cambiato tutto. Ora i giocatori vivono questa crisi come qualunque dipendente farebbe, cioè assumendosi responsabilità limitate.
Le colpe di Aurelio De Laurentiis sono invece evidenti, bisogna riassumerle e limitare l’elenco a quelle di quest’anno: ha eliminato tutti i contrappesi societari (su tutti il direttore sportivo) per instaurare la sua teocrazia; ha scelto il nuovo allenatore in base a criteri che non sono ancora chiari, tentennando troppo poi al momento di esonerarlo. Sul calciomercato ha investito male i soldi ricavati da Kim, quelli incassati durante la scorsa Champions League e ottenuti per la qualificazione al torneo continentale in corso. Ha voluto gestire la rosa e le complicate situazioni contrattuali mostrando il suo lato peggiore, quello del “masto” che i dipendenti dovrebbero ringraziare. I giocatori ora sembrano voler fuggire.
Se il mercato non decolla e il prossimo acquisto sarà un giocatore appena guarito dalla malaria, se il ritiro non è servito a niente e i giocatori vogliono vivere e hanno famiglia, se nello spogliatoio continua la bufera tra ricchi e squattrinati, se idee e coraggio mancano, insomma, a cosa dobbiamo questa vittoria?
“Walter Mazzarri – ha scritto il Corriere del Mezzogiorno – si è tolto la giacca nel finale, come ai vecchi tempi. Un segnale per dare la carica a una squadra che ci stava provando, dopo un brutto primo tempo. In pieno recupero è arrivato il gol liberatorio”.
Tribalismi. (el trinche carlovich)