
È mattina, non ancora le nove. «Bisogna uscire, prendete tutto e uscite». Che non si tratta di un allarme incendio lo si capisce dal fatto che non c’è fumo e, di conseguenza, non ci sono fiamme. Ma è un odore acre, forte, secco, quello che si spande per i diciassette piani dell’edificio. Un odore, meglio una puzza, così forte che non pensi possa venire da lontano. I funzionari e gli impiegati che si affollano nelle scale, ubbidiscono. Bisogna uscire.
Non sanno che, poco prima, alcune persone incappucciate, hanno rovesciato secchi di merda sulle porte d’ingresso dell’edificio. Un’azione rapida, quasi situazionista. Le vetrate dell’edificio del centro direzionale di Napoli, isola A6, sono come ricoperte da una pellicola opaca. Una volante della polizia e qualche agente della Digos raccolgono le “prime sommarie informazioni”. Ma non ci sono tanti misteri da indagare. Due secchi, posti dinnanzi all’ingresso dipendenti, con su la scritta, in vernice rossa, “BROS”, valgono più di una firma dal notaio. L’acronimo è il nome di un progetto di orientamento e formazione al lavoro, che ha garantito, non senza difficoltà, a migliaia di persone un piccolo sussidio mensile. Il progetto è giunto al termine e all’orizzonte non ci sono né soldi né nuovi tavoli di trattativa. La merda cosparsa dinnanzi agli uffici regionali che si occupano di lavoro e formazione sono un’efficace sintesi di cosa pensino i movimenti di lotta per il lavoro del nuovo orientamento politico amministrativo.
Mentre i “regionali” si sparigliano in gruppetti, persi nei canali del centro direzionale o in attesa degli eventi dinanzi agli uffici, le cose cominciano a complicarsi. Il problema più grande, direte voi, è pulire la merda. Ma la burocrazia amministrativa è fucina di sofisti. Chi ci dice che sia semplicemente merda? In effetti, l’odore si fa sempre più forte, magari hanno mischiato al letame delle fialette puzzolenti o qualche reagente chimico. Prima di intervenire, bisogna stabilire che cosa stiamo affrontando. Già, ma chi lo stabilisce? Di chi è la competenza? Non chiedetelo alla Digos, loro cercano i colpevoli, non si occupano delle vittime. Forse l’Asl, ma dalla Asl, si dice, hanno fatto sapere che non sono competenti in materia di “letame”. Al limite verranno a verificare se gli uffici sono stati resi agibili dopo la bonifica.
I funzionari del demanio, venuti a fotografare l’evento, sono lì naturalmente solo a quantificare il danno, non a rimuoverlo. Guardano con un po’ di invidia le Nikon dei fotografi di agenzia, al riparo delle loro mascherine anti-gas. Gli uomini della ditta di pulizia, a scanso di equivoci, osservano la scena a braccia conserte. Come a dire, non pensiate che tocchi a noi, è un’emergenza non disciplinata dal nostro contratto. Qualcuno ha un’idea geniale. Arrivano i vigili del fuoco. Eroici durante i terremoti, sprezzanti del pericolo durante gli incendi, ma sulla merda non sembrano avere saperi strutturati. Nell’incertezza provvedono a “isolare la scena del crimine”. Un lungo nastro, a strisce rosse e bianche, delimita gli ingressi dell’edificio. E per sicurezza anche l’ingresso della salumeria di fronte agli uffici. Siccome però lo spazio da delimitare è ampio e interessa un passaggio pedonale, l’isolamento dura ben poco, la gente continua a passare, appena infastidita dal nastro isolante.
Lo sconforto sembra prendere il sopravvento. Sono trascorse due ore e le zaffate che il vento porta con sé sono sempre più intense. Più passa il tempo più quella roba puzza. Di che roba si tratti nessuno lo sa ancora con certezza. Se lo chiede anche il responsabile della forestale, giunto sul posto a dare man forte ai colleghi (la forestale dipende dalla Regione). Posso anche spruzzare l’acqua, argomenta, ma chi mi assicura che non ci sia una sostanza chimica reagente? Chi si assume la responsabilità? Tutti si girano verso il responsabile dell’ufficio “datore di lavoro”. Lui ha il suo bel da fare per decidere cosa fare di quella mandria di impiegati che attende lì fuori. Non è possibile mandarli nell’edificio, questo è certo. Ma non è possibile nemmeno dire “rompete le righe”. E se poi la situazione si bonifica? Il giro di telefonate si fa più intenso. Corre voce che arriverà una circolare. Come circolerà se gli uffici sono deserti è un mistero.
Nel frattempo, un vigile del fuoco, tuta bianca, guanti e mascherina, si è avvicinato con fare circospetto all’ingresso laterale, quello che sembra peggio conciato. Da una bottiglia bianca, priva di etichette, tira fuori un liquido blu con il quale, a mo’ di benedizione, bagna le porte dell’ingresso. Quali che siano i risultati attesi, non se ne vedono gli effetti. La puzza permane, così come lo sporco. Mesti, i vigili arretrano. Su una porta laterale viene affissa la magica circolare. Comunica che, causa grave danneggiamento, gli impiegati sono autorizzati a evacuare gli uffici. Devono attendere fino alle 13,30 nuove istruzioni. Si viene a sapere che anche la sede del consiglio regionale, isola F13, è stata vittima di un analogo “attentato”. Ma lì si è trattato di secchi di urina, è bastato gettare un po’ d’acqua.
Il sole intanto comincia a riscaldare l’aria, sembrava dovesse fare freddo e invece. Ma il sole scalda anche la merda, o quello che è, e l’odore che porta il vento costringe tutti a indietreggiare. Anche chi si è seduto di lato, a godersi il sole, è costretto a spostarsi. È chiaro a tutti, oggi non si rientra. È come a scuola, le fasi di schermaglia prima di un filone collettivo. Domani chi sa, magari i sindacati chiederanno una disinfestazione. Che si rientri o no, nessuno passerà da quelle porte. Si troveranno nuovi varchi.
Intanto, giungono notizie degli scontri di Terzigno, delle cariche di polizia contro la gente che protesta contro l’apertura della nuova discarica e l’ampliamento della vecchia. Che per quante secchiate di merda verranno tirate sulle porte di questo edificio, non sarà mai paragonabile all’odore di una discarica di rifiuti indifferenziati. Bilancio di feriti, arresti, mamme che piangono e scuole che scioperano; di camion dei rifiuti che, a forza di blindati e manganelli, si fanno largo tra la gente. Davvero il bilancio di una giornata di merda. (dario stefano dell’aquila)